Partita l'operazione invasione: ecco i porti presi d'assalto

Dalla Sicilia alla Sardegna, passando per la Calabria. I migranti assediano le coste italiane. E ora scatta l'emergenza

Partita l'operazione invasione: ecco i porti presi d'assalto

Le ultime ore hanno dato vita ad uno dei picchi più clamorosi degli ultimi anni sul fronte migratorio: soltanto tra giovedì venerdì e soltanto a Lampedusa sono stati contati, nel giro di poco più di 48 ore, qualcosa come 700 migranti sbarcati. E non sono stati gli unici: perché nel frattempo altri approdi ed altre segnalazioni sono giunte da diverse località del nostro Paese. Quello che si temeva già a maggio, puntualmente si sta verificando: a sovrapporsi all’emergenza Covid, in questa estate ci ha pensato anche l’emergenza immigrazione. Tra numeri da record e sistemi di accoglienza al collasso, l’Italia si sta riscoprendo sempre più esposta all’approdo di gommoni e barchini partiti dall’altra parte del Mediterraneo.

Lampedusa e Porto Empedocle: due facce della stessa emergenza

Ovviamente il fronte più caldo sotto il profilo migratorio è quello siciliano. Per motivi geografici l’isola è più direttamente chiamata in causa quando si parla di immigrazione e di sbarchi. E quando si pensa alla Sicilia, automaticamente si fa spesso riferimento a Lampedusa. Come detto in precedenza, la più grande delle Pelagie è sotto pressione in queste ore come non lo era da tempo. Ma già ad aprile si intuiva che qualcosa non andava per il verso giusto: in pieno lockdown, qui gli sbarchi autonomi di piccole imbarcazioni partite quasi sempre dalla Tunisia hanno iniziato a creare non pochi problemi. Impossibile attuare a Lampedusa il distanziamento sociale tra i migranti appena arrivati, con la popolazione costretta a casa che notava a volte le stesse persone sbarcate in giro per l’isola. Un malcontento che ha spinto il sindaco Totò Martello a chiedere una nave dell’accoglienza, in grado di far attuare a bordo quarantene e distanziamenti. Nell’attesa però, molti gruppi di migranti sono stati sistemati nel resto della Sicilia.

A partire da Pozzallo, dove nel locale hotspost ad aprile un primo migrante è risultato positivo al coronavirus. Per far attuare le quarantene, dal Viminale sono arrivate disposizioni per aprire nuove strutture. E così ad esempio, a ridosso della Pasqua, ha riaperto il Villa Sikania di Siculiana, struttura che era stata chiusa nello scorso ottobre. Questo ha generato le proteste da parte della popolazione locale, la quale in piena fase di pandemia vedeva spesso dalle abitazioni i migranti giocare all’interno del centro di accoglienza, senza che nessuno provvedesse a far rispettare le norme anti Covid.

Poi, nelle settimane successive, da qui sono state registrate fughe ed aggressioni nei confronti dei poliziotti e Siculiana si è trasformata nell’emblema di come la gestione dell’accoglienza sia diventata molto problematica in piena emergenza sanitaria.

Poco distante da questo paese dell’agrigentino, c’è il porto di Porto Empedocle. È qui che, a partire dai primi di maggio, ha iniziato ad operare quella nave dell’accoglienza chiesta da Martello e da altri sindaci del territorio. La Moby Zazà, che può accogliere 250 migranti, ha quindi trasformato Porto Empedocle nella “Lampedusa della terraferma”. È in questo porto che vengono fatti sbarcare molti migranti giunti nella più grande delle Pelagie, così come è proprio qui che nelle settimane scorso sono arrivati i migranti a bordo della Sea Watch 3 e della Ocean Viking. Nel primo caso, 28 di loro erano positivi al coronavirus, con la Moby Zazà dichiarata per questo zona rossa e con Porto Empedocle che ha iniziato a lamentare non pochi danni di immagine e problemi di natura turistico/economica.

Gli sbarchi nel Sulcis

Non solo Sicilia però nella mappa degli sbarchi nel nostro Paese. Al contrario, numeri record si stanno registrando in questo 2020 anche in Sardegna e, in particolare, nella zona del Sulcis. Le spiagge di questa parte dell’isola sono punto di approdo della rotta algerina: si parte dal Paese nordafricano e, senza particolari problemi, numerose imbarcazioni riescono a raggiungere la Sardegna e quindi l’Italia. Già a gennaio, un mese dove solitamente le emergenze relative all’immigrazione appaiono ridimensionate rispetto all’estate, venivano denunciati dati record di sbarchi. Dopo alcuni mesi di relativa quiete, a maggio sono stati segnalati nuovi arrivi, mentre tra giugno e luglio l’emergenza ha preso definitivamente piede con anche più approdi in una stessa giornata. Sant’Antioco, ma anche Teulada, Chia e Porto Pino sono le località che registrano il maggior numero di sbarchi, con molte delle persone approdate che vengono invece indirizzare presso il centro d’accoglienza di Monastir.

Gli sbarchi in Calabria

Situazione non semplice anche in Calabria: qui il numero degli sbarchi rispetto alla Sicilia ed al Sulcis appare inferiore, ma l’emergenza non è meno marcata e né meno sentita dalla popolazione. Lungo le coste ioniche della Calabria approdano quelle imbarcazioni che partono dalla Turchia: si tratta spesso di barche a vela ed a volte mezzi anche ben costosi ed equipaggiati capaci di affrontare la rotta dall’Anatolia fino al nostro Paese.

Sotto il profilo sanitario, gli sbarchi sulle coste calabresi potrebbero rappresentare un problema non indifferente: dalla Turchia infatti partono soprattutto migranti provenienti dall’Asia, in modo particolare da Bangladesh e Pakistan, due dei Paesi che in questo momento stanno vivendo il picco

dell’epidemia da coronavirus. Per questo la preoccupazione è massima, specie dopo che dei 70 pakistani sbarcati nelle scorse ore a Caulonia, 28 sono risultati positivi. In Calabria comunque, è già da giugno che si fanno i conti con gli approdi delle imbarcazioni partite dalla Turchia.

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