Il confessionale si associa immediatamente l'idea di qualcosa di male. In realtà è un incubatore di storie, uno scrigno di bello, di buono, di vero. Quando una persona apre il suo cuore, ci possono essere errori e mancanze, ma ci sono soprattutto e innanzitutto verità preziose e benedette da Dio. Tra queste, ho deciso oggi di condividere il mio incontro con una coppia.
Lui era nato nel 1921. A sedici anni è la più giovane maglia azzurra dell'atletica, dividendo il suo tempo tra studio e sport nella «Ginnastica Zara». L'anno dopo partecipa ai campionati europei. La sua carriera sportiva però viene interrotta dalla Seconda guerra mondiale. Nel 1941 partecipa alla battaglia di El Alamein e viene fatto prigioniero. Dopo aver passato quattro anni in un campo di prigionia in Egitto, scappa, torna a casa, ma quella casa non c'è più. Quando l'Italia lentamente prova a rialzarsi, nell'Istria controllata da Tito un'intera popolazione è costretta all'esodo per scampare dall'essere gettati vivi nelle foibe, come è successo a migliaia di persone. Mi raccontò: «Il nostro essere esuli ha una tragicità unica: quando uno deve lasciare la sua patria, gli resta la speranza, anche per tutta la vita, di poterci tornare. Per noi non è più possibile, perché la Dalmazia non c'è più». Siamo nel 1946, i genitori si sono rifugiati a Trieste e lui deve ricominciare tutto. A venticinque anni si reiscrive al Liceo e riparte nell'avventura sportiva fino a partecipare ai giochi olimpici di Londra nel 1948, classificandosi al sesto posto nei 400 metri a ostacoli. In quell'occasione conosce una bellissima atleta, giovanissima, che ha dieci anni in meno di lui. La nipote confida: «Mi sono sempre chiesta cosa avesse visto un 27enne di mondo in un quella studentessa 17enne. Non sono mai riuscita a chiederglielo, ma credo che la determinazione del suo sguardo ammaliante sia stata influente. Lei aveva una visione e questa le era così chiara che si trattava di come, non di se. Gli ostacoli andavano vissuti come opportunità per una nuova via, diversa da quelle già tracciate. Lei era audace. La ricerca del bello ha permeato la sua vita con la passione che le faceva brillare gli occhi». Diventerà sua moglie per sempre. Per l'atletica l'età comincia a essere matura e quindi non c'è più posto. I due guardano in faccia la fatica e un'altra volta si reinventano e ricominciano da zero: i genitori di lei hanno un piccolo negozio di sartoria e nasce l'idea di produrre tute sportive. Si comincia a tracciare una linea nuova della loro storia, sempre andata a zig-zag, ma sfidando il buio per disegnare arcobaleni, tanto che il loro tratto diventa riconoscibile in tutto il mondo: sono Ottavio e Rosita Missoni.
Ottavio è morto nel 2013. Un atleta che ha battuto le crisi per tagliare un traguardo dopo l'altro. Uno stilista che ha preso i disegni dei sogni per farne abiti. Un anziano che non ha mai smesso di immaginare come un bambino. Un uomo in ricerca che ha sfidato Dio nell'impastare i colori. La moda passa, ma lo stile resta. Loro sono stati una coppia di stile. La loro filosofia di vita, in sintonia, è stata «fare migliore chi ami».
Ho voluto scrivere questa storia perché nei giorni scorsi abbiamo salutato Rosita. Nell'omelia al suo funerale ho riletto il mio incontro come il dono di una rosa. Una rosa - e così Rosita - incanta per i suoi colori, colpisce con la delicatezza della sua essenza, riempie lo spazio con la sua eleganza mai sfacciata, consegna un messaggio d'amore, porta con dignità le sue spine, rende presente l'invisibile. Peccato ci sia solo il termine «galantuomo». Per lei servirebbe «galant-donna». E che bello poter dire anche «galant-coppia».
Un poeta, Marc Levy, ha scritto: «Le rughe formano le più belle righe della vita, quelle sulle quali si leggono i sogni». Le inconfondibili righe dello stile Missoni si intrecciano nel mio cuore con la bellezza delle rughe del viso di Rosita e di Ottavio. Su quelle righe/rughe hanno saputo dipingere sogni, passioni, valori.
Così come loro, sono e fanno tante persone che ci insegnano come dovremmo imparare a leggere di più i volti per scoprire la differenza tra chi illumina perché cura una densità di vita e chi invece solamente si accontenta di apparire luccicante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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