"Non era sola, è stata picchiata. Vi spiego cos'è successo a Liliana Resinovich"

Parla l'avvocato del fratello di Liliana Resinovich: "Lilly non era da sola nel boschetto, conosceva il suo killer"

"Non era sola, è stata picchiata. Vi spiego cos'è successo a Liliana Resinovich"

Non è stato un suicidio quello di Liliana Resinovich. È un omicidio, come in effetti recita il fascicolo di indagine contro ignoti riaperto dopo l’opposizione alla richiesta di archiviazione. Lo stabilisce una perizia, realizzata da un team guidato dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, che pone alcuni dettagli che potrebbero rivelarsi fondamentali per risolvere il caso.

Tra questi dettagli la data della morte: Liliana è stata uccisa il 14 dicembre 2021, ovvero il giorno della sua scomparsa. Il suo corpo sarebbe sempre rimasto nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste, dove è stato rinvenuto tre settimane più tardi. La donna è stata uccisa prima che terminasse la digestione della prima colazione. È stata aggredita da qualcuno. Sono sicuramente questi i punti salienti che aprono uno spiraglio per la giustizia verso questa 62enne piena di interessi e di affetti, una vita di impegno come dipendente della Regione.

“Chi alla luce, ancora oggi, della consulenza Cattaneo, di tutte le consulenze delle parti - che hanno valutato quella costellazione di lesività, che, unitariamente valutate, ci dicono che non sono compatibili in nessun modo con lesività da colpi di natura accidentale - chi continua a oggi, in qualsiasi modo, diretto o indiretto, a parlare di suicidio, evidentemente non è in buona fede”, dice a IlGiornale Nicodemo Gentile, presidente dell’associazione Penelope e legale del fratello della donna, Sergio Resinovich in quanto parte lesa.

Avvocato Gentile, cosa ne pensa della nuova perizia?

“La consulenza collegiale della professoressa Cattaneo sostituisce in toto la consulenza che la procura aveva, e la supera un modo assoluto. Perché la prima consulenza, è stato detto da un giudice terzo, ovvero il gip, non era soddisfacente e non poteva essere utilizzata nell'accertamento dei fatti, poiché imponeva alla procura di procedere a una nuova consulenza. Quindi non abbiamo due consulenze, ne abbiamo una sola, quella della professoressa Cattaneo”.

Quali sono i tratti più importanti della consulenza?

“Sicuramente si pone un punto fermo dalla prospettiva scientifica: non siamo nel campo delle opinioni, questa è scienza. Lilly non era da sola nel boschetto ed è stata sicuramente picchiata, in quanto la professoressa Cattaneo, attraverso un minuzioso lavoro, e a definirlo minuzioso è la procura di Trieste, individua e interpreta nuove gravi importanti lesività che si vanno ad aggiungere a quelle che avevano individuato, poche: secondo il nostro consulente Fineschi, che le aveva già indicate, per distribuzione e morfologia, sono assolutamente incompatibili con una caduta e quindi con lesioni di natura accidentale, e alcune di queste, al labbro e al capo, con certezza scientifica, sono state causate in un momento prossimo alla morte. Questo è un punto fermo che disintegra l'ipotesi traballante, da sempre, del suicidio e di quello di una caduta. Lilly è stata coinvolta in un'aggressione e da lì è morta”.

E poi?

“Un altro punto fermo, da un punto di vista tecnico, è la morte alla data del 14 dicembre, attraverso un'operazione che andava fatta da sempre: leggere i dati che vengono dalla medicina legale e quindi dalla scienza, unitamente ai dati circostanziali. E quindi con il contenuto gastrico si arriva a poter anche stabilire un'epoca della morte, che va dalle 9 in poi fino alle 11.30, perché la professoressa Cattaneo parla di un’ora della morte in ragione dell’integrità dell’uvetta trovata nel contenuto gastrico della donna, e che risale da 2 a 4 ore dalla consumazione dell'ultima colazione, che si è sicuramente verificata tra le 7 e le 7.30”.

Ci sono delle potenzialità per arrivare a trovare il colpevole?

“Io credo di sì, perché la consulenza collegiale ci dice una cosa importante. Non ci dice chi è stato ovviamente, però ci aiuta in modo serio e razionale nel dire chi non è stato e restringere la cerchia delle persone. Perché sicuramente, in ragione della messinscena successiva all’aggressione di Lilly, non può essere stato un borseggiatore, non può essere stato un balordo, un folle, una rissa di strada, un predatore sessuale, una rissa occasionale, perché non c'era interesse poi a creare quella messinscena evidente. Quindi questo conferma quello che noi abbiamo sempre detto sin dall’inizio: che Lilly è stata intercettata, durante il suo percorso la mattina del 14 dicembre, da qualcuno che la conosceva, c'è stata una colluttazione e poi è successo quello che è successo. Si tratta di un delitto di prossimità, che sicuramente è maturato nella cerchia di persone che fanno parte delle relazioni anche amicali di Lilly”.

È Liliana Resinovich a essere ripresa dalle videocamere di sorveglianza prima vicino ai cassoni, poi nei pressi della scuola di polizia e infine in piazzale Gioberti?

“Nelle riprese dei cassonetti c’è la certezza scientifica che è lei, così come nei pressi della scuola di polizia. Lo dicono gli atti, ma comunque corrispondono gli abiti e il fatto che lei stesse conferendo la differenziata, quest’ultimo è un elemento molto importante. In piazzale Gioberti l'immagine è meno nitida e lontana, ma può essere lei. Da una deduzione logica: Lilly doveva andare al negozio di telefonia intorno alle 9 e quella è la strada che doveva fare. Gli orari sono compatibili”.

Ma non si conoscono ancora i risultati dei test sugli orari delle telecamere, che non sarebbero sincronizzati.

“Non si sanno ancora i risultati ancora. Abbiamo chiesto di verificare quei 5 minuti, ma allo stato non è più fondamentale. Rimane significativo ma ci sono cose più importanti da valutare al momento”.

Quotidianamente emergono dettagli della consulenza collegiale: le formazioni pilifere, il fazzoletto, una piuma. Cosa dicono del potenziale killer?

“Non esistono i delitti perfetti, soprattutto questo, che allo stato non si può definire un delitto premeditato. È evidente che chi commesso questo fatto, e coloro che hanno potuto poi successivamente aiutare o compiere questa opera di messa in scena, ha potuto commettere degli errori, perché sicuramente non si tratta né di killer professionisti né di un omicidio premeditato. La situazione è stata gestita anche in modo imprevisto: è evidente che ci sono tutta una serie di aspetti grossolani. Faccio un esempio: il cordino intorno alla busta sulla testa. Quel cordino non ha nessun significato, né quando si parlava di suicidio - perché era assolutamente lasso - né quantomeno adesso che l’omicidio è stato accertato. Perché quel cordino non è servito per strozzare Lilly, che è stata invece soffocata come dice la consulenza, in vari modi ma sicuramente non stringendo quel cordino, perché tra l'altro sul collo non c'erano segni che fanno pensare all'uso del cordino. È un omicidio di impeto, compiuto da gente che non è abituata a vivere di questi fatti illeciti gravissimi”.

Secondo lei, perché l’opinione pubblica è tanto polarizzata su questo caso?

“L'opinione pubblica si è identificata in un ambiente estremamente ordinario, sereno e tranquillo, che è quello delle relazioni di Lilly, un ambiente di persone normali e perbene, tra l’altro in su con gli anni, senza precedenti, tra cui anche ex poliziotti o ex carabinieri. È in questo ambiente che è maturato quello che per anni è stato scambiato per un suicidio.

È stata una fortuna che ci sia stato quest’interesse, per avere più possibilità di una profondità di indagine che avevamo chiesto fin dall’inizio e finalmente è arrivata. L’attenzione c’è stata inoltre perché c’erano più parti che, in modo fortissimo, si sono sempre contrapposte all’idea del suicidio”.

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