"Grazie a tutti voi". Le lacrime di Dan Peterson per l'omaggio dell'Olimpia

Emozioni da brividi al Forum di Milano per il ritiro della maglia numero 36: il coach americano di basket ringrazia i tifosi e la società

"Grazie a tutti voi". Le lacrime di Dan Peterson per l'omaggio dell'Olimpia

Grande serata di festa non solo (e non tanto) per l'Olimpia Milano, ma per tutta la storia della pallacanestro italiana. La sfida tra l'Armani e l'Umana Reyer Venezia, valida per la 24esima giornata di campionato e vinta 76-73 dalla formazione lagunare, passerà alla storia per il bellissimo omaggio che le Scarpette Rosse hanno voluto fare nei confronti dell'infinito Dan Peterson durante l'intervallo lungo della partita. L'atmosfera del Mediolanum Forum di Assago è da brividi: un clima che non si respira tutti i giorni in occasione di eventi sportivi, ma il ritiro ufficiale della maglia numero 36 da tutte le divise dell'Olimpia ha reso quei 15 minuti di attesa tra il secondo e il terzo quarto davvero speciali.

Già durante i time-out del match il maxi-schermo ha inondato il parquet di videomessaggi toccanti da parte di grandi campioni: come quelli di Mike D'Antoni, Dino Meneghin, Roberto Premier, Russ Schoene. Il coach americano (nato a Evanston, in Illinois, il 9 gennaio 1936) è ormai un italiano di adozione da 50 anni e non nasconde per niente la commozione in mezzo al campo, trascinato ed esaltato da tutti i tifosi di Milano presenti ad Assago. "Amici sportivi, buonasera", è l'esordio del suo discorso di ringraziamento che accende il Forum. Peterson ricorda con affetto tutti coloro con cui ha vinto e quelli che lo avevano chiamato sia 45 anni fa (nell'era della "Banda Bassotti"), sia nel 2011: in quest'ultimo caso, si tratta chiaramente di Giorgio Armani. Dopo l'abbraccio affettuoso con la moglie Laura, al suo fianco durante tutta la celebrazione dell'intervallo lungo, arriva unfine, un "grazie a tutti voi tifosi, che avete contribuito a costruire la grande storia dell'Olimpia".

Il numero che unisce Dan Peterson e l'Olimpia Milano

Quel "36" non è una cifra casuale: è infatti l'anno di nascita sia di Peterson sia della stessa Olimpia Milano. Quasi come se il destino avesse già deciso aprioristicamente di legare i due protagonisti del basket. Del resto Daniel Lowell Peterson ha firmato un'epoca d'oro del club in quasi un decennio di avventura. Dal 1978 al 1987 l'Olimpia inserirà nella propria bacheca quattro Scudetti (1982, 1985, 1986 e 1987), due Coppe Italia (1986 e 1987), una Coppa Korac (1985) e soprattutto la Coppa dei Campioni del 1987: esattamente (guarda caso) 36 anni fa.

Dopo questo sensazionale 'triplete', raggiunto nell'ultimo anno, Peterson si ritirerà, lasciando il comando della corazzata meneghina al suo vice, Franco Casalini. Tuttavia l'Olimpia gli resterà sempre nel cuore. E trascorreranno ben 24 anni prima di accettare di tornare su quella affascinante (ma allo stesso tempo incandescente) panchina, per guidare la difficilissima transizione della stagione 2010-2011, subentrando all'esonerato Piero Bucchi. Il nome di Dan Peterson è più che sufficiente per placare gli animi e completare l'annata e dove ebbe anche il tempo di lanciare Nicolò Melli.

Gli impareggiabili tormentoni del coach americano

Come descrivere in poche parole un personaggio come Dan Peterson? Probabilmente ne basterebbe una sola: "Fe-no-me-na-le". Uno dei suoi 'tormentoni' più popolari che lo ha caratterizzato durante le sue indimenticabili telecronache grazie anche a quell’inflessione della lingua italiana che nei decenni passati nel nostro Paese non è cambiata di una virgola. Il tutto unito ad altri marchi di fabbrica quali "Amici sportivi, e non sportivi…" (il classico benvenuto ai telespettatori) e "Mamma, butta la pasta!" (a indicare come il match fosse ormai giunto alla fine anche per via del divario del punteggio tra le due squadre).

Non solo. Da lui abbiamo anche imparato che non bisogna "mai sanguinare davanti agli squali" e che "non fare una cosa stupida è come fare una cosa intelligente". Sempre grazie a Peterson siamo stati a conoscenza del fatto che Kareem Abdul-Jabbar soffrisse spesso di "micraina".

Per non parlare della geografia degli Stati Uniti: per esempio Illinois si pronuncia "Ilinoi", Chicago si dice "Scicago" e Denver è soprannominata "Mile High City". O meglio, come traduce Dan, "la città un miglio alta". Ma, forse quello che rimane il più "alto" di tutti quanti, nell'Olimpo della pallacanestro, è proprio lui: il "numero 1" per eccellenza.

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