Il coronavirus non diventa più aggressivo, pur continuando a cambiare per sopravvivere. La scoperta è emersa durante uno studio coordinato da Massimo Ciccozzi, direttore dell'unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell'università Campus biomedico di Roma, in cui sono state ricostruite le mutazioni del Covid-19, da quando è cominciato ad oggi. La ricerca verrà pubblicata nei prossimi giorni e potrebbe essere utile per arrivare a un vaccino.
Lo studio
Ciccozzi fa una premessa e spiega che nell’indagine si fa riferimento alla Sars del 2002-2003, cioè l’ultima epidemia da coronavirus che abbiamo avuto. Come riferisce Il Messaggero, il team guidato dall’epidemiologo molecolare ha scoperto che il Covid-19 ha avuto due mutazioni fino a questo momento. La prima variazione lo rende più contagioso della Sars, mentre la seconda lo rende meno letale. Per capire meglio quanto detto, basti pensare che il tasso di mortalità del coronavirus è intorno al 3% e quello della Sars è invece del 9,8%. Ciccozzi spiega che una delle prime preoccupazioni era di doverlo fermare perché cambia aspetto. Ma varia perché deve in qualche modo scappare dalla risposta immunologica dell’ospite.
Nonostante il Covid-19 sia meno pericoloso della Sars, non si può sapere se in futuro possa subire nuove mutazioni che lo renderanno più aggressivo. Intanto, però questa scoperta apre degli scenari rassicuranti. A questo proposito, il gruppo di Ciccozzi ha esaminato le sequenze del virus, quelle cinesi e qualche sequenze europea. L’epidemiologo molecolare evidenzia che la ricerca voleva analizzare se nel corso del tempo fosse cambiato qualcosa. Ed ha scoperto che il virus ha fatto qualche variazione ma di lieve entità. In termini prtici, non ci sono state mutazioni deleterie per noi durante un mese e mezzo di epidemia.
Ciccozzi anticipa che insieme all’ospedale Sacco ha intenzione di mettere insieme tutte le sequenze cinesi e italiane per capire se è cambiato qualcosa. Inoltre, il team di ricercatori vuole datare l’epidemia nel nostro Paese. Gli scienziati del Campus biomedico hanno quindi identificato il punto esatto in cui è cominciato il Covid-19 in Cina.
La prima persona si è infettata a metà dicembre, mentre la data della prima infezione italiana si potrebbe collocare tre-quattro settimane prima della scoperta del cosiddetto “paziente 1”.Nel frattempo ci sono possibilità di arrivare a un vaccino. Ciccozzi sottolinea che una parte del virus non cambia mai ed è conservata. Proprio quest’ultima potrebbe essere usata come vaccino.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.