"Meloni ce l'ha con chi non scrive sotto dettatura". L'ultimo delirio di Saviano

Secondo lo scrittore Meloni non è contro tutti i giornalisti. Poi la sparata: l'Italia è "una democrazia illiberale sul modello dell'Ungheria di Orban"

"Meloni ce l'ha con chi non scrive sotto dettatura". L'ultimo delirio di Saviano
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Proseguono le "imperdibili" riflessioni estive sulle condizioni di salute della liberta è della democrazia in Italia da parte di Roberto Saviano, che tra l'altro è in rampa di lancio per ritornare in onda sulla televisione pubblica (e già questo dovrebbe fare ulteriormente pensare). L'occasione è un'intervista rilasciata al quotidiano "Domani" che punta molto a commentare i report diffusi rispettivamente dalla Commissione europea e dal consorzio Media Freedom Rapid Response, lo scrittore è stato chiamato in causa per commentare l'intera vicenda.

L'attacco al governo Meloni è totale e assoluto. Lo scrittore si dice convinto che l'esecutivo di centrodestra non voglia cancellare il giornalismo nella sua complessità, ma solo "quello che non scrive sotto dettatura". E dire che lui, sotto questo punto di vista, è un vero e proprio esperto, stante la sentenza della Corte di Cassazione che, nel 2021, aveva ufficialmente accertato in maniera definitiva la riproduzione illecita di parte di tre articoli di cronaca inseriti nel romanzo "Gomorra" e tratti dai quotidiani "Corriere di Caserta" e da "Cronache di Napoli" nel 2005. Quindi: o si era fatto dettare in quei casi alcuni passaggi da altri giornalisti oppure (più realisticamente) aveva solo copiato "bene".

Saviano tenta di smontare le critiche secondo le quali "chiunque scriva ciò che non rientra nei desiderata della premier viene accusato di farlo per interesse", aggiungendo che "Meloni e la sua parte politica vogliono rappresentare un mondo in cui chiunque non la pensi come lei/loro è prezzolato, compromesso, lo fa per interesse". Che, guarda caso, era la stessa identica accusa che storicamente veniva mossa quindici anni fa nei suoi confronti (non senza fondamenti) da intellettuali di aree culturali opposta alla sua, a proposito sempre della questione dei plagi.

Arrivano quindi i classici inviti alla "resistenza", per quanto il "prezzo da pagare è troppo alto". Per esempio il fatto che il suo sostegno ai migranti e a chi li trae in salvo abbia avuto come conseguenza di essere stato portato a processo da tre ministri. Peccato che, a trascinarlo in tribunale, non siano state tanto le sue legittime e intense critiche contro Lega e Fratelli d'Italia, ma quanto i suoi pesanti insulti contro Meloni e Salvini che - in primo grado - hanno comportato il pagamento di mille euro da versare alla presidente del Consiglio per diffamazione. E la sentenza non l'ha emessa un ministro, ma un giudice del tribunale di Roma (la sinistra non dovrebbe sostenere sempre il ruolo indipendente della magistratura?).

Si arriva al momento in cui lui denuncia una serie di minacce contro gli scrittori "non allineati", citando l'episodio di un politico italiano che, in passato, sollecitò un'università americana di interrompere ogni rapporto con lui perché "non bisognava dare spazio agli italiani che parlano male del proprio Paese". Certamente si tratta di un pessimo modus operandi – quello di bloccare la collaborazione a causa delle sue idee o appartenenze ideologiche dello stesso - che però purtroppo, negli anni, si è sviluppata come una consuetudine ben rafforzata soprattutto a sinistra.

Infine, la sparata insuperabile: l'Italia viene vista dagli stranieri come un "Paese dove esiste una compressione della libertà di stampa e di espressione" che si sta avviando a essere "una democrazia illiberale sul modello dell'Ungheria di Viktor Orban". Diventa tuttavia curioso e interessante capire - se veramente gli intellettuali non hanno diritto di parola - come mai allora lui sia ritornato in Rai con un programma d'inchiesta, Insider, che andrà in onda a partire da settembre.

Ma lui spiegava tutto così: "La Rai non l'avrebbe mai concesso, ma l'abbiamo costretta con questa pressione costante e ciò dimostra che da soli non si va da nessuna parte". Oppure, più semplicemente, dimostra che lui non è mai stato un intellettuale.

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