Archeologia, nell'Appennino modenese ritrovata una comunità mummificata

Nella cripta della chiesa di San Paolo di Roccapelago cento cadaveri sepolti fra il XVI e XVIII secolo si sono perfettamente conservati grazie alle condizioni microclimatiche. I corpi, che hanno ancora la pelle e i capelli, vestono tuniche e calze e sono avvolti in sudari

Un centinaio di mummie con abiti e oggetti personali sono state ritrovate in una cripta dell'Appennino modenese. La scoperta archeologica è stata fatta a Roccapelago di Pievepelago, nella chiesa di San Paolo. Qui gli scavi hanno portato alla luce i resti del castello medievale di Obizzo da Montegarullo e sette tombe a sepoltura multipla.
Soprattutto, una cripta utilizzata come fossa comune tra il XVI e il XVIII secolo, dove le condizioni ambientali hanno consentito la conservazione di circa un terzo delle salme dell'intera comunità: su trecento cadaveri inumati circa cento sono mummificati. Si tratta di mummie naturali ancora con pelle e capelli, deposte una sull'altra. Con tuniche e calze, erano avvolte in sudari con crocifissi, medagliette votive e addirittura una lettera per attrarre la protezione divina.
I corpi sono stati trasferiti al Laboratorio di Antropologia di Ravenna dove archeologi, antropologi e studiosi di tessuti cercheranno di ricostruire la vita, le attività, le cause di morte e le peculiarità genetiche della comunità, e forse i volti stessi dei defunti.

Nella chiesa sorta sui resti del castello di Obizzo sono conservati dipinti seicenteschi di scuola bolognese e una croce processionale del Duecento.
Mercoledì in una conferenza stampa a Modena Sovrintendenza e Fondazione Cassa di Risparmio spiegheranno l'importanza del ritrovamento.

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