Da Milano a Roma, da Parigi a Londra e Vienna, «Pinocchio» non fu concepito da Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini (1826 - 1890), nella sua Firenze, anche se ve ne scrisse una buona parte. Lo sostiene Daniela Marcheschi, presidente dell'Edizione nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini e consigliere della Fondazione nazionale Collodi, autrice del nuovo libro «I luoghi del Collodi - I luoghi del Pinocchio. Storia e geografia reali e immaginarie di un capolavoro» (Edizioni Ets). Il volume segue lo scrittore fiorentino attraverso le città da lui abitate o visitate in 40 anni: Collodi viaggiò spesso, da quando partecipò alla Prima guerra di indipendenza sui campi di Lombardia, nel 1848, sino alla fine della vita e nel 1890 progettava addirittura di tornare a Parigi per vedere i quadri dell'amico pittore Giovanni Boldini. La lunga lista di tali città smentisce l'idea, ancora predominante tra molti commentatori e studiosi che Collodi fosse restio a viaggiare e abbarbicato nella sua Firenze», ha spiegato Marcheschi all'Adnkronos. Tutt'altro: lo scrittore e giornalista è stato «un acuto osservatore del suo tempo anche e soprattutto grazie ai viaggi che ha compiuto e in virtù dei quali ha potuto vedere con i propri occhi gli sviluppi della Modernità a Parigi e a Londra che Collodi ha visitato più volte e le condizioni sociali, politiche e culturali, spesso problematiche, dell'Italia pre- e post-unitaria». Proprio dai tanti viaggi in Italia e in Europa e dalle numerose letture fatte in lingua originale Collodi avrebbe tratto ispirazione per molti passaggi del suo capolavoro, «Le avventure di Pinocchio.
Storia di un burattino» (1881), ideato se non iniziato nel paese pesciatino di Collodi dove lo zio Pietro Orzali, possidente, era morto il 25 ottobre 1880: le questioni ereditarie riguardavano l'anziana madre Angiolina e Carlo che la rappresentava, in prima persona. Il luogo dell'infanzia avrebbe dunque ispirato la creazione del burattino-ciuchino-bambino Pinocchio.
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