Nel 1966, i Beatles sono arrivati a una svolta. Non intendono più suonare dal vivo. Troppo caos e poca soddisfazione, il suono sommerso dal boato degli stadi, i problemi di ordine pubblico, una vita da reclusi negli alberghi. Subito dopo, scartano l'idea di un nuovo film, nonostante il contratto già firmato, e rifiutano di apparire in un Beatles Christmas Show. I Beatles vogliono il controllo totale della loro musica.
A questo punto, il quartetto è diventato un gruppo da studio di registrazione, quello mitico di Abbey Road, a Londra, ed è costretto a farsi un'idea di cosa comporti questo cambiamento. I Beatles si scoprono più liberi di esplorare a piacimento, forzando non solo i propri limiti ma anche quelli di un nuovo strumento musicale: lo studio stesso. Il primo frutto è il disco Revolver, un classico, ora pubblicato in cofanetto con versione stereo e mono più tutte le sedute d'incisione e i brani che non hanno trovato spazio. Questi ultimi sono Paperback Writer e Rain. Il primo è uno dei miglior riff di chitarra heavy mai suonati e fu scritto da Paul McCartney quando il metal neppure esisteva. Il secondo è pura psichedelia con un giro di basso (ancora Paul) rallentato e manipolato in studio fino a farlo diventare un raga indiano. Ecco, questi sono gli «scarti», viene da ridere a scriverlo, chiunque ci avrebbe costruito una carriera attorno. Ma non i Beatles. Spiega Paul McCartney, presentando la nuova edizione: «Non abbiamo mai voluto trovare una formula e ripeterla all'infinito, come hanno fatto altre band. Se avessimo trovato una formula, l'avremmo gettata subito nella spazzatura per non cadere in tentazione».
Tutti conoscono i brani di Revolver, anche se magari non sanno che appartengono a questo capolavoro, ma vale la pena di fare un minuscolo ripasso. Taxman è la prima, grande prova di George Harrison come autore (anche se l'assolo di chitarra pare sia farina del sacco di Paul). Taxman non perde mai d'attualità, è un inno contro le tasse. Paul: «Ci eravamo accorti che i nostri guadagni erano letteralmente divorati dal fisco». I laburisti avevano introdotto una imposta che colpiva proprio i musicisti, all'epoca una parte importante dell'export britannico. Ecco il testo di Taxman: «Lasciati dire come andrà/ Uno per te, diciannove per me/ Perché sono l'uomo delle tasse/ Sì, sono l'esattore (...)/ Se guidi un'auto, tasserò la strada/ Se provi a sederti, tasserò la sedia/ Se hai troppo freddo, tasserò il riscaldamento/ Se fai una passeggiata, tasserò i tuoi piedi». Nel reparto «brani impossibili da eseguire dal vivo» si collocano altre due vette del disco: I'm Only Sleeping, malinconico tributo di John Lennon alla depressione, e la epocale Tomorrow Never Knows, figlia dei trip di LSD, dove Lennon e il produttore George Martin mettono a dura prova la tecnologia rudimentale dell'epoca, tra campionamenti, nastri suonati al contrario, registrazioni all'aperto. Il mondo scoprì effetti inediti come quello che riproduce il grido dei gabbiani. Il testo proviene in gran parte dal Libro tibetano dei morti riletto da Timothy Leary: quando sei in crisi, rilassati e lasciati andare al flusso dei pensieri. Il titolo è una frase-lapsus di Ringo Starr, pronunciata durante un'intervista, Ringo intendeva «tomorrow never comes» (domani non arriva mai). La canzone chiude l'album ma fu la prima a essere incisa, non c'è male come dichiarazione d'intenti. Paul: «Doveva essere chiaro a tutti che stare in studio non sarebbe stato noioso, era una nuova sfida». L'influenza di Tomorrow Never Knows è incalcolabile, molti gruppi dance di oggi come i Chemical Brothers hanno cercato di rifare questa canzone per tutta la carriera, probabilmente senza riuscirci.
Significativo e divertente l'elenco degli strumenti (alcuni non proprio tali) che appaiono nel disco, a parte quelli scontati: clavicordo, sitar, corno francese, tablas, scatole di latta, fischietti, clacson, catene. Paul aveva voglia di sperimentare con gli archi: voilà, ecco Eleanor Rigby. Su questa canzone c'è una storia da raccontare. John e Paul andavano a prendere il sole al cimitero di Woolton (gli inglesi sanno essere molto bizzarri) dove c'è una lapide di Eleanor Rigby e un'altra di un certo McKenzie... A George piaceva la musica indiana: voilà, ecco Love You To. Paul e John volevano far qualcosa di simile ai grandi gruppi soul americani: voilà ecco Got To Get You Into My Life, e nel cofanetto trovate versioni alternative, senza i fiati, e con le chitarre in primo piano, al livello di quella finita nell'album. Una storia del tutto particolare è quella di Yellow Submarine, il brano simbolo di Ringo Starr, qui alla voce. All'inizio era una canzone di John ed era tutt'altro che allegra: «In the town where I was born/ No one cares, no one cares». Si può tradurre così: «Nella città dove sono nato nessuno si prende cura di me». Chiara l'allusione alla solitudine del piccolo John, cresciuto da una zia.
Nel 1965, il precedente album dei Beatles, Rubber Soul, aveva colpito, dall'altra parte dell'Oceano Atlantico, negli Stati Uniti, Brian Wilson, mente musicale dei Beach Boys. Wilson si mette al lavoro e sforna, nel 1966, poco prima di Revolver, il capolavoro Pet Sounds, che include Wouldn't it Be Nice, God Only Knows e altri brani passati alla storia. Paul McCartney ascolta Pet Sounds e rimane di ghiaccio. Pensava che Rubber Soul e Revolver avessero superato ogni barriera, ma questo Brian Wilson aveva qualcosa di irripetibile, un gusto eccezionale per la melodia e l'armonia, una bravura assoluta nell'orchestrare e arrangiare. Paul decide che i Beatles devono replicare con qualcosa di unico e irripetibile.
Nasce così Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band che si spinge anche oltre Revolver (anche se non tutti lo preferiscono a Revolver). Tra Rubber Soul, dicembre 1965, e Sgt Pepper's, giugno 1967, passano circa diciannove mesi. Sono i diciannove mesi che hanno cambiato il volto della musica pop. Per sempre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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