Perché i milioni cinesi faranno bene al calcio di Milano

Inter e Milan verso nuovi proprietari asiatici

Perché i milioni cinesi faranno bene al calcio di Milano

Quindi Milano diventa cinese. Inter e Milan, ovvero il calcio di una città che non è esattamente secondaria per l'Italia, ovvero la città italiana che ha vinto di più in Europa. Arrivano capitali dall'Asia: stando alle ultime una quota rilevante dell'Inter (se non la maggioranza assoluta) e del Milan. Uno, due, in un lasso di tempo più breve di quanto si pensasse, perché se ne parla da tempo, ma si potrebbe fare tutto o quasi nelle prossime settimane.

Non è un male, non è un bene. Cioè non c'è un giudizio di valore. È normale. È sostanzialmente l'inevitabile che si manifesta: è un fenomeno ampio, se si pensa che dieci squadre su venti in Spagna hanno interessi cinesi, a cominciare dall'Atletico Madrid, appena sconfitto in finale di Champions League proprio a Milano. È un caso simbolico, questo. Perché l'Atletico è considerato mediaticamente l'alternativa autarchica ai modelli di Real e Barcellona, e invece è di proprietà straniera contrariamente alle due squadre più importanti di Spagna. A chi storce il naso adesso perché il calcio a Milano diventa cinese, a chi teme che si perda l'identità, a chi parla di fine definitiva del romanticismo bisogna portare proprio l'esempio dell'Atletico. E del Leicester: squadra campione d'Inghilterra e capace di realizzare la storia del decennio con i soldi di una famiglia thailandese. I capitali non hanno bandiera, non hanno nazionalità e non hanno colore. Non fanno identità: a tenere una squadra ancorata alla sua storia ci pensa ciò che gli costruisci attorno, la sua storia, i suoi valori e semmai i calciatori. Un club con un presidente italiano e quindi con soldi italiani, ma con undici calciatori in campo tutti stranieri non è molto meno italiana di una che ha soldi stranieri e un'ossatura italiana. Cosa che avviene appunto all'Atletico e al Leicester. Ma anche al Manchester United, il primo grande club internazionale a passare in mano a proprietà straniera (americana), ma rimasta profondamente inglese nella cultura calcistica. In un mondo ideale il proprietario potrebbe anche non essere qualcuno, ma qualcosa. Siamo noi che, un po' da provinciali, abbiamo avuto per troppo tempo l'idea che il presidente debba essere un ricco signore disposto anche a buttare i suoi soldi pur di provare a vincere. Berlusconi ha insegnato al mondo che si poteva importare il modello aziendale nel calcio e vincere. Poi il mondo è cambiato. E oggi servono più soldi e probabilmente più internazionalità. L'Inter ha svoltato in questa direzione già con Erick Thohir che oggi potrebbe far evolvere il suo modello coinvolgendo altri soci. Maggioranza o minoranza è quasi la stessa cosa.

Milano che diventa cinese asseconda semplicemente il mondo che cambia e che di fatto ha scelto per lei. Perché il Milan è di gran lunga la squadra italiana con più fan in Cina (e la terza in assoluto) con oltre 300 milioni. L'Inter arriva a 190 milioni. Diventare club a maggioranza cinese non è una diminutio per i tifosi italiani. Anzi.

Se arrivano soldi per costruire squadre competitive i primi a goderne saranno loro. Da qualunque parte arrivino, nel calcio i soldi devono essere funzionali a un progetto. Il progetto deve servire per vincere. E vincere nel calcio è un'altra cosa che non ha né colore né nazionalità.

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