Un rapporto curato da Censis e Confcooperative disegna un quadro nel quale i tassi di interesse e l’inflazione bruciano 693 miliardi di euro, con impatti notevoli anche sul potere di acquisto degli italiani. Il fatto che una famiglia su cinque è in ritardo col mutuo è solo una parte del problema.
Incrociando i dati con un altro report, questa volta redatto da dalla Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) emerge che c’è disparità tra i rincari registrati al Sud e quelli al Nord del Paese.
Parlando di tassi di interesse il pensiero va automaticamente anche al piccolo credito, ossia lo strumento con cui soprattutto le famiglie finanziano le necessità più impellenti e, anche su questo fronte, gli aumenti sono stati considerevoli.
Le famiglie in arretrato con il mutuo
Il report Censis-Confcooperative ha censito, partendo dai dati del 2021, che 18,2 milioni di famiglie sono proprietarie dell’abitazione in cui vivono (il 70,8% dei 25,6 milioni di famiglie totali).
A oggi sono 3,3 milioni le famiglie che stanno pagando un mutuo e, di queste, circa 700mila hanno saltato al meno una rata mensile. Gli aumenti dei tassi decisi dalla Banca centrale europea, l’inflazione e l’erosione del potere di acquisto sono i motivi che riconducono a queste difficoltà che oramai riguardano – seppure in modo diverso – il 20% di chi sta estinguendo un mutuo.
Il quadro attuale è stato riassunto dal presidente di Confcooperative Maurizio Gardini: “La Bce sta provando a contrastare l’inflazione e a difendere l’euro dalla svalutazione rispetto al dollaro attraverso l’aumento dei tassi di interesse. Questa politica monetaria, però, rappresenta una tassa per famiglie e imprese. L’impennata dei tassi di interesse e l’inflazione hanno bruciato 693 miliardi di ricchezza finanziaria delle famiglie. E lo scorso anno il potere d’acquisto delle famiglie si è ridotto di 100 miliardi di euro, almeno 3.800 euro a famiglia su base annua”.
La questione territoriale
La media nazionale dei tassi sui mutui si assesta al 4,1%. I mutui con i tassi medi più cari sono applicati alle famiglie che vivono in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia (4,18%) e, a seguire, a quelle che vivono in Sardegna e Sicilia (4,23%).
La situazione inversa si registra invece al Nord del Paese, considerando che al Nord Ovest la media è del 4,09 e al Nord Est è del 3,99%.
Questo, spiega Fabi, è dovuto ai fattori di rischio che sono più alti in alcune aree del Paese ma, conclude la nota, le difficoltà nell’onorare il mutuo riguardano tutta Italia.
Come tutelarsi
Chi è in ritardo con il pagamento del mutuo può muoversi per tutelare la propria famiglia e il proprio investimento.
Il primo è la surroga, ossia il trasferimento del mutuo da una banca all’altra ma non sempre è una soluzione conveniente. Può però valere la pena consultare le offerte di altri istituti di credito e riflettere sulle condizioni formulate.
Un altro strumento è la rinegoziazione del mutuo con la propria banca, pratica che quest’ultima può rifiutare ma, in un momento di difficoltà generale, la via del dialogo e dell’elasticità viene percorsa con maggiore convinzione anche dagli istituti di credito normalmente più restii.
C’è anche il Fondo per la sospensione del mutuo che riceve un numero crescente di richieste. Rivolgersi al Fondo permette di interrompere il pagamento delle rate fino a 18 mesi a patto di rientrare nei parametri necessari, tra i quali figura la perdita del lavoro o una corposa riduzione del fatturato.
Il piccolo credito
I comparti dei prestiti personali e di quelli al consumo non danno indicazioni migliori, anche perché sono settori nei quali il rischio è più alto e, temendo i mancati rimborsi, i tassi sono più pesanti.
Il report Fabi ha preso in esame il tasso di interesse medio dell’8,1% censito a fine 2021 e lo ha comparato al 13,65% medio che si ipotizza essere quello applicato dopo il rialzo dei tassi direttori deciso dalla Bce il 27 luglio scorso.
Con
queste cifre, un’automobile da 25mila euro acquistata a rate con un finanziamento di 10 anni viene a costare 47.272 euro rispetto ai 37.426 della fine del 2021. L’aumento è del 26,3% in meno di due anni.
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