Bassetti: "Chi sono i colleghi che gettano fango. E la sera quando salgo in moto…"

La vita sotto scorta, le invidie dei colleghi, la passione per il calcio e Mancini, la tentazione per la politica e le sue ‘droghe’. Matteo Bassetti, l’uomo al di là dello scienziato

L'infettivologo Matteo Bassetti
L'infettivologo Matteo Bassetti

Ottimista per natura, pragmatico per professione. Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova, è il più amato, e odiato, tra le star della scienza. I giornali lo cercano, le tv lo invitano, la politica lo corteggia, molti lo citano come il più attendibile dei nuovi guru ai tempi del Covid. Oltre che il più sexy. Narciso, lo ammette, Bassetti piace e lo sa. Il successo e la notorietà, però, li ha pagati cari. Finito nel mirino dei leoni da tastiera, vive da mesi sotto scorta, ma l’infettivologo genovese è un combattente e, anche a ilGiornale.it, non arretra nella sua difesa senza sconti della scienza. E se scendesse in campo non ha dubbi, a parte l’arbitro, giocherebbe sulla fascia per piazzare dei cross in mezzo e far sì che qualcuno faccia goal. Decisivo, anche lì.

Lei è un uomo di scienza e si trova a ricevere migliaia di minacce di morte proprio per le sue prese di posizioni in nome della scienza. Non ha mai pensato: “Ma chi me lo fa fare”?

“Devo dire che l’ho pensato tante volte. Però, quando fai la scelta, che è una scelta di vita, di stare dalla parte della scienza, della medicina non bisogna arretrare, ma tenere la barra ancora più dritta, per usare un paragone con la vela che mi piace tanto. È un momento in cui c’è un vento forte ma non bisogna mollare, perché è proprio ora che gli uomini di scienza devono continuare ad affermare la forza della scienza e della medicina. Certo, a volte penso: ‘Ma chi me lo fa fare?’, poi però vorrebbe dire abdicare al mio ruolo”.

Però, vivere sotto scorta non deve essere semplice…

“Io sono sotto sorveglianza attiva, che è un livello precedente rispetto a quello della scorta vere propria. Certo, la sera quando esco dall’ospedale salire sulla moto e guardarmi intorno per vedere che non ci sia qualche brutta faccia intorno, come mi ha detto la polizia, beh…questo è una cosa che non mi piace e non mi fa star bene”.

Avrà paura qualche volta?

“Diciamo preoccupazione perché la paura è una pessima consigliera. Ma preoccupazione sicuramente ce n’è tanta”.

La cosa che la preoccupa di più?

“Sicuramente che questi delinquenti hanno tirato in ballo anche la mia famiglia e quando tocchi la famiglia vai a colpire la parte più debole. Poi, voglio dire, io sono io e loro sono loro, siamo due entità diverse. Perché devi prendertela con la mia famiglia? Se devi colpire colpisci me, altrimenti significa che sei solo un vigliacco”.

Non crede che il clima di contrapposizione un po’ da tifoserie da stadio tra scienziati abbia contribuito ad avvelenare il clima, fomentando i vari leoni da tastiera?

“Certo, c’è stata una contrapposizione pesante. Molti, tra cui qualche collega, che si sono schierati da una certa parte, l’hanno fatto più per ideologia politica che scientifica. E questi sono i risultati! Chi ha assunto delle posizioni scettiche, per esempio nei confronti dei vaccini, quando poi sono arrivati, ha fomentato la divisione della gente in una sorta di tifoseria da stadio. Ma la scienza non è ideologia”.

Perché tra tutti gli scienziati hanno preso di mira proprio lei?

“Intanto non hanno preso di mira solo me. Io sono il primo che uscito allo scoperto, ma hanno ricevuto delle minacce anche Vaia, Pregliasco. Credo che dietro questi movimenti no vax e antiscientifici ci sia molta politica e quindi potrebbe darsi che una certa politica, che si è sempre schierata anche contro altri scienziati, non abbia aiutato in questo momento storico. Perché finché si trattava di dire ‘sono per la mascherina non sono per la mascherina’ o ‘sono per il lockdown non sono per lockdown’ si poteva fare dell’ideologia. Quando si tratta di vaccini l’ideologia deve scomparire”.

Dirige la clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova, a livello internazionale per la sua età asfalta colleghi più anziani, tutte le trasmissioni la vogliono, è considerato anche il più sexy tra le star della scienza. Lei ha successo. Non è che sono invidiosi?

“Questo assolutamente! Credo che ci sia molta invidia. Perché se lei legge i messaggi che arrivano soprattutto via social è evidente. C’è gente che mi dice: ‘Sei sempre in televisione, vai in reparto’. Non sanno che io vado sia in televisione che in reparto e riesco a fare molto bene entrambe le cose. Da un anno e mezzo a questa parte non sono mai mancato la mattina nel mio reparto e la maggior parte dei collegamenti che faccio sono via Skype e durano 10 minuti. Porto via tempo quasi sempre alla mia famiglia, perché si tratta soprattutto di collegamenti serali. Quindi la gente riversa su di me i propri malumori perché vede che sono una persona di successo. Sono purtroppo gli stessi che prima del Covid inveivano contro gli attori, i calciatori, i conduttori televisivi, in generale contro la gente che ha successo. Perché in questo Paese, invece di apprezzare quando qualcuno ha successo arrivandoci con i propri mezzi, si insinua che se ci sei arrivato significa che devi per forza aver fatto qualcosa di sbagliato. C’è un tipo di politica ideologica che fomenta queste persone. Infatti ho avuto diversi attacchi da una certa parte politica perché io ero uno dei consulenti del presidente Toti. È chiaro poi che, quando crei delle contrapposizioni politiche, qualsiasi presa di posizione scientifica viene vista da quel punto di vista. E di certo questo non aiuta”.

Le sarà capitato anche in corsia di suscitare qualche invidia o no?

“Beh certo! Da parte dei colleghi tantissime”.

Con Galli di bordate a distanza ve ne siete tirate parecchie. Mi dica la verità: non vi potete proprio sopportare?

“Non solo con Galli. Anche tanti altri colleghi gettano fango. L’altra sera mio figlio è tornato a casa piangendo, perché un bambino ai giardinetti gli ha detto che suo padre è un ladro perché fa il medico e che, invece di lavorare, vive in televisione. Purtroppo, questi messaggi arrivano anche da parte dei colleghi. Con Galli, credo che ci sia proprio un’incompatibilità caratteriale. Pensi che era un grande amico di mio padre, mi ha visto crescere ed è una persona che ho sempre stimato dal punto di vista scientifico. Poi dopo, secondo me, ha assunto delle posizioni talebane e ideologiche. E ritengo sbagliato quando l’ideologia sia…”

Politicizzata?

“Sì, credo di sì. Io posso dire in quest’anno di avere criticato praticamente tutti. Alcuni dicono Bassetti è di destra, ma io, quando Salvini difendeva il plasma iperimmune, sulla base dei dati l’ho smentito come, dall’altra parte, ho detto più volte che Speranza sbagliava. La scienza non deve avere colore politico”.

Secondo lei le varie Cassandre, da Galli a Crisanti, che si compiacciono delle loro previsioni catastrofiche perché lo fanno? Ricerca di visibilità?

“Secondo me, qui c’è stato un po’ il gioco delle parti. Io ho scritto un libro che ha come sottotitolo: “Lettura del Covid senza allarmismo e catastrofismo”, su questo messaggio ci ho fatto proprio una battaglia personale. Invece, altri anche quando c’è il bicchiere mezzo pieno, l’atteggiamento è sempre quello di vedere comunque il bicchiere mezzo vuoto: questo è un modo diverso di fare comunicazione. Ognuno si prenderà la responsabilità di ciò che ha fatto. Non sono io che devo giudicare, sarà il tempo a dire chi aveva ragione”.

La celebrità piace a tutti, anche agli scienziati e anche a lei. Infatti ha dichiarato che “la telecamera è una 'droga'”. È così?

“Guardi, la differenza che c’è tra il sottoscritto e gli altri è che io lo riconosco e gli altri no. Chiunque va in televisione ci va perché gli piace andarci. Non c’è nessuno che lo costringe e non è un ordine che ti viene dato dall’alto. Dico, con un’espressione forse un po’ forte, che è una 'droga' perché la televisione è una cosa che quando la fai e ti rendi conto che i tuoi messaggi arrivano e piacciono…beh fa piacere e quindi vuoi continuare a farla. Ma credo che potrò tranquillamente farne a meno!”.

Lei si definirebbe un po’ narciso?

“Sicuramente. Infatti, credo che chi va in televisione ci vada anche per narcisismo personale”.

Da chi le piace andare di più?

“Mi sono trovato bene un po’ dappertutto, devo dire”.

Avrà qualche trasmissione che preferisce?

“Se devo proprio dirle, ho costruito dei bellissimi rapporti con Alberto Matano, Mara Venier, Bianca Berlinguer, Nicola Porro. Come vede si tratta di trasmissioni trasversali. Vado sia su Rai 3 che su Rete 4. Ho iniziato con Quarto grado, Gianluigi Nuzzi insieme a Siria Magri sono stati i miei scopritori con cui ho costruito un rapporto che va oltre il piccolo schermo”.

E, invece, quando Bassetti guarda la tv cosa guarda?

“Mi piace tanto guardare lo sport, il calcio. Devo dire che mi sono appassionato molto anche alle serie televisive Netflix è diventato un po’…”

Un’altra 'droga'?

“Sì esatto. Ho visto La casa di carta e Vis à vis che mi hanno veramente stregato. Infatti in questi mesi, le serate che non ero in televisione, guardavo le serie televisive con mia moglie e i miei figli: un momento bellissimo per me”.

La prima cosa che fa Bassetti nel tempo libero, se ne ha?

“La prima cosa che faccio è dedicarmi ai miei figli e anzi ho bisogno quest’estate di un po’ di tempo per riappropriarmi del rapporto con loro, perché a livello fisico non sono mai mancato e ho sempre cercato di tornare a casa, ma mi sono reso conto che sono molto mancato dal punto di vista mentale. Per cui, quando Bassetti ha del tempo libero cerca, avendo dei figli adolescenti, di riconquistarli, cosa forse più difficile che sconfiggere il Covid”.

Lei è appassionato di calcio e ha fatto l’arbitro per anni. La Nazionale come se la sta cavando agli Europei?

“Praticamente tutte le sere che gioca la Nazionale ho un collegamento televisivo. Ho visto la prima partita e mi sembra un’ottima squadra. Mi piace da morire Roberto Mancini, sono sempre stato un suo grande fan. Ho anche avuto modo di conoscerlo recentemente. È una persona eccezionale, è l’uomo giusto al posto giusto”.

Quindi abbiamo chances?

“Guardi, Mancini è un vincente e con i vincenti ci sono sempre chances. Poi è un ottimista e tutti gli ottimisti sono vincenti, i pessimisti invece sono perdenti”.

Se scendesse in campo, a parte l’arbitro, che ruolo giocherebbe?

“Giocherei sulla fascia per mettere dei cross in mezzo per far sì che qualcuno faccia goal. Sono suggeritore più che un finalizzatore”.

Lei è un tipo che non fa sconti. Idee chiare, spesso tranchant senza risparmiare bacchettate o suggerimenti a chi decide. Mai pensato di fare politica?

“No… ovviamente in questo anno e mezzo è capitato che qualcuno me l’abbia chiesto. Credo che per il momento ci sia molto bisogno di me all’ospedale, in Università, quindi è lì che voglio continuare ad esserci. Poi se ci saranno proposte le valuterò”.

La davano anche come tra i papabili come ministro della Salute nel governo Draghi. Avrebbe accettato?

“Per uno come Draghi ci sarei andato a piedi a Roma. Perché è la personalità che stimo e stimavo di più. Un uomo di grande carisma, di successo con grande pragmatismo e intelligenza. È un uomo che sa e fa e in Italia non è facile trovare personaggi del genere. Draghi è unico nel suo essere infatti è colui che, nel momento più difficile per l’Italia, ne ha preso in mano le redini e mi pare che le abbia prese anche bene”.

Lei almeno sarebbe stato un ministro vaccinato, dato che abbiamo scoperto che Speranza non lo ha ancora fatto (cosa che ha fatto mercoledì dopo le polemiche)?

“Oltre ad avere un ministro già vaccinato avremmo anche avuto un ministro medico e in questo momento non sarebbe male. Avere durante una pandemia al ministero della Salute un esperto di malattie infettive, non dico io, avrebbe potuto giovare anche a livello comunicativo. Punto dove il ministro attuale ha mancato moltissimo”.

Le piacerebbe in futuro?

“Non so, vediamo. Uno dei problemi che può avere un medico il ministro sa qual è?”

No, me lo dica lei…

“È che noi siamo molto bravi quando facciamo il nostro mestiere e finiamo per mettere al centro della nostra agenda la materia in cui ci siamo specializzati. Ma avere una visione tolemaica della sanità è sempre sbagliato. Per fare il ministro bisogna svestirsi della maglia del tuo club, che sarebbe quello della specializzazione scientifica , e vestire quella della nazionale per essere il ministro di tutti”.

Lei che è un ottimista pragmatico ci sarà una cosa che abbiamo guadagnato in oltre un anno di pandemia?

“Beh...qualcosa abbiamo imparato. Per esempio, eravamo un paese di zozzoni. Se prima guardava nel bagno di un aeroporto o di un autogrill mediamente gli uomini, dopo aver fatto pipì, non si lavavano le mani. In questo spero sia arrivato il messaggio, vecchio di anni, che lavarsi le mani salva la vita. Forse stiamo imparando ad essere anche un po’ più ordinati. Noi italiani siamo i più disordinati del mondo, ci ammassiamo uno sull’altro in coda alla posta, sui treni, sull’aereo. Il distanziamento imposto dal Covid magari ci insegna un po’ di educazione civica. L’altra cosa che abbiamo imparato è che ci può essere un nemico invisibile dietro l’angolo e che è giusto adottare tutte le misure adatte a prevenirlo. Poi, stiamo capendo finalmente che i vaccini sono la più grande scoperta degli ultimi 100 anni, insieme all’acqua potabile e agli antibiotici. Negare questo è negare l’esistenza stessa del mondo”.

Quest’estate andrà al mare?

“Sì, assolutamente!”.

Dove nella sua Liguria?

“Sì, andrò a Celle ligure dove abbiamo la casa di famiglia”.

In spiaggia però ci andrà senza mascherina?

“Ma certo, ci vado già adesso senza mascherina! Guardi la Francia ha appena tolto l’obbligo della mascherina all’aperto, lo hanno fatto gli Stati Uniti e Israele. Noi naturalmente siamo sempre gli ultimi. D’altronde, se posso dirle, da un ministro che non si è ancora vaccinato mi aspetto che la mascherina la tenga.

E un ministro che per paura che gli si dica che si è vaccinato prima degli altri non si vaccina dimostra la pochezza della nostra politica. Il ministro della Salute avrebbe dovuto essere tra i primi a vaccinarsi. Oltre a dare un messaggio, sarebbe stato anche un modo per proteggere se stesso e le persone che incontra”.

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