La buona notizia è che Jannik Sinner è tornato in campo, ed ha pure vinto. Il primo match dell'anno contro Popyrin era solo un charity event, ma aldilà della beneficenza c'era da rimettere in moto la macchina, e proprio nella Rod Laver Arena di Melbourne. Il numero uno del mondo l'ha fatto con un 6-4, 7-6 in cui ha provato alcune cose (per esempio le smorzate), così per vedere come presentarsi poi agli Australian Open in partenza domenica. Nel mezzo, ci sarà un'altra esibizione venerdì, contro Tsitsipas: «C'è sempre tensione all'inizio dell'anno - ha detto il fenomeno rosso -. Ma so il lavoro che ho fatto e sono fiducioso». L'unica preoccupazione insomma è stata solo per la fidanzata Anna Kalinskaya, che ha dovuto interrompere il suo match contro la Bencic per un malore: tanto caldo e pressione bassa. Si riprenderà.
Le notizie tennistiche finiscono per il momento qui, perché poi - purtroppo - tocca sempre tornare al caso Clostebol, che riempie le cronache quotidiane. Vedete insomma cosa può fare un miliardesimo di grammo di pomata presa, e su questo non ci sono dubbi, involontariamente. Eppure, il tribunale del popolo è sempre aperto e le parole di Karen Moorhouse, la Ceo dell'International Tennis Integrity Agency che ha già assolto Sinner per il fatto, cascano a fagiolo nel momento in cui ci sono colleghi pronti a seguire Kyrgios nelle sue sguaiate esternazioni. Anche uno come il kazako Bublik, tipo simpatico e tennisticamente un po' matto, se da una parte dice che «se si prendono tutte le parole di Nick, le si analizzano e si arriva alle conclusioni, si potrebbe diventare pazzi: probabilmente non sono d'accordo», dall'altra cita il grande Maestro di Kung Fu Panda (sic!): «Gli incidenti non sono incidenti». Per cui quando la Moorhouse dice che se la Wada dovesse vincere il ricorso, «la pena non potrebbe essere meno di un anno», c'è chi si frega le mani. Tipo Djokovic, che - ammiccando alle parole di Kyrgios - dice e non dice. Ma perché?
Qualche rumor nell'ambiente sussurra che il caso Sinner non sia solo una questione di doping, ma che abbia anche un dietro le quinte politico. Pensiamoci: il numero uno del ranking è italiano, il numero uno dell'Atp è italiano, le Atp Finals si terranno in Italia per altri 5 anni, e perfino le finali di Coppa Davis si giocheranno per tre anni nella nazione di chi l'ha vinta nelle ultime due edizioni. Insomma (qualcuno pensa): non è un po' troppo? Quindi si dice che una parte di chi tifa per la Wada non lo faccia solo per difendere l'integrità sportiva, ma pure gli interessi che ballano nel circuito.
Sospetti sia chiaro, e il tempo dirà. Nel frattempo Kyrgios però tornerà a rappresentare l'Australia dopo sei anni nel primo turno di Davis: sarebbe bello se poi a novembre ci si rivedesse tutti a Bologna. Sinner compreso.
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