No e no. Dopo un giorno di attesa e lo slittamento del verdetto, alla fine la Corte Costituzionale si è pronunciata e ha bocciato i due quesiti presentati dal comitato promotore del referendum sulla legge elettorale.
Inammissibile, dunque, sia il quesito che chiedeva l’abrogazione totale della legge Calderoli sia quello che ne chiedeva l’abrogazione per parti. Dopo un giorno e mezzo di camera di consiglio, la Consulta ha emesso la sua sentenza.
I quindici giudici della Corte Costituzionale si erano presi un’altra giornata di tempo: la sentenza, che veniva data per certa per ieri sera, è slittata ad oggi. Lo slittamento aveva fatto riaccendere le speranze dei referendari. Ma alla fine le speranze sono svanite presto. I giudici costituzionali sono rimasti chiusi in camera di consiglio per oltre nove ore.
"L’Italia si sta avviando lentamente verso una rischiosa deriva antidemocratica: manca solo l’olio di ricino", ha commentato il leader dell’Idv Antonio Di Pietro che ha parlato di scempio della democrazia e poi ha aggiunto: "La scelta sul secondo quesito non ha nulla di giuridico o costituzionale ma solo politico e di piacere al Capo dello Stato e alle forze politiche di una maggioranza trasversale e inciucista".
E la replica del Colle non si è fatta attendere. "Una insinuazione volgare e del tutto gratuita che denota solo scorrettezza istituzionale", si rileva in ambienti del Quirinale rispetto a chi parla della sentenza odierna della Corte costituzionale come di una scelta adottata "per fare un piacere al capo dello Stato".
In serata, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto al Quirinale il presidente del Senato, Renato Schifani, e il presidente della Camera, Gianfranco Fini, per esaminare le prospettive dell’attività parlamentare, con prioritaria attenzione alle riforme istituzionali, anche nelle loro possibili implicazioni costituzionali.
Si è espressa la comune convinzione che tocchi alle forze politiche e alle Camere assumere rapidamente iniziative di confronto concreto sui temi da affrontare e sulle soluzioni da concertare. In particolare, alla luce della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale nel rigoroso esercizio della propria funzione, è ai partiti e al Parlamento che spetta assumere il compito di proporre e adottare modifiche della vigente legge elettorale secondo esigenze largamente avvertite dall’opinione pubblica.
Il verdetto era previsto da Arturo Parisi, promotore del referendum, il quale ha dichiarato che adesso la parola tocca ai partiti e "non vorrei essere nei loro panni". In ogni caso, ha concluso Parisi, "noi continueremo la nostra battaglia per interpretare la volontà di coloro che hanno firmato per il referendum".
Sulla decisione della Consulta si è espresso anche il segretario democratico Pier Luigi Bersani che ha detto: "Chi come noi ha dato un aiuto decisivo alla raccolta di firme, non può certo gioire per la decisione della Consulta ma la rispettiamo. Adesso tocca al Parlamento agire e noi da domani siamo impegnatissimi a cambiare il Porcellum".
Il Segretario Nazionale del Partito Liberale Italiano Stefano de Luca ha accolto "con stupore" la notizia della sentenza della Corte Costituzionale, che "ha respinto la plebiscitaria richiesta popolare di abrogazione dell’attuale legge elettorale, negando agli elettori il diritto di scegliere i propri eletti".
"Per la prima volta nella storia della Repubblica, la Corte Costituzionale - si legge in una dichiarazione - ha assunto una decisione palesemente influenzata dai tre maggiori partiti italiani
rappresentati in Parlamento, tutti schierati contro il Referendum. Il Pli vigilerà, perché allo scippo odierno non segua una finta riforma che darebbe la sensazione di un cambiamento per non cambiare realmente nulla".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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