La coop usa migranti (gratis) ​per ristrutturarsi un albergo

A Biella la cooperativa Versoprobo gestisce già un centro di accoglienza. Forse ne aprirà un altro. Intanto ristruttura un veccho hotel facendo lavorare i migranti

La coop usa migranti (gratis) ​per ristrutturarsi un albergo

La cooperativa Versoprobo di centri di accoglienza ne coordina più di uno. La sede centrale è a Vercelli, ma il campo d'azione (e di affari) si allarga in buona parte del Piemonte. A Biella assicura un letto a 54 migranti nell'ex hotel Colibrì, una struttura decadente resuscitata appositamente per l'emergenza sbarchi. A breve la prefettura biellese assegnerà il nuovo bando per la gestione di 850 extracomunitari: per i prossimi nove mesi, appena 8 cooperative sociali si spartiranno la succosa torta da 8,5 milioni di euro. Non poco.

E così nell'attesa che venga pubblicato il risultato del bando di gara, la Versoprobo si sta portando avanti coi lavori. Nei giorni scorsi alcuni cittadini hanno notato un gruppo di "ragazzi di colore" sfacchinare alacremente all'interno di un altro vecchio hotel di Biella, l'albergo Coggiola, anche questo senza un cliente da 20 anni e pronto a riaprire per accogliere decine di immigrati. Scaricavano piastrelle da un camion con la scritta "Versoprobo" e lo riempivano di calcinacci da portare alla discarica (guarda il video). Niente di strano, se non fosse che quei ragazzi sono richiedenti asilo ospitati dalla stessa cooperativa che con ogni probabilità finirà col gestire il nuovo Centro di Accoglienza Straordinaria (Cas) e i relativi rimborsi giornalieri. Coincidenza? Difficile. A confessarlo è uno degli operatori della Versoprobo, il quale candidamente ha ammesso che "i nostri ospiti stanno facendo attività di volontariato mettendo a posto il Coggiola, visto che l'azienda sta per aprire un nuovo centro". La coop, insomma, impiega (gratis) i suoi migranti come operai, risparmiando così sui costi di ristrutturazione. Una furbata.

Inutile chiedere spiegazioni ai diretti interessati: il coordinatore della Versoprobo, Roberto Rosas, si è limitato ad affermare che i ragazzi "non hanno lavorato", ma hanno solo fatto "attività di volontariato utile per il loro curriculum". Lavoro o volontariato? Questione di lana caprina, certo. Ma sostanziale. Per legge infatti i profughi dopo due mesi dallo sbarco in Italia e la presentazione della domanda di asilo possono svolgere attività lavorative al pari dei disoccupati italiani. Ma devono avere un contratto valido, contributi pagati e tutto il resto. Gli ospiti della Versoprobo invece hanno scaricato il camion senza ricevere alcun compenso e a quanto pare senza contratto. Si può fare? Secondo l'Ispettorato del lavoro, no: "Devono fargli un contratto - afferma De Camillis - se vogliono possono rinunciare al compenso, ma il contratto devono averlo". Semplice.

Per carità, non è che i migranti debbano stare con le mani in mano tutto il giorno. Ma forse è il caso che lavorino secondo le normative vigenti. Non è un caso se il 10 febbraio scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto per promuovere "l'integrazione dei richiedenti asilo" impiegandoli in "attività di carattere sociale" che siano di "utilità pubblica". Come tagliare l'erba di un giardino comunale o ridipingere le aule di una scuola. Non certo ristrutturare un hotel privato, opera che non ha alcuna "utilità pubblica".

Inoltre, per impiegare immigrati come volontari bisogna attenersi a un preciso protocollo d'intesa stilato in prefettura.

La coop Versoprobo l'ha fatto? Non sembra, altrimenti non si spiega per quale motivo i ragazzi siano spariti nel nulla poco prima che arrivasse il controllo dello Spresal (Asl). Per questo in molti pensano che la coop abbia trovato un sotterfugio per sfruttare manodopera a basso prezzo, spacciandola per volontariato. Un affare da leccarsi i baffi.

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