"La Xylella fastidiosa è responsabile della malattia che sta distruggendo gli olivi nell’Italia meridionale". A sostenerlo è l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, sulla base dei risultati di uno studio che ha finanziato e affidato ai ricercatori del Cnr di Bari e del centro Basile Caramia di Locorotondo.
Un tassello importante, che mette in discussione le incertezze del passato su cui si fonda l'inchiesta della procura di Lecce che ha sequestrato gli ulivi salentini destinati all'abbattimento e iscritto nel registro degli indagati dieci tra funzionari della regione Puglia, scienziati e Giuseppe Silletti, comandante regionale del Corpo Forestale, all'epoca commissario straordinario.
La responsabilità della Xylella fastidiosa fino ad oggi non era una certezza scientifica. Gli stessi ricercatori parlavano di "Codiro", il "complesso del disseccamento rapido dell’olivo", frutto di una serie di concause, come l’azione dei funghi. E la mancanza di questa certezza ha giustificato lo stop agli abbattimenti.
Nel comunicato diffuso ieri dall'Efsa si legge che, nel corso delle ricerche andate avanti per due anni sono state sottoposte a sperimentazione colture mediterranee come l'olivo, la vite, gli agrumi, il mandorlo, il pesco, il ciliegio e il susino, ma anche specie forestali come il leccio e specie ornamentali come l'oleandro e la poligala mirtifoglia. I risultati ottenuti "confermano che il ceppo Codiro di Xylella fastidiosa provoca il deperimento dell’olivo - afferma Giuseppe Stancanelli, a capo dell’Unità salute di piante e animali dell’Efsa -. Si tratta di un importante passo avanti, in quanto potremo valutare con precisione il rischio che un'epidemia si diffonda dalla Puglia solo se colmeremo le lacune nelle conoscenze sulla gamma di piante ospiti e sull'epidemiologia del ceppo pugliese".
Le piante di olivo sottoposte a inoculo hanno evidenziato i medesimi gravi sintomi (disseccamento e deperimento) osservati sulle piante in campo aperto. Non tutte le varietà di olivo, però, hanno risposto allo stesso modo. Secondo i ricercatori occorrono maggiori test su un numero più esteso di cultivar di olivo per capire le diverse risposte ottenute. Gli esperimenti su campo hanno inoltre dimostrato che la sputacchina infetta (insetto largamente diffuso in Puglia) può trasmettere il batterio all’olivo, all’oleandro e alla poligala a foglia di mirto. L'infezione è stata rilevata sei mesi dopo l'esposizione agli insetti, quando le piante erano ancora asintomatiche. Invece agrumi, vite e leccio non sono stati infettati in modo sistemico né hanno sviluppato sintomi sospetti. Per ottenere dati conclusivi sulle piante con frutto a nocciolo sono necessari ulteriori osservazioni ed esperimenti. Tutte le piante inoculate saranno tenute sotto osservazione per almeno un’ulteriore stagione vegetativa, mentre gli esperimenti su campo verranno estesi per altri 10 anni.
"I risultati di questo progetto riducono in modo significativo le incertezze che circondano i rischi collegati al ceppo Codiro della Xylella fastidiosa per il territorio dell'UE e contribuiranno a pianificare le ricerche future – ha aggiunto Stancanelli -. Successivi esperimenti su campo e in laboratorio dovranno esplorare ulteriormente le risposte dell’olivo mediterraneo, con l'obiettivo di individuare varietà tolleranti o resistenti che possano essere coltivate dagli agricoltori nelle zone colpite da Xylella fastidiosa".
Alla luce di tutto questo c'è ora da capire cosa farà la regione
Puglia, che ha ripreso in mano dal 6 febbraio le redini della gestione della fitopatia, e non ha ancora emanato le nuove linee guida che indichino agli agricoltori cosa fare sui campi per contenere la malattia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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