Così Begin lottò per Israele già nei gulag di Stalin

Arriva in libreria il racconto che il leader del Likud scrisse sulla sua detenzione in Urss

Così Begin lottò per Israele già nei gulag di Stalin

Un processo politico al sionismo. E la prima testimonianza sulla realtà concentrazionaria dei gulag, orrore a lungo rimosso e poi trascurato. Hanno notevole interesse storico e sorprendente attualità le memorie sull'arresto e la detenzione in un campo sovietico di Menachem Begin, pubblicate per la prima volta in Italia da Giuntina. In libreria da pochi giorni, curato da Massimo Longo Adorno, Prigioniero in Russia (pagg. 424, euro 24) contiene il racconto dell'inquisizione ideologica cui viene sottoposto il futuro premier israeliano da parte dell'Nkvd, la polizia segreta del regime comunista che lo fermò nel settembre 1940 in quanto «sionista ed elemento controrivoluzionario». Restò agli arresti per due anni. E il volume, nel 1953, anticipava di tre anni le rivelazioni di Krusciov sui crimini di Stalin e di quasi nove Una giornata di Ivan Denisovic di Solenicyn.

La figura di Begin attraversa la storia israeliana, dal sogno sionista alla svolta a destra. Carismatico leader dell'Herut, a lungo capo dell'opposizione, sarà lui a fondare il Likud e nel '77 lo condurrà per la prima volta al governo dopo 31 anni di esecutivi laburisti, poi relegati a parentesi trascurabili. E fondamentali sono, queste pagine, per capire l'identità odierna di Israele e l'ostilità che gli riserva la sinistra, almeno quella d'imprinting comunista. Nell'impianto inquisitorio cui Begin viene sottoposto, già si vedono i germi della narrazione «antisionista» rivolta oggi contro Benjamin Netanyahu e il Likud, la destra liberal-nazionale bollata come fascista.

Israele «nasce» di sinistra. Il sionismo è «risorgimento» ebraico, la storia moderna dello Stato ebraico inizia nella piazza in cui Alfred Dreyfus viene degradato: in mezzo alla folla che grida «morte agli ebrei!» c'è Theodor Herzl. Neanche 6 mesi e sarà pronta la prima stesura del suo Der Judenstaat. Dopo 50 anni vede la luce Israele, col sostegno effimero dell'Urss, costruito da classi dirigenti aschenazite, partendo dal kibbutz (unico socialismo realizzato senza autoritarismo) e da un possente sindacato, l'Histadrut. Da lì veniva Golda Meir, ambasciatore in Urss e poi ministro del Lavoro. Begin stava dalla parte opposta. Allievo di Vladimir Jabotinskij, nella Palestina mandataria aveva comandato in clandestinità l'Irgun. Storia controversa. Emblematico l'attentato al King David Hotel, base dell'amministrazione britannica. Un preavviso dell'Irgun sempre negato dagli inglesi fu ignorato. L'esplosione fece 90 morti. Begin ha convissuto con l'accusa di terrorismo e poi ha vinto il Nobel. Sarà lui ad accogliere l'egiziano Sadat a Gerusalemme e a firmare nel '78 gli accordi di Camp David.

Un combattente, comunque. Aveva origini bielorusse. Era entrato nell'Hashomer Hatzair, antico movimento giovanile sionista, poi a 16 anni era passato al Betar. Da numero uno in Polonia organizzava l'emigrazione in Palestina degli ebrei, attività che gli fu addebitata dai sovietici, come la veglia funebre per Jabotinskij. Da bambino aveva assistito all'arresto del padre. «Agli occhi degli antisemiti ogni ebreo era un bolscevico». Venti anni dopo, furono i bolscevichi a bussare alla sua porta. Con il patto Molotov-Ribbentrop del 1939 i due totalitarismi avevano stabilito di fatto la spartizione della Polonia. Colto di sorpresa, Begin lasciò Varsavia con la moglie per riparare a Vilnius. Nella capitale della Lituana, ormai annessa dall'Urss, fu arrestato l'anno successivo. «Quell'autunno lo vivemmo come un incubo», racconta. «Milioni di ebrei caddero nelle mani di Hitler e di Himmler», «milioni di altri ebrei intrappolati all'interno dei confini chiusi del regime sovietico» che vedeva nel sionismo «una deviazione nazionalista tra gli ebrei».

Sperimenta la paranoia del socialismo reale, più che la violenza brutale. Da giurista, Begin coglie subito la sostanza di una «giustizia rivoluzionaria» che dietro il paravento del progresso cela l'arbitrio più assoluto. Un criminale politico non è accusato di «qualcosa di concreto» ma viene posto subito di fronte «alla più grave delle accuse: sabotaggio e spionaggio». Capisce che non vi è differenza «tra i campi tedeschi e quelli russi». «Gli ufficiali della Nkvd sono meno crudeli e più umani di quelli delle SS? Non si può stabilire». Entrambi «hanno tolto dal loro vocabolario la parola pietà». Viene «invitato per un colloquio» e mai più rilasciato, sottoposto a interrogatori estenuanti che il colonnello definisce «testimonianze». Il foglio di incriminazione standard lo dichiara «colpevole di essere membro del Partito sionista revisionista». La responsabilità è sancita fin dall'inizio ma l'indagine diviene un confronto. La controparte è il colonnello Kianchenko: pedante, a suo modo leale, agente di un sistema che non ammette difese. Begin non cede: «Per lei il mio essere sionista costituisce una colpa», «per me è un servizio reso al mio popolo». È disposto a riconoscere i fatti ma non la «colpa». Di quel faccia a faccia conserva un ricordo prodigioso, confermato 50 anni dopo, quando il verbale sarà ritrovato negli archivi Kgb.

Quando Begin scrive questo libro si è già compiuta la degenerazione antisemita dello stalinismo. Il '52 è l'anno del processo di Praga, che in 8 giorni liquidò il segretario generale del Ks, l'ebreo Rudolf Slánský e altri dieci dirigenti ebrei. Torturato, Slánský si autoaccusò e fu impiccato. L'aiuto militare che la Cecoslovacchia aveva fornito agli ebrei nella guerra d'indipendenza divenne un capo di imputazione. Nel voltafaccia dell'Urss, il paradigma di tutte le lacerazioni tra la sinistra e gli ebrei. Nelle raccolte dell'Unità, per anni non vi si trova traccia del «popolo palestinese», solo di «arabi». Ma anche il Pci volta le spalle a Israele, lo dipinge come il frutto di un disegno coloniale imperialista. Eppure il sionismo era anticoloniale. «Lenin ha detto che i movimenti di Liberazione vanno aiutati» protesta Begin interrogato.

Voi - ribatte l'accusatore «siete agenti della borghesia internazionale e braccio dell'imperialismo». Pro Pal, pacifisti e studenti delle tende non lo sanno, ma il loro odio viene da lì. Netanyahu è l'erede di Begin, loro del colonnello Kianchenko.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica