"Avevo trovato la bambina per me", così il pedofilo la fece franca

Jan Broberg è stata rapita due volte e violentata 200 volte da un vicino che aveva fatto amicizia con la sua famiglia: il pedofilo fece solo 10 giorni di prigione

"Avevo trovato la bambina per me", così il pedofilo la fece franca

La complessa rete di seduzione e minacce alla sua famiglia, plagio e abusi sessuali perpetrati da un pedofilo non hanno mai spezzato Jan Broberg. Che a 12 e 14 anni fu rapita da un vicino di casa che tentò di violentarla per 200 volte e in gran parte ci riuscì, facendole credere che, se non avesse avuto un figlio da lui, gli alieni avrebbero distrutto la Terra, ucciso suo padre, resa cieca la sorella, fatto evaporare l’altra sorella e la madre. La sua storia, che la madre Mary Ann ha raccolto nel volume “Stolen Innocence”, è stata raccontata anche in un documentario dal titolo “Rapita alla luce del sole”. E la stessa Jan continua a parlare, affinché non capiti ad altre bambine come lei.

È stato proprio alla luce del sole infatti che Robert Berchtold la rapì per ben due volte, abusando di lei, del suo corpo e della sua mente. “Era una bambina bellissima - dice la voce registrata di Berchtold all’inizio del documentario - Molto sveglia e vivace. Mi fece un gran sorriso e mentre sorrideva aveva delle fossette sulle guance. Mi conquistò il cuore. Mi avvicinai, la abbracciai tirandola a me e la strinsi forte. Mi guardò con occhi raggianti e capii di aver trovato la bambina che stavo cercando”.

L’incontro

Pocatello è una città nell’Idaho di medie dimensioni. Negli anni ’70 aveva assistito a un boom demografico, arrivando a oltre 40mila residenti. Tra questi c’erano i Broberg, una famiglia molto religiosa composta da genitori e tre figlie. È in chiesa che Mary Ann incontra per lacrima volta Berchtold, imprenditore sposato con figli, avvicinandosi alla loro famiglia. Era giugno 1972 e Pocatello era un luogo in cui si poteva lasciare la porta di casa aperta di notte. I Broberg però invitarono Berchtold nella loro casa, in un misto di ingenuità e fascinazione.

Robert Berchtold era infatti un uomo dai modi affascinanti: Jan lo immaginava come un vice-papà, ma i Broberg iniziarono ben presto a trovare disturbante il modo in cui il vicino si relazionava alla propria figlia 12enne. Tuttavia continuarono a fidarsi di lui, anche quando Berchtold arrivò a dormire con Jan per 4 settimane, 4 giorni a settimana in media, prima del rapimento: aveva fatto credere ai Broberg che rientrava nella sua psicoterapia, somministrata da uno psicologo che poi si scoprì non avere più l’abilitazione a esercitare.

Il primo rapimento

Il 17 ottobre 1975, Berchtold portò Jan a fare equitazione con il benestare della madre. Ma in realtà la rapì, dandole un sonnifero spacciato per un antistaminico, e la portò nel suo camper. Qui le fece credere di essere stata presa da un ufo: una voce distorta da un interfono disse alla bambina, legata mani e piedi a un letto, che la sua salvezza sarebbe dipesa dall’accoppiarsi con un “compagno”: quel compagno era Berchtold. “Ero più terrorizzata da quella voce e da quei messaggi che provenivano da quella voce di qualunque altra cosa nella vita”, raccontò Jan in un’intervista alla Bbc.

Intanto i Broberg contattarono la polizia temendo un incidente stradale, ma poi non andarono avanti con la denuncia su richiesta della moglie di Berchtold. Questo fino al 22 ottobre, giorno in cui finalmente intervenne l’Fbi e cercò di far comprendere ai Broberg che la figlia era stata rapita.

Il 35esimo giorno dal rapimento, Berchtold, che era arrivato in Messico con Jan, chiese un permesso scritto per sposarla negli Usa, dato che già l’avevano fatto in Messico. La polizia messicana lo trovò, lo arrestò e lo consegnò all’Fbi. I federali avvisarono i Broberg di non avere più contatti con i Berchtold, ma alla vigilia di Natale del 1974, la moglie del pedofilo indusse il padre di Jan a firmare una deposizione per non proseguire con la causa, o i rapporti intimi di madre e padre Broberg con Berchtold che c’erano stati in passato sarebbero stati diffusi: il lavoro della procura era stato distrutto.

Il secondo rapimento

Berchtold si trasferì dal fratello a Ogden, in Utah, da uomo libero. Nel giugno del 1976, a seguito del patteggiamento, gli furono dati 5 anni di prigione, poi ridotti a 45 giorni: il pedofilo ne trascorre in carcere solo 10 con la buona condotta.

Jan però, che ancora credeva che la sua vita fosse in pericolo a causa degli alieni, spinse per andare da Berchtold quando questi aprì un parco divertimento a Salt Lake City. I genitori però la fecero tornare presto, ma dopo due settimane Jan, apparentemente, fuggì da casa, lasciando un biglietto in cui diceva che sarebbe tornata solo nel caso i genitori avessero acconsentito al matrimonio con Berchtold.

Era il 10 agosto 1976, e i federali, contattati una quindicina di giorni dopo, lo sapevano: Berchtold aveva rapito Jan una seconda volta. Stavolta fu più difficile trovarla, nonostante Berchtold chiamasse spesso casa Broberg, lasciando intendere che Jan non fosse con lui e vivesse per strada di espedienti come prostituzione e spaccio di droga. L’Fbi aveva istallato dei registratori nel telefono e solo nel novembre 1976 riuscirono a risalire alla verità, pedinando il pedofilo fino a una cabina telefonica.

Jan era in una scuola cattolica di Pasadena, in California: Berchtold l’aveva portata lì facendo credere alle suore di essere un padre vedovo e agente della Cia sotto copertura. Ci volle un grande impegno dell’Fbi per spiegare alle ignare religiose cosa fosse in realtà accaduto. Jan fu riportata a casa, mentre Berchtold fu arrestato, ma la fece franca. Tra l’altro, mentre era in carcere in attesa di processo, chiese a due detenuti che stavano per uscire di incendiare il negozio del padre di Jan, cosa che in effetti avvenne nel 1977. Ma non c’erano prove contro di lui: Berchtold fu scagionato per tutto e chiuso in una clinica psichiatrica per i suoi disturbi mentali.

La prigionia della mente

La seconda volta che tornò a casa Jan era completamente diversa. Credeva ancor più nel plagio, soprattutto dopo l’incendio, e chiedeva ai genitori di incontrare Berchtold: voleva portare a termine la missione degli alieni. Questo accadde fino ai suoi 16 anni: pian piano, la giovane riuscì a comprendere che quella degli ufo non era una storia reale. Ne parlò in famiglia e si accostò a un percorso di psicoterapia.

Fondamentalmente - ha detto ancora alla Bbc - avevo tutte queste regole che avrei dovuto seguire che mi erano state date dagli alieni. Non potevo avere niente a che fare con i ragazzi. Se l'avessi fatto, la mia famiglia sarebbe morta. Mi è bastato iniziare a testare le acque […]: ho parlato con un ragazzo a scuola e ho accettato un appuntamento al ballo dell’homecoming. Sapevo che se fossi tornata a casa da quell'appuntamento e mio padre non fosse morto e mia sorella non fosse stata rapita o scomparsa e l'altra mia sorella Karen non fosse cieca, e io e mamma non fossimo evaporati, allora non era reale. Ed è quello che è successo”.

L’epilogo

Le persecuzioni di Berchtold nei confronti di Jan - che oggi è anche un’attrice - e della sua famiglia non si fermarono però. Dopo l’uscita del libro di Mary Ann cercò in tutti i modi di diffamare i Broberg e di accedere alle presentazioni.

Dopo che Jan lo denunciò come stalker e ottenne un’ordinanza restrittiva, il pedofilo cercò di infiltrarsi a un convegno presidiato da un associazione di motociclisti a sostegno dei diritti delle donne e dei bambini, investendone uno. Per lui rischiavano di spalancarsi di nuovo le porte del carcere: così l’11 novembre 2005 si suicidò ingerendo un mix di farmaci e alcol.

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