RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:
In relazione ai fatti narrati nell'articolo si precisa che il Dottor Riccardo Ruggiero non è mai stato indagato.
Roma - Un fiume di denaro sporco, per un ammontare complessivo di circa due miliardi di euro, è stato scoperto dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di finanza: 56 le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Roma, su richiesta della procura distrettuale antimafia. L'accusa è quella di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di ingentissimi capitali illecitamente acquisiti attraverso un articolato sistema di frodi fiscali. Nella rete Fastweb e Telecom Italia Sparkle che, secondo il sistema ricostruito dai magistrati, gonfiavano la fatturazione con servizi inesistenti per accumulare denaro su conti esteri. La procura di Roma ha fatto richiesta formale di commissariamento delle due società. La richiesta di commissariamento è motivata dalla "mancata vigilanza" ed è stata fatta sulla base della legge 231 del 2001 che prevede sanzioni per quelle società che non predispongono misure idonee a evitare danni all’intero assetto societario.
"Una delle frodi più colossali d'Italia" "Una delle più colossali frodi poste in essere nella storia nazionale": così il gip considera la vicenda emersa con l’inchiesta Broker. Nell’ordinanza il magistrato arriva a questa conclusione valutando "l’eccezionale entità del danno arrecato allo Stato, la sistematicità delle condotte la loro protrazione negli anni e la qualità di primari operatori di borsa e mercato di Fastweb e Telecom Italia Sparkle. La realizzazione di ingenti crediti fiscali - si legge nel provvedimento - era solo una delle condotte delittuose ideate dagli amministratori e forse il lato meno significativo dell’ intera operazione delittuosa". L'obiettivo principale era creare "ingenti poste passive di bilancio dovute alle apparenti uscite di centinaia di milioni di euro in favore delle società cartiere. Le ingenti somme di denaro apparentemente spese per pagare l’ Iva in favore delle cartiere consentivano di realizzare fondi neri per enormi valori". In sostanza, le somme sembravano spese per attività commerciali legittime e venivano riportate nelle uscite registrate nei bilanci societari ma questo movimento "serviva solo a utilizzare liberamente il denaro incassato attraverso il pagamento dell’Iva versata dai clienti che non era mai stato versato all’erario".
Mandato d'arresto per Di Girolamo La magistratura di Roma ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del senatore Nicola Di Girolamo (Pdl) per violazione della legge elettorale "con l’aggravante mafiosa". Lo ha reso noto il procuratore della dda di Roma Giancarlo Capaldo nel corso di una conferenza stampa a piazzale Clodio, tenuta insieme al procuratore nazionale antimafia Piero Grasso per illustrare l’operazione Broker contro il riciclaggio. Il gip Aldo Morgigni chiederà l’autorizzazione a procedere. Per la sua elezione nella circoscrizione Estero-Europa, la dda di Roma ha accertato che Di Girolamo era supportato da esponenti della ’ndrangheta calabrese che si era attivata per la raccolta di voti tra gli emigrati calabresi in Germania.
Già chiesti i domiciliari Nel giugno 2008 il gip di Roma aveva chiesto gli arresti domiciliari per Di Girolamo, chiedendo l’autorizzazione all’arresto alla giunta delle Immunità parlamentari del Senato. Ma il 24 settembre 2008 il Senato ha negato l’autorizzazione e la giunta per le Elezioni ha avviato una verifica del possesso dei requisiti per l’eleggibilità. Al termine della verifica la giunta ha richiesto al Senato l’annullamento della sua elezione. Il 29 gennaio 2009 il Senato ha deciso di rinviare gli atti alla giunta delle Elezioni "affinchè la prosecuzione dell’attività di verifica fosse subordinata all’esito processuale passato in giudicato". In base alle accuse l’elezione di Di Girolamo doveva servire all’organizzazione criminale per spostarsi, senza problemi nell’ambito delle attività transnazionali di riciclaggio.
Di Girolamo: "Fantascienza" "Stanno cercando di mettermi sulla croce. È roba da fantascienza. Mi sento paracadutato in territorio di guerra. Mi sento nel frullatore". Questo il commento del senatore Di Girolamo appena rientrato in Italia. "Domattina terrò una conferenza, probabilmente in Senato. Sono trasecolato". Di Girolamo replica alle accuse di contatti con la ’ndrangheta. "Sono stato in Calabria, durante la campagna elettorale, a Pasqua, una sola volta, invitato dall’avvocato Colosimo per un incontro elettorale. Se si vanno a consultare gli elenchi dei voti da me raccolti stilati dal ministero dell’Interno ci si accorgerebbe che io a Stoccarda, ho preso gli stessi voti che sono stati da me raccolti in altre città europee. Mi accusano anche di contatti con una realtà che ignoro completamente come quella della telefonia. Io, sì e no, so accendere il cellulare. Nulla di più. Mi sembra una situazione assurda, incredibile, al limite della realtà. Domattina risponderò punto per punto".
Elezione sospetta "L’elezione del senatore Di Girolamo è stata fatta anche attraverso il contributo determinante di una famiglia della 'ndrangheta, gli Arena di Isola di Capo Rizzuto". Così il procuratore Capaldo. "Uno dei principali datori di lavoro dell’avvocato-senatore - ha continuato Grasso - Gennaro Mokbel, legato in passato ad ambienti della destra eversiva, era uno dei catalizzatori dell’operazione di riciclaggio con le società di tlc. Nel corso delle passata campagna elettorale, le indagini hanno documentato che esponenti della 'ndrangheta si sono recati in Germania, nel collegio di Stoccarda, e hanno raccolto i certificati elettorali dei nostri immigrati. In questo modo hanno poi espresso i voti in favore di Di Girolamo. È uno dei profili più inquietanti che sono emersi da questa indagine".
Ricercato Scaglia, ex ad Fastweb Silvio Scaglia, ex amministratore delegato di Fastweb, è ricercato dal dda di Roma che ha emesso nei suoi confronti un mandato di arresto nell’ambito dell’inchiesta Broker. Nell’inchiesta altri provvedimenti restrittivi sono stati firmati dal gip nei confronti di alti funzionari e amministratori delle società Telecom Italia Sparkle e Fastweb, con riferimento a un arco temporale che va dal 2003 al 2006. Il riciclaggio veniva realizzato attraverso la falsa fatturazione di servizi telefonici e telematici inesistenti, venduti nell’ambito di due successive operazioni commerciali a Fastweb e a Telecom Italia Sparkle rispettivamente dalle compagini italiane Cmc e Web Wizzard srl nonché da I-Globe e Planetarium che evadevano il pagamento dell’Iva per un ammontare complessivo di circa 400 milioni di euro, trasferendoli poi fraudolentemente all’estero. Scaglia si trova al momento all’estero per lavoro. Ha dato mandato ai suoi difensori di concordare il suo interrogatorio nei tempi più brevi per chiarire tutti i profili della vicenda. L’imprenditore riafferma comunque la sua estraneità a qualunque reato.
Stato truffato Il riciclaggio ha provocato un danno allo Stato italiano di oltre 365 milioni di euro derivanti dal mancato versamento dell’Iva attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per più di un miliardo e 800 milioni di euro da parte di "primarie società di telecomunicazioni". Le operazioni commerciali fittizie hanno riguardato la commercializzazione di schede prepagate che, attraverso un codice, avrebbero dovuto consentire l’accesso a un sito internet di contenuti tutelati dal diritto di autore e in realtà inesistenti. La secondo operazione fittizia riguardava la commercializzazioni di servizi "per adulti" da realizzare con traffico telematico rivelatosi anche questa volta inesistente.
Indagate le società Telecom Italia Sparkle spa e Fastweb spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, sono indagate dalla procura di Roma per associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata nell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio. Il coinvolgimento delle due società è ai sensi del decreto legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivanti da fatto illecito altrui. Associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata e dichiarazione infedele mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti in concorso con altri: sono i reati per i quali è indagato a Roma, per fatti compiuti almeno fino al 2007, Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb a partire dal primo novembre 2004. Insieme a lui sono indagati Alberto Calcagno e Mario Rossi Alois, come direttori della divisione finanza e controllo, Mario Rossetti, membro del consiglio di amministrazione, e Giuseppe Crudele, dipendente della divisione residenziale e business funzione marketing, Bruno Zito, responsabile delle grandi aziende e Roberto Contin, direttore della large Account e membro del comitato direttivo. I provvedimenti restrittivi, emessi dal gip Morgigni, riguardano Scaglia, Crudele, Contin, Rossetti e Zito. Risulta inoltre indagato anche Emanuele Angelidis, ex di Fastweb.
Indagati Ruggiero e Mazzitelli Tra gli indagati vi sono anche Riccardo Ruggiero, Presidente del Consiglio di amministrazione di Telecom Italia Sparkle, e Stefano Mazzitelli, amministratore delegato della stessa società. Il primo è indagato in stato di libertà, il secondo con ordinanza di custodia cautelare. Nei loro riguardi è ipotizzato il reato di dichiarazione infedele mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti. In concorso con altre persone, nel giugno 2006 i due - secondo l’accusa - avrebbero procurato alla società un inesistente credito Iva superiore a 50 milioni di euro.
I vertici Telecom Le modalità operative di Telecom Italia Sparkle (Tis) "pongono con solare evidenza il problema delle responsabilità degli amministratori e dirigenti della società capogruppo alla quale appartiene Tis, ossia Telecom Italia". Nell’ordinanza il gip spiega che dal momento che Tis era la proprietaria dell’intera dorsale della rete di cui si avvale Telecom Italia ed è sostanzialmene la "cassa operativa" del gruppo "è evidente che o si è in presenza di una totale omissione di controlli all’interno del gruppo Telecomsulle gigantesche attività di frode e riciclaggio o vi è stata una piena consapevolezza delle stesse".
Il ruolo di Mokbel Al centro dell’inchiesta Gennaro Mokbel, imprenditore romano con un passato e amicizie nella destra eversiva e contatti anche con Antonio D’Inzillo, il killer della banda della Magliana (che ha fatto sparire le sue tracce in Africa) condannato all’ergastolo per l’omicidio di Renato De Pedis. Anche la moglie di Mokbel, Giorgia Ricci, avrebbe un ruolo di vertice nell’organizzazione di riciclaggio. Dalle indagine sarebbe emerso "il tentativo funzionale agli interessi del sodalizio, di inserirsi nella vita politica del Paese". Mokbel ci aveva provato dopo aver assunto l’incarico di segretario regionale del Lazio del movimento Alleanza Federalista. A seguito di contrasti con il resto del gruppo dirigente, Mokbel si faceva promotore di una nuova piattaforma politica chiamata Partito federalista, con sedi in diversi municipi del Comune di Roma. Nelle operazioni di riciclaggio, Mokbel si sarebbe servito di una esperta inglese, già coinvolta in indagini finanziarie nel suo Paese di origine, e di un consulente russo-americano, esponente di un istituto di credito centroasiatico.
La struttura dell'organizzazione L'organizzazione criminale transnazionale individuata dal Ros e dal nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf riciclava centinaia di milioni di euro tramite una rete di società appositamente costituite in Italia e all'estero. Enorme il giro d'affari complessivo, se si pensa che i capitali illeciti provenivano da una serie di operazioni commerciali fittizie di compravendita di servizi di interconnessione telefonica internazionale per un valore complessivo di oltre 2 miliardi di euro. Per realizzare la maxioperazione di riciclaggio gli arrestati si sono avvalsi di società di comodo di diritto italiano, inglese, panamense, finlandese, lussemburghese e off shore, tutte controllate dall'organizzazione stessa. Tanti i paesi "visitati" dall’inchiesta che, in Italia, ha toccato Lazio, Puglia, Umbria, Lombardia e Calabria. Ma l’organizzazione si muoveva negli Stati Uniti (Delaware), in Francia (con una villa ad Antibes dove si tenevano riunioni), Svizzera, Lussemburgo, Regno Unito, Romania, Emirati Arabi Uniti (Dubai), Singapore e Hong Kong. Questi i paesi toccati da sequestri di conti correnti bancari e cassette di sicurezza dove erano depositati i proventi del riciclaggio. Nove gli arresti che devono essere eseguiti all’estero: cinque nel Regno Unito, tre in Svizzera e uno negli Usa.
Sequestrati immobili, auto e società Ci sono 247 immobili, per un valore dichiarato di 48 milioni di euro, tra quanto è stato sequestrato nell’ambito dell’operazione su una vasta organizzazione dedita al riciclaggio, per cui è stato disposto l’arresto di Silvio Scaglia, il fondatore di Fastweb. Nel decreto eseguito dagli uomini del Ros e della Gdf, ci sono 133 autovetture, 5 imbarcazioni per un valore di 3milioni e 700mila euro; 743 rapporti finanziari; 58 quote societarie per un valore di un milione e 944mila euro. Ma anche "crediti nei confronti di Fastweb e Telecom Italia Sparkle, per complessivi 340 milioni di euro", 2 gioiellerie. Inoltre il valore dei beni localizzati all’estero ammonta a circa 15 milioni di euro.
Fastweb sapeva "La consapevolezza della dirigenza di Fastweb di far parte di un meccanismo fraudolento è emersa dalla copiosa documentazione sequestrata". Questo un passaggio sull’operazione Broker spiegata a Piazzale Clodio dal procuratore antimafia Piero Grasso, dal generale dei carabinieri Giampaolo Ganzer, dei colonnelli della guardia di finanza Leandro Cuzziocrea e Stefano De Braco. Ci sono le relazioni dell’audit interno di Fastweb dalle quali "si rileva come fosse nota all’interno della società la circolarità dei flussi finanziari, formalmente giustificata da contratti di finanziamento, e peraltro realizzata nella sostanza grazie anche a un anticipo concesso dalla stessa Fastweb alle società legate al sodalizio criminale e sue clienti". Ma la scoietà smentisce. "I fatti contestati nell’ambito dell’inchiesta per riciclaggio riguardano una presunta evasione dell’Iva derivante da attività truffaldine di terzi che si sono avvalsi della rete di Fastweb e di altri operatori di telecomunicazioni".
Lo dice una nota Fastweb, aggiungendo che l’inchiesta riguarda fatti accaduti anni fa nel periodo 2005-2006, "già oggetto di contestazione agli allora indagati e rispetto ai quali la società si ritiene estranea e parte lesa".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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