"Ho difeso i confini del Paese”. Ma il pm chiede il processo per Salvini

Al termine della discussione all'interno della nuova udienza sul caso Open Arms, la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per l'ex ministro Matteo Salvini. Ecco lo scontro tra accusa e difesa

"Ho difeso i confini del Paese”. Ma il pm chiede il processo per Salvini

I due procedimenti che in Sicilia vedono coinvolto Matteo Salvini oramai hanno preso una piega del tutto diversa. A Catania, dove da ottobre sono in corso le udienze preliminari sul caso Gregoretti, si sta viaggiando verso l'archiviazione nei confronti dell'ex ministro. A Palermo invece, nell'ambito del procedimento sul caso Open Arms, oggi la Procura ha chiesto per il segretario leghista il rinvio a giudizio.

Due binari distinti dunque e non soltanto sotto il profilo giudiziario. Nel capoluogo etneo la vicenda ha a che vedere con una nave della Guardia Costiera. A Palermo invece il procedimento riguarda una nave Ong.

Chiaro dunque come a livello politico si sta guardando con maggiore interesse al caso Open Arms. A dimostrarlo, tra le altre cose, il fatto che sono ben 21 le parti civili ammesse, tra cui altre Ong, associazioni umanitarie e i comuni di Palermo e Barcellona. L'impressione, uscita ulteriormente rafforzata dall'udienza odierna, è che proprio sul caso Open Arms si sta svolgendo una sorta di resa dei conti tra Salvini e il mondo vicino alle Ong.

La difesa di Salvini

La linea difensiva dell'ex ministro è piuttosto chiara: così come emerso dalle udienze sul caso Gregoretti, l'operato di Salvini al Viminale non avrebbe fatto altro che seguire la volontà politica dell'allora governo Conte I. Dunque si mantenevano fuori dai porti le navi con migranti a bordo per dare un segnale politico, soprattutto all'Europa. E questo per favorire le trattative a favore di una redistribuzione dei migranti.

La difesa dell'ex ministro ha infatti portato agli atti oggi anche alcune trascrizioni delle udienze del caso Gregoretti. Un modo per ribadire, ancora una volta, come l'intero governo Conte I, formato da Lega e M5S, fosse pienamente a conoscenza di quei divieti di sbarco. Non solo: la linea difensiva di Salvini ha preso soprattutto spunto da alcune dichiarazioni, rese sempre nell'ambito delle udienze preliminari di Catania, dell'attuale ministro Luciana Lamorgese.

Nelle sue dichiarazioni rese al Gip etneo, a febbraio il titolare del Viminale ha affermato che esiste "una certa continuità tra i casi Diciotti, Gregoretti e Ocean Viking". Un'esternazione recepita dalla difesa del leader del carroccio come un'ammissione sul fatto che non vi siano differenze nell'operato posto in essere dai governo Conte I e Conte II.

Entrando poi nel merito della vicenda, lo stesso Salvini in aula nel corso di una dichiarazione spontanea ha affermato che alla Open Arms era stato prospettato uno sbarco a Malta o in Spagna, rifiutato però dall'equipaggio della nave Ong. Un modo per ribadire nuovamente la volontà di trovare una soluzione politica alla vicenda sorta nella calda estate del 2019: "Io ho solo difeso i confini del mio Paese", ha poi dichiarato lo stesso Salvini durante l'udienza.

Un concetto ribadito anche fuori dell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo: "La Procura di Palermo ha chiesto rinvio a giudizio e processo contro di me per sequestro di persona, 15 anni di carcere la pena prevista - sono state le parole dell'ex ministro - Preoccupato? Proprio no.
Sono orgoglioso di aver lavorato per proteggere il mio Paese, rispettando la legge, svegliando l’Europa e salvando vite. Se questo deve provocarmi problemi e sofferenze, me ne faccio carico con gioia. Male non fare, paura non avere”.

La linea della Procura

L'accusa però ha fiutato la strategia salviniana di far correre in parallelo il caso Gregoretti e Open Arms. Ed è per questo che i magistrati palermitani stanno cercando di mettere in risalto le differenze tra le due vicende: "Non si tratta affatto di un atto politico, ma è stato esclusivamente un atto amministrativo - ha dichiarato in aula il procuratore Francesco Lo Voi - Non solo continua a trattarsi di un atto amministrativo, ma aggiunge l'ex premier Conte che non si è mai discusso in Consiglio dei ministri dei singoli casi tanto meno dei dettagli del singoli casi. Sulla concessione dei pos il Cdm non si è mai occupato".

Un'affermazione, quella del magistrato, con la quale la Procura palermitana mira a smontare la ricostruzione salviniana: "L'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte - ha poi continuato Lo Voi - nel corso deposizione resa a Catania nell'udienza preliminare del caso Gregoretti, si è espresso in maniera chiarissima sul fatto che la responsabilità dell'atto amministrativo di concessione del pos risalisse alla competenza esclusiva del ministro dell'Interno, così come ha fatto il ministro dell'Interno Lamorgese e gli altri testimoni e il ministro Di Maio, aggiungendo che l'azione amministrativa era in capo al ministro dell'Interno".

"La mancata concessione del Pos veniva appresa - ha proseguito il procuratore - così dicono i ministri, come Luigi Di Maio, solo successivamente all'adozione della decisione stessa". Un modo per l'appunto per dimostrare come, in realtà, la volontà di Salvini non era condivisa con il resto del governo. E che dunque quel "lavoro di squadra" di cui a Catania, a proposito del caso Gregoretti, ha parlato lo stesso Gup etneo, Nunzio Sarpietro, in realtà sul caso Open Arms non è mai esistito.

Lo scontro adesso andrà avanti nelle prossime settimane.

Salvini da un lato vorrà continuare a dimostrare la correttezza delle sue scelte e la natura politica del suo operato. La Procura, dal canto suo, punterà a dimostrare le peculiarità insite nella vicenda Open Arms. Sullo sfondo è ben presente lo sguardo, non certo disinteressato, di Ong e attivisti.

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