Il "raffaellesco" Omar Galliani disegna l'estasi della bellezza

Nei nuovi e versatili spazi per la ricerca ha proposto i suoi studi di Accademia, dove è stato studente e docente (e proprio alla Accademia di Urbino), "da e per Raffaello", la sfida più alta, e forse troppo ardita

Il "raffaellesco" Omar Galliani disegna l'estasi della bellezza
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Omar Galliani è un artista italiano virtuoso. Ha iniziato negli anni Settanta; e da allora lo conosco e lo seguo. Emoziona vederlo perfetto già alle sue origini, in tempi difficili. Nei nuovi e versatili spazi per la ricerca ha proposto i suoi studi di Accademia, dove è stato studente e docente (e proprio alla Accademia di Urbino), «da e per Raffaello», la sfida più alta, e forse troppo ardita, ma che ha il candore e l'ingenuità di una attitudine naturale: se si è bravi, si disegna come Raffaello; non è imitazione, è una condizione naturale, un istinto.

Galliani prende larghi fogli doppi, e comincia a disegnare. Non può fare altro. Ma non può uscire Giotto, non può uscire Botticelli; esce Raffaello, che è la compiutezza. E prima era uscito Leonardo. La perfezione inevitabile della mano di Galliani è, in questi disegni semplici, di una armonia senza discussione. Vengono anche da anni lontani; ma, sempre, quando Galliani incontra Raffaello, il Sanzio gli stimola ciò che ha dentro di sé, come un Ingres del nostro tempo. Non deve pensare, perché il disegno, da solo, pensa Raffaello. Senza sforzo, senza esercizio. È lui a dichiarare, come un vizio segreto: «Le opere che amo di più le ho disegnate la notte. A volte la luce è troppo forte e gli occhi non

vedono ciò che vuoi vedere». Raffaello è una conquista del buio: ed è luce chiara, geometria. Il pensiero del disegno è Raffaello. Non c'è ingenuità, in Galliani: è proprio così. Galliani disegna Raffaello per tutti. È una questione grammaticale: si fa così, non altrimenti. Galliani disegna un volto: ed è Raffaello. Il disegno non ha tempo. Con un dono naturale come il suo, Galliani intercetta Raffaello, non lo copia.

La Madonna della seggiola è dentro di lui: albeggia, balugina, tramonta. C'è dolcezza, complicità, spontaneità. Si fa pensosa, invece, la Dama con liocorno: Galliani sente le ombre dei suoi pensieri oltre la trasparenza dello sguardo. «Cosa porta in dono al mondo Raffaello con la felicità delle sue Madonne, dei suoi Santi, dei suoi manti azzurri o color porpora? Porta l'estasi della bellezza a rispecchiarsi su se stessa nel desiderio terreno di sconfiggere l'orrore, la ferita ancestrale tra Bene e Male di cui siamo vittime nel tempo. La scommessa della bellezza ha in lui inizio e epilogo. In quegli anni d'Accademia i miei disegni nel doppio contatto o nella lama dell'unicorno che ferisce un disegno cercavano una rivincita, un rilancio di quell'antica scommessa nel presente».

Deve essere triste, con tanta grazia, sottoporsi al giudizio di uomini e di critici infelici che umiliano la sua leggerezza sotto pensieri grevi, in un linguaggio morto e meccanico che è oscuro come il fango. Guardate questi disegni e leggete

queste parole ottuse: «Ed è proprio sulla pagina, e sull'onda di quella inquietante presenza, che l'ingresso trionfale della Modernità si materializza come una lama lucente di cristallo che, brandita come un pugnale da una mano esterna, minaccia di calare il fendente sul miracolo di quella luce simbolica». Parole in libertà. Cosa significano? Davanti a noi, con un nuovo sguardo Raffaello vive. Galliani disegna, il critico pugnala.

Che Raffaello sia primario Galliani lo ha capito subito. Con rammarico, Renoir scriveva: «Sono andato a vedere le opere di Raffaello a Roma: sono molto belle e avrei dovuto vederle tanto tempo prima. Sono piene di erudizione e di saggezza. Raffaello non cercava, come me, le cose impossibili, ma è bello». Diversamente Picasso ne intendeva la perfezione come un limite: «A dodici anni dipingevo come Raffaello, però ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino».

Galliani ci fa riflettere su una condizione diversa, né troppo tardi, né troppo presto. Raffaello è dentro di lui, come una dote naturale, e così la esprime, senza complessi e senza conflitti. Dobbiamo essergli grati per avercelo rivelato.

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