É già successo al tempo delle date di coppa Italia. Beretta, il presidente della Lega, un manager preso in prestito dalla Confindustria, collaboratore di Montezemolo prima dell'avvento della Marcegaglia, ha deciso da solo il cambio di date, su richiesta del Milan, senza avvisare nessuno, pensando che rientrasse nella normalità dei comportamenti. Adesso la storia si è ripetuta anche a proposito degli arbitri. É successo questo: lui ha ricevuto un cronista negli uffici di via Rosellini il giorno prima della riunione del consiglio federale a Roma, lo ha messo al corrente delle richieste di alcuni presidenti in rotta di collisione con Collina e insoddisfatti del rendimento degli arbitri, e di fatto ha finito col patrocinare un paio di riforme che sono state bocciate al volo e in modo clamoroso. Beretta ha chiesto, per sintetizzare, lo spostamento dell'Aia da Roma, orbita federale, a Milano, orbita Lega, e il passaggio dalla designazioni classiche al sistema per sorteggio totale, via computer.
A Roma, appena Abete e Nicchi, hanno letto del proposito hanno strabuzzato gli occhi. Primo ha bocciato severamente il proposito politico: «Non se ne parla nemmeno». Il secondo ha dato all'iniziativa un valore minuscolo: «Solo chiacchiere».
Solo il povero Beretta, che è un debuttante spedito allo sbaraglio, ha commesso l'errore di insistere sull'argomento. «Se ne può parlare» ha aggiunto prima di ricevere i fulmini e le saette del presidente federale e del capo gli arbitri. Quest'oggi, sull'argomento è intervenuto Maurizio Zamparini che è uno dei rivoluzionari. Immagina che trascinando gli arbitri da Roma a Milano, il suo Palermo possa trarre beneficio. Come? Non si sa. O meglio adesso sappiamo di più. Perchè intervenendo a radio radio, circuito radiofonico romano di prestigio giornalistico, ha precisato i punti della riforma suggerita Beretta e già bocciata in sede federale. «A decidere la carriere degli arbitri non deve essere la federazione o il settore arbitrale, deve essere la Lega con giudizi da quattro a sette. I voti dovrà deciderli la maggioranza della Lega (dei presidenti, cioè, ndr), non quattro-cinque società potenti. E chi prende quattro non arbitra più in serie A». Basterebbe da sola questa "spiega" per cestinare il suggerimento. Chissà se Beretta avrà capito la lezione.
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