È in corso il processo per l'omicidio di Saman Abbas, la 18enne pachistana uccisa a Novellara nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 per essersi opposta al matrimonio forzato col cugino nella terra di origine. All'ultima udienza era presente in aula il padre della ragazza, Shabbar Abbas, estradato in Italia dal Pakistan a fine agosto.
Tra gli imputati, oltre al papà, i due cugini e lo zio di Saman, c'è anche la madre, Nazia Shaheen, che è ancora latitante. "Bisogna trovarla perché è complice di questo terribile crimine. Fece da esca per attirare la figlia nella trappola mortale. Fu lei, come si vede dall'ultimo video, che consegnò Saman nelle mani dello zio Danish Hasnain", dice Ebla Ahmed, avvocato e presidente dell'associazione nazionale "Senza Veli sulla Lingua", che da 10 anni si occupa di offrire supporto legale e psicologico alle donne italiane e straniere vittime di violenza.
Ebla Ahmed, come commenta l'estradizione di Shabbar Abbas?
"Anzitutto mi complimento con il governo per essere riuscito a riportare il padre di Saman in Italia. È la prima volta che una estradizione attiva viene concessa dal Pakistan. Dunque è un segnale di apertura importante, anche in previsione di un eventuale accordo bilaterale tra i due Paesi. Ora però è fondamentale che la giustizia faccia il suo corso e punisca come meritano i responsabili di questo terribile crimine".
Che intende dire?
"Servono pene esemplari per gli imputati. Non possono e non devono farla franca perché è inaccettabile che una giovane donna, quale era Saman, sia stata ammazzata per essersi opposta all'usanza tribale del matrimonio forzato".
A breve ci sarà l'audizione del fratello di Saman Abbas. Secondo lei, quanto potrà incidere sull'esito del processo la testimonianza del ragazzo?
"Il fratello di Saman è testimone oculare della tragedia e sicuramente la sua deposizione inciderà sul corso del processo. Sta di fatto che potrebbe avere qualche attimo di cedimento dinnanzi al padre, che non vede da due anni. Ora più che mai bisogna supportare emotivamente il ragazzo, la sua posizione è delicatissima".
E invece come pensa si comporteranno gli altri imputati?
"Sono certa che si accuseranno l'un l'altro nel tentativo di scaricarsi da ogni responsabilità del fatto. Ma sono tutti colpevoli, compresa la madre di Saman che non è stata ancora catturata".
Pensa che Nazia Shaheen, la madre di Saman, si trovi in Pakistan?
"Credo sia nascosta nel Punjab, dove vive il clan degli Abbas, e che attorno a lei ci sia una notevole rete di protezione".
Cosa glielo fa pensare?
"Perché lì, nel villaggio in cui vive, può contare sul sostegno dell'intera comunità. Anzi sarà considerata alla stregua di un'eroina per aver difeso l'onore della famiglia sacrificando la vita della figlia 'disobbediente'".
Lei è presidente di un'associazione che tutela anche giovani donne straniere vittime di maltrattamenti familiari. Il matrimonio forzato è ancora diffuso?
"Certo che lo è. E le dirò di più: non solo nelle aree rurali del Pakistan, dove peraltro dal 2004 il delitto d'onore è considerato un reato, ma anche in altre regioni del mondo. Penso all'Albania, ad esempio, oppure alle comunità rom. Questa pratica ancestrale delle nozze forzate è più diffusa di quanto non ci si immagini".
Riceve molte segnalazioni?
"Tante. E purtroppo si tratta di casi similissimi a quelli di Saman. Ma non tutte, dopo aver denunciato i familiari, hanno la forza di andare fino in fondo".
C'è qualcuna che è ritornata sui propri passi?
"Sì. Ricordo il caso di una ragazza che ha fatto un passo indietro nonostante ci fosse in corso un procedimento penale a carico dei genitori. Il punto è che la giustizia deve punire con pene severe chi induce il proprio figlio o figlia al matrimonio forzato, anche in caso di ripensamenti da parte della vittima. Bisogna dare un segnale forte, altrimenti non riusciremo a evitare altre tragedie".
E alle vittime che suggerimento può dare?
"Anzitutto di rivolgersi il prima possibile alle forze dell'ordine. E poi, una volta al sicuro in una struttura protetta, di stare in guardia da eventuali tentativi di riavvicinamento da parte della famiglia.
Così come è successo nel caso di Saman, spesso le donne del clan fanno da esca per le figlie. Ed è molto importante che queste ragazze lo sappiano. Non si può e non si deve morire a 18 anni per questa atroce barbarie del matrimonio forzato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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