I punti chiave
È oggi l’atteso incontro tra la famiglia di Emanuela Orlandi e il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, il primo dopo l’apertura di un’inchiesta da parte della Santa Sede, partita a gennaio 2023. Pietro Orlandi, accompagnato dalla legale Laura Sgrò, sarà da Diddi per sottoporre alcune chat risalenti agli anni 2010, quindi molto tempo dopo la scomparsa della studentessa 15enne, avvenuta a giugno 1983. E anche per chiarire, forse, tantissimi misteri.
Il desiderio del Papa
Diddi pare essere molto bendisposto, per rispondere al desiderio di chiarezza del pontefice. “Papa Francesco mi ha investito del ruolo di capo di questo delicatissimo Ufficio, che sto riorganizzando anche grazie all'aiuto di due magistrati ordinari e due applicati - ha spiegato in un’intervista al Corsera il promotore di giustizia -Tra i fascicoli ereditati dal mio predecessore, il professor Gian Piero Milano, ve ne era uno contenente una serie di denunce della famiglia Orlandi relative alla scomparsa di Emanuela. Al fine di fare definitiva chiarezza sulla vicenda, nel gennaio di quest'anno ho ricevuto dal Papa l'incarico di occuparmi del caso e, in tale prospettiva, ho ritenuto di far confluire in un unico fascicolo tutte le informazioni reperite avendo compreso la rilevanza del materiale che avevo a disposizione”.
Le chat
Nelle chat in possesso di Pietro Orlandi, la cui natura sarà chiarita in Vaticano, alcuni prelati - a quanto pare “vicini a Papa Francesco” - parlerebbero di Emanuela: la famiglia vi è entrata in possesso tempo addietro ma questa è la prima occasione in cui gli Orlandi potrebbero sciogliere alcuni interrogativi relativi al destino della loro congiunta. Uno dei prelati sarebbe l’arciprete emerito della basilica di Santa Maria Maggiore, il cardinale Santos Abril y Castelló.
Tanti testimoni
A questo proposito, verrà chiesto al promotore di giustizia di ascoltare diversi testimoni, in particolare presenti in Vaticano nel 1983, come riporta il Corriere della Sera: tra loro tre cardinali, ovvero Giovanni Battista Re, Leonardo Sandri e Stanislaw Dziwisz, ma anche padre Georg Gänswein che fu legato al pontificato di Benedetto XVI e il comandante della Gendarmeria vaticana Domenico Giani.
La testimonianza di Giani sarà molto importante: Pietro Orlandi sospetta vi sia stata una presunta trattativa tra la Gendarmeria e il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo nel 2012, e potrebbero esserci novità in relazione al presunto luogo di sepoltura di Emanuela Orlandi. “Uno dei magistrati, il dottor Capaldo - ha detto il fratello Pietro alla trasmissione DiMartedì, ma ne aveva parlato anche in altri programmi, come Quarto Grado - pochi anni fa ha avuto un incontro con due rappresentanti dello Stato vaticano, il comandante della Gendarmeria e il suo vice. In quel momento si parlava della sepoltura di De Pedis. Il Vaticano voleva che la magistratura togliesse De Pedis da Sant’Apollinare perché questo imbarazzava molto la chiesa e Capaldo in cambio chiese un aiuto per la questione di Emanuela: in particolare, se morta, la restituzione del corpo. E la risposta non è stata: ‘Come si permette!’, ma ‘Va bene’, purché la Procura - e qui c’è stata una corruzione vera e propria - imbastisca una storia verosimile che tolga qualsiasi responsabilità al Vaticano”.
La “pista inglese”
È quasi certo che Pietro Orlandi chiederà spiegazioni anche in merito alla cosiddetta “pista inglese”: al centro dell’enigma la possibilità che Emanuela sia stata trattenuta a Londra per poi essere portata in Sardegna,
tanto che l’arcivescovo di Canterbury nel 1993 avrebbe scritto al cardinal Ugo Poletti mentre questi era nella capitale britannico, al fine di incontrarsi e discutere della giovane scomparsa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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