"Forse avremmo potuto salvarla". Il racconto dei testimoni che hanno incastrato il killer di Sharon

Moussa Sangare è stato arrestato la notte scorsa per l'omicidio di Sharon Verzeni. Il racconto dei due testimoni che hanno contribuito all'identificazione del 31enne: "Era strano, ci ha fissati a lungo"

"Forse avremmo potuto salvarla". Il racconto dei testimoni che hanno incastrato il killer di Sharon
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"L'unico rimpianto è non aver potuto fare qualcosa per salvare Sharon. Se fossimo stati più vicini al luogo dell'omicidio, forse avremmo potuto salvarla". Lo raccontano a La Repubblica i due cittadini stranieri che, con la loro testimonianza, hanno dato un contributo decisivo all'identificazione di Moussa Sangare, il killer di Sharon Verzeni. Messo alle strette dai carabinieri, il 31enne ha confessato l'omicidio: "Non so perché l'ho fatto. Ho sentito l'impulso di accoltellare qualcuno. L'ho vista e l'ho uccisa". Prima di colpire la giovane barista, per sua stessa ammissione davanti al pm Emanuele Marchisio, il 31enne ha puntato uno dei quattro coltelli che aveva con sé contro due ragazzini incrociati per caso.

I testimoni: "Ci ha fissati a lungo, era strano"

Come ha spiegato il procuratore aggiunto di Bergamo, Maria Cristina Rota, intervenendo in conferenza stampa ieri mattina, le testimonianze dei due cittadini stranieri sono state fondamentali per risolvere il macabro giallo. "Quella sera eravamo usciti come al solito molto tardi per allenarci. - spiegano i due giovani, entrambi italiani di origine marocchine - Era più o meno mezzanotte, eravamo a Chignolo (è a pochi chilometri da Terno d'Isola ndr) vicino alla farmacia e davanti al cimitero dove ci siamo fermati per fare delle flessioni. A quel punto sono passati due nordafricani in bicicletta". Poi notano un terzo: "Lui ci è rimasto impresso, perché era un po' strano. Aveva una bandana in testa e un cappellino, uno zaino e gli occhiali. Ci ha fissato a lungo e poi ci ha fatto una smorfia. Non lo avevamo mai visto prima".

"Si vedeva che non stava bene"

In seguito alla notizia dell'omicidio di Sharon, i due amici hanno deciso di presentarsi spontaneamente in caserma per segnalare che quella notte avevano notato una persona sospetta aggirarsi sulla scena del crimine. A quel punto i carabinieri hanno confrontato il racconto dei testimoni con i filmati estrapolati dalla telecamere presenti in via Castegnate (in particolare quella di una banca) che hanno immortalato la sagoma di Sangare in sella alla bicicletta. Dunque i due giovani sono stati convocati nuovamente dai militari dell'Arma. "Abbiamo raccontato di quel ragazzo quando siamo stati chiamati in caserma. Siamo rimasti sorpresi, non abbiamo mai pensato che l'assassino potesse essere lui - aggiungono - Anche se si vedeva che era uno che non stava bene".

"Avremmo voluto salvare Sharon"

Sospettato dell'omicidio, mercoledì sera, Sangare è stato intercettato e portato in caserma. Le sue dichiarazioni sono sembrate subito poco convincenti. Giovedì mattina la confessione: "L'ho vista e l'ho uccisa", ha ammesso il 31enne in presenza del suo avvocato. "Abbiamo provato comunque un grande sollievo, perché non avevamo saputo più nulla sulle indagini.

- dicono i due testimoni - Ora ci sentiamo orgogliosi per essere stati utili all'identificazione dell'assassino". Il rimpianto che resta "è di non aver potuto fare qualcosa per Sharon. Non essere stati più vicini a via Castegnate. In quel caso forse avremmo potuto salvarla".

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