Mauro Coruzzi in passato è stato Platinette, parruccone color platino, tacchi alti, movenze ammiccanti e battute irriverenti. Uno dei personaggi più popolari e amati della tv italiana. Ora è un uomo nella sua età matura, consapevole e soddisfatto della sua carriera e della sua capacità di essersi saputo sempre autodeterminare al di là di ogni etichetta.
Con Mauro Coruzzi abbiamo parlato della sua Platinette, dei suoi affetti professionali e delle sue posizioni, controcorrenti, sull’invasione del politicamente corretto.
Come inizia la sua carriera nello spettacolo?
“Essendo una pioniera delle radio private. A Parma, nel gennaio del ’75, apre Radio Parma, la prima radio privata continuativa. Mi trovai a fare una specie di provino, non che fosse un lavoro perché non era nemmeno retribuito, e feci parte del primo gruppo di pionieri. Tra l’altro da un anno sono tornato, con una collaborazione marginale, con una mia trasmissione in quella radio. È iniziato per pura passione ed è continuato per la stessa ragione”.
Quando e perché ha deciso di adottare un travestimento?
“Non ho deciso. Capita nella vita che vi siano delle occasioni che fanno sì che ci si innamori di una possibilità. A metà degli anni ’70 andai a vedere un gruppo a Parma che si esibiva in un club, erano i cosiddetti “trasformisti” uomini, vestiti da donna come nel teatro elisabettiano. La sera dopo averli visti mi sono unita a loro. Così cominciò questa seconda opzione di comunicazione del teatro, del cabaret in locali molto alternativi. Anche in questo caso c’era pura passione scoperta da spettatore con il desiderio di farne parte”.
Quando ha capito che il suo personaggio, quello di Platinette, aveva avuto successo?
“Il passaggio verso la popolarità più diffusa è avvenuto con Costanzo quando mi ha adottò, prima della fine dello scorso millennio, e fece di me uno dei più ricorrenti ospiti al Costanzo Show. Credo sia stato quello il passaggio alla popolarità nazionale. Ma sa, non si finisce mai di mutare, men che meno adesso”.
Quali sono le esperienze che l’hanno maggiormente segnato nella sua carriera? C’è qualcuno che si sente di ringraziare per aver creduto in lei?
“Non è tanto che abbiano creduto in me è che hanno avuto molto coraggio ad adottarmi, prima di tutto Maurizio Costanzo e poi, qualche tempo dopo, Maria De Filippi che mi ha voluta per 10 edizioni ad “Amici”, l’ultima lo scorso anno con “Amici Celebrities”, una versione speciale di quel programma meraviglioso. E poi Grazia Di Michele, con la quale ho partecipato a Sanremo. Io prima ero suo fan, poi sono stato vicino a lei nell’esperienza di “Amici” e poi siamo andati a Sanremo insieme con la canzone “Sono una finestra”. Lei ha avuto un gran coraggio, e insieme a lei l’ha avuto Carlo Conti che ha accettato nel 2015 quella canzone al Festival. Nemmeno noi credevamo di riuscire ad arrivare alla finale. È stata un’emozione probabilmente irripetibile talmente era fuori dalla norma per me”.
Parliamo di intrattenimento. Lei l’ha visto LOL?
“No, non l’ho visto e nemmeno mi attrae l’idea di farlo. Difficilmente rido quando i programmi sono dichiaratamente comici. Ma non perché sia un bastian contrario, agisco in un altro modo, mi fa ridere l’inaspettato. Non amo particolarmente i comici né moderni, né datati, amo le sorprese. Ho scoperto da poco Ricky Gervais, il comico più sorprendente che ci sia. In Italia mi ha fatto ridere per decenni, ma alla sua maniera, Franca Valeri. Attrice irraggiungibile per humor, classe, stile. Il comico, in generale, non mi attrae".
Nelle ultime settimane ha tenuto banco un dibattito serrato sul monologo contro il politicamente corretto di Pio e Amedeo. Lei cosa ne pensa?
“Il politicamente corretto è diventato un nuovo codice. Le regole sono fatte per essere infrante. Mi è piaciuto essere spiazzata e sorpresa, nella tv commerciale, generalista, in prima serata. Anche se i due non sono certo nuovi alla “trasgressione”. L’hanno cavalcata in maniera inconsueta perché si rivolgono a un pubblico semplice. Perciò è un po’ rischioso quello che hanno fatto Pio e Amedeo ma encomiabile. C’è chi usa quel linguaggio scorretto solo perché è ignorante fino in fondo e non ci sono cure se non quella di istruirli. I ragazzi hanno trovato un sistema per farlo, hanno inviato un messaggio in maniera comprensibile anche a un pubblico meno strutturato. Non mi è affatto dispiaciuta l’idea. Anche se per me il politicamente scorretto è una regola, al contrario vorrei qualcuno che mi invitasse a essere corretto e a farmi capire quale sia il limite tra correttezza e offesa. Io non lo conosco”.
Per la satira può essere un pericolo il nuovo codice del politicamente corretto?
“I codici hanno una ragione d’essere, l’importante è che chi li pratica e li osserva in maniera puntigliosa non diventi un integralista. Perché non c’è nulla di più terribile dell’integralismo a tutti i costi. Sia l’integralismo del politicamente scorretto a tutti i costi, sia l’integralismo di chi reputa il bacio alla principessa addormentata una forma di violenza perché lei non era consenziente. Qualcuno potrebbe dire il contrario, meno male che il principe l’ha risvegliata sennò quella poveretta restava intontita per tutta la vita”.
E soprattutto perché l’interpretazione unica dei fenomeni diventa assolutista.
“Basti pensare che il pensiero “correct” definisce “Via col vento” un film razzista. In pochi sanno che Hattie McDaniel, la Mami di Rossella Ohara, era lesbica. Quindi dov’è la scorrettezza?”.
Ha paura del Covid?
“Neanche un po’. Mi hanno detto che sarebbe possibile accelerare i tempi per la vaccinazione con Astra Zeneca e a Roma, facendo una richiesta, si potrebbe essere vaccinati quasi subito. Voglio vaccinarmi il prima possibile e togliere davanti questo mezzo incubo spianando l’orizzonte da questa ombra orrenda”.
Come ha vissuto i mesi più duri del lockdown?
“Con la inaspettata voglia di migliorare. Ho avuto più tempo per pensare a ciò che per me è stata una forma estranea di cura come quella del corpo, della salute, del mangiare po’ meno peggio. Ho imparato a farmi un po’ meno male per calcolo, perché non avendo davanti un futuro luminoso ma avendo alle spalle una luminosa carriera fatta di abbuffate e di problematiche legate al comportamento alimentare, ho deciso di disfarmi di quella zavorra. Voglio vivere il rimanente del viaggio terreste in maniera più agevole, potendo continuare a lavorare non sentendo il peso del peso. Ho fatto più tapis roulant, più esercizi con gli elastici. Ginnastica casalinga insomma o aerobica di una volta. Imitando Jane Fonda, alla mia maniera”.
Cosa ne pensa della gestione della pandemia dal governo Conte prima e da quello di Mario Draghi ora?
“Credo che ci sia stato un atteggiamento un po’ moralistico rispetto alle tutele, all’imposizione degli orari. Non capisco perché dopo le 10 di sera tutto diventa pericoloso e peccaminoso, o perché subito si sia pensato di chiudere i luoghi della cultura. Nei musei è facilissimo adottare il distanziamento, mi sembra uno dei luoghi più sicuri, anche qualora avesse dovuto ospitare scolaresche. Come se ci fosse, di fondo, una forma di moralismo di base, come se si dicesse ai cittadini che devono accontentarsi di mangiare, bere, andare a lavorare, stare molto attenti a tornare a casa e non azzardarsi a uscire per andare al cinema, al teatro, in un postribolo o in un luogo in cui ci si può infettare della curiosità di vivere una vita un po’ meno ordinaria. Perché decido io quello che può fare o non puoi fare”.
Non ha riscontrato discontinuità in questo moralismo che lei individua tra il governo Draghi e il governo Conte?
“Direi che cambiano solo le sfumature. Ma sa le sfumature le conoscevo da prima usando i rossetti e gli ombretti da decine di anni. Per cui francamente no. Direi che ora c’è ancora più moralismo perché è travestito dall’esatto contrario, dalla cosiddetta “semilibertà” nella quale stiamo agendo. Cioè rende il tutto ancora più sinistro. In Spagna il sindaco donna di Madrid ha fatto una mezza rivoluzione facendo e rischiando parecchio su questo fronte, con un liberalismo molto più spinto. In un paese che a quanto pare ha sofferto più del nostro. Il paragone mi fa pensare che ci sia qualcosa che non ha a che fare né con la politica né con il potere, ha a che fare con l’intuito e la lucidità”.
Cosa ne pensa di Giorgia Meloni, unico leader di partito donna?
“Credo che sia l’espressione di quanto le contraddizioni siano patrimonio sembra inestinguibile della sinistra. Per anni ha detenuto tutte le opzioni possibili e immaginabili sulle donne e non è stata in grado di produrre una leader. Così come se penso a una leader vera, non proprio freschissima, dopo Nilde Iotti, la più recente si chiama Irene Pivetti e aveva 30 anni. Paradossalmente la destra, che dovrebbe essere maschilista e omofoba, ha messo nelle mani di un capo di partito come la Meloni decisioni da importanti. La signora Meloni è una donna di impeto e di spirito, fa quello che ora tocca fare, l’opposizione e da lì ha un ruolo preciso. Dovrà prima o poi venire a patti con una società un po’ diversa rispetto a quella che si è costruita intorno a Fratelli d'Italia e alla destra in generale. Ci sono le nuove famiglie e nuove realtà che vanno affrontate. Non credo per nulla che sia una persona omofoba, anzi ho l’impressione che sia molto più aperta di quanto la si voglia far sembrare. Però politicamente deve cedere alcuni fronti se vuole realmente diventare una leader donna aperta e senza quella specie di freno che ha avuto fino a ora. Credo abbia avuto paura di perdere i suoi elettori che, però, secondo me sono più svegli di quanto si potrebbe pensare e potrebbero comprendere il perché di un allargamento ad altre parti della società”.
Secondo lei l’Italia è un paese a rischio di discriminazioni? Che possono essere razziste, omofobe o contro tutto ciò che viene visto diverso?
“Non credo. Credo che sia una forma di egoismo da parte di chi il potere è abituato ad avercelo e non lo cede con molta facilità. Gli uomini sono più esclusivisti. Credo ci sia come una forma di DNA segnato dall’idea del favore. Non che sia malevola come pratica ma sarebbe più gradevole se fosse fatta al di là del tornaconto personale. Detto questo finché una donna non sarà al potere reale, e non solo come ministro o dirigente di rete televisiva, le cose non cambieranno. Anni fa, quando era ancora in vita Marco Pannella, i Radicali proposero Emma Bonino come presidente della Repubblica, allora le cose potevano cambiare”.
Cosa pensa di Matteo Salvini?
“Che ha cambiato molte fidanzate ma non vedo un legame. Ma sa per me gli uomini dal punto di vista del desiderio sono come l’America prima di Cristoforo Colombo, un territorio completamente sconosciuto. Dalla Verdini alla Isoardi ci passa un continente. Io non riesco a pensare nient’altro di lui, non so se sia un bravo stratega o un bravo comunicatore. Non ho antipatie o simpatie. Posso dire però che tempo fa fui invitata a una trasmissione in diretta a Radio Padania, un’esperienza bellissima, priva di offese, erano interessati a capire chi fossi così come io ero interessata a capire chi fossero loro. Non che mi abbia fatto acquisire simpatia per Salvini. Vedo molto meno presente questa radio di quanto non lo fosse un tempo. Se me lo dovessero chiedere un’altra volta ci tornerei. Peccato solo che avessero una macchinetta del caffè orrenda”.
Ha qualche rimpianto? Qualche errore che non rifarebbe?
“Rimpianti ne ho troppo pochi, non è il caso che li racconti. Ho fatto quel che ho voluto e l’ho fatto senza dover appartenere a un genere o a una categoria, o etichettandomi e divenendo promotore o essendo simbolo di qualcosa”.
Cosa ne pensa del dibattito di questi giorni sul DDL Zan?
“Guardi, io l’ho detto e lo dico sempre, non è mettendo delle gabelle o una legge che prevede anche la detenzione per chi si esprime diversamente rispetto alle cosiddette norme che si risolvono queste problematiche. La norma va insegnata a coloro che sono ignoranti attraverso il comportamento. Il mio comportamento, uscendo dalle regole e dagli steccati di “uomo”, “donna”, “travestimento”, “barba lunga”, “pancia enorme”, “dimagrimento”, tende a dimostrare che tutto è possibile e che questa possibilità non è legata alla ideologia ma alla pratica che ci fa rispettare non perché abbiamo un orientamento sessuale piuttosto che un altro. Poi certo è molto difficile che uno stronzo codardo picchiatore attraverso una legge, di cui magari non sa nemmeno l’esistenza possa cambiare, mentre è più facile che la sua mentalità si possa modificare se vede intorno a sé degli esempi che non lo spingono a delinquere o ad essere violento”.
Qual è la sua più grande paura?
“Quella di non fare in tempo a godere dei cambiamenti che sono così veloci e che rendono il passare del tempo sempre più ansiogeno. Perché sai che accadranno delle cose e non le vedrai.
Non so cosa potrà accadere di più rivoluzionario dopo il monopattino, vedere queste persone che non camminano eppur si muovono. Questo già mi rende estraneo alla società, non appartenente a quella che domani chissà cosa proporrà, forse le macchine volanti. Insomma non so cosa aspettarmi e mi spiacerebbe non vederlo”.
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