La storia del lupo e dell'agnello è più antica della Bibbia. Non ha ragioni e non ha morali. È predatore e preda. È sopravvivenza, dell'uno e della specie. La fine dell'equilibrio arriva con l'uomo, che ci mette la paura, la legge e i soldi. Il lupo è il nemico che non si è convertito. È il canide che ha rifiutato l'alleanza. È il branco che non si è arreso, quello che non è stato addomesticato. Il lupo è il buio dove trasferire la parte selvaggia. Non è mai stato per secoli un delitto ammazzarlo, salvo poi idealizzarlo, conservandone lo spirito divino, come una reminiscenza lontana nella quale riconoscersi. Ci sono stati anni dove il lupo non lasciava più tracce. Secoli e secoli di caccia alle porte dei borghi e delle città, senza un Francesco d'Assisi che trovasse le parole sante per farsi ascoltare. È così che tra il 1820 e il 1840 la mattanza non aveva più un senso pratico. Era conclusa. I lupi in Europa e in Italia erano sulla soglia dell'estinzione. Non c'era spazio per loro nella corsa verso la modernità.
Negli anni '70 sull'Appennino vagano in piccoli branchi un centinaio di lupi. Nessuna aveva più paura del lupo. È così che si è creato spazio per la pietà. Si può immaginare un mondo senza lupi? Ecco la legge che li tutela. L'Europa riconosce la protezione rigorosa e speciale con la convenzione di Berna. Nessuno si permetta di toccarlo. Il lupo adesso è salvo. Non rischia più l'estinzione. È diventato invece un problema economico per gli allevatori, perché non ha mai smesso di essere un predatore.
C'è chi lo ammazza senza dare peso alla legge. Il lupo diventa un caso burocratico. La sua sorte finisce nelle scartoffie dell'Europa. La protezione, ufficialmente da ieri, non è più speciale. È generica. Il lupo resta lupo, l'uomo insegue sempre le sue paure.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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