Gian Marco Chiocci - Simone Di Meo
Ecco la verità di Marco Milanese. Ed ecco la sorpresa: Giulio Tremonti sborsava, in contanti, mille euro a settimana per pagare la casa romana che a detta dei pubblici ministeri invece pagava per intero (8.500 euro al mese) l’ex braccio destro del ministro dell’Economia. Che in una memoria difensiva di 85 pagine, depositata ieri davantialla Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, riscrive la storia dell’appartamento dei misteri al centro delle inchieste napoletane e romane. Il parlamentare del Pdl su cui pende una richiesta d’arresto, per smontare le accuse della Procura di Napoli che lo vorrebbe in galera per corruzione, rivelazione di segreto e associazione per delinquere ( oggi, con tutta probabilità, l’organismo parlamentare deciderà di non decidere sulla richiesta di arresto, rimandando tutto a settembre), ha deciso di passare al contrattacco, anche mediatico. Marco Milanese parte proprio dai suoi rapporti col ministro Tremonti, ex inquilino di un appartamento di 200 metri quadrati, nel cuore di Roma, affittato da Milanese dal Pio Sodalizio dei Piceni.
Inquilino pagante e non a titolo gratuito, chiarisce il deputato. «Il ministro ha corrisposto, quale partecipazione all’affitto dell’immobile, a partire dalla seconda metà del 2008, la somma mensile di circa 4mila euro, corrispostami settimanalmente », scrive Milanese. Concetto ribadito anche da ambienti vicini al ministro Tremonti: solo un contributo sulle spese, ben lungi dall’essere un’evasione fiscale. E, a proposito dei lavori di ristrutturazione nell’appartamento, dice: «Quando si è stigmatizzato che per l’immobile avuto in locazione dal Pio Sodalizio dei Piceni, abitato dal ministro, erano stati effettuati lavori di ristrutturazione per 200mila euro senza che pagassi i lavori all’impresa del Proietti ( Angelo Proietti, titolare della società Edil Ars, indagato dalla Procura di Roma insieme allo stesso Milanese e all’ex presidente della Sogei, Sandro Trevisanato, ndr ), aggiungendo che Proietti, per tale prestazione, avesse potuto avere in cambio appalti dalla Sogei e l’assunzione della figlia in questa società. Tacendo invece che quella di Proietti è l’impresa di fiducia, da sempre, del Pio Sodalizio dei Piceni e che i rapporti dello stesso con la Sogei risalgono addirittura al 2001, nonché il fatto che i lavori effettuati su un importo di 200mila euro, allo stato sono disoli 50mila euro».
C’è poi una clausola del contratto di locazione, su cui Milanese insiste: «L’affitto da corrispondere avrebbe dovuto essere scalato dall’ammontare delle spese per il restauro, peraltro effettuato solo in minima parte» e che «detratta la somma versata dal ministro, a mia volta ho corrisposto circa 30.000 euro con regolari bonifici bancari». La conclusione è lapalissiana: «Per quanto riguarda l’esecutore dei lavori ribadisco che Proietti è impresa di fiducia dell’Amministrazione del Vaticano e degli enti ecclesiastici ed escludo nella maniera più assoluta di aver favorito lui o imprese a lui collegate nella acquisizione di pubblici appalti ». Il resto della memoria è dedicata alle controdeduzioni e alle contestazioni (mazzette per nomine nelle società partecipate del Tesoro, viaggi, auto e barche di lusso e orologi in regalo da imprenditori) del pm Piscitelli. Contestazioni che, per il deputato, assumono «la veste della persecuzione», poiché «diseguale è il trattamento riservatomi rispetto alla generalità dei casi». Sottolineando addirittura che «nei confronti di un parlamentare, si mostra maggior acredine, rispetto alla norma, nella valutazione unilaterale sia dei fatti oggetto di accertamento sia ritenendo sussistenti le esigenze cautelari attraverso una forzatura interpretativa dei fatti e della concretezza del pericolo che la legge non consente e che, se non si fosse trattato di un appartenente alla Camera, certamente non ci sarebbe stato ».
Per Milanese si tratta dunque «di un trattamento lungi dall’essere uguale a quello serbato a tutti gli altri cittadini» e questo «sembra esclusivamente dovuto agli indagati appartenenti alla cosiddetta “casta” politica». Milanese, che quest’oggi doveva difendersi davanti ai colleghi della giunta è stato convocato anche dal pm Woodcock da cui andrà, come testimone, nel pomeriggio.
Nel frattempo è trapelato che Milanese, sentito a verbale il 17 maggio 2011, ha parlato di un «progetto di digitalizzazione degli archivi pubblici » per un risparmio di due miliardi di euro a cui avrebbe opposto il veto il solo «capo di Gabinetto del ministero dell’Economia ( Vincenzo Fortunato, ndr ) e ciò dal momento che attualmente i capannoni dove risultano custoditi i documenti cartacei sono di proprietà di una società facente capo a tale Bronzetti che a quanto ho sentito dire è molto vicino al suddetto Fortunato...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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