Il governo inventa la Local tax: è la solita stangata sulla casa

La nuova imposta, che riunisce Imu e Tasi, coprirà il 65% delle entrate tributarie dei Comuni. La Cgia: cambiare le sigle non serve, si smetta di spremere i proprietari di immobili

Il governo inventa la Local tax: è la solita stangata sulla casa

Parola d'ordine semplificare. Come no. Dal gennaio 2016 la tassazione sulla casa cambia solo «trucco». La Local tax sostituirà l'Imu e la Tasi e assorbirà (pare) il 65 per cento delle entrate tributarie comunali. Altro modulo, altre trappole fiscali, ennesimo capitolo di un infinito marasma burocratico che, per ora, semplifica la carta. E non ci farà risparmiare un euro. Vediamo perché.

Secondo un calcolo della Cgia di Mestre l'eventuale (il condizionale è sempre d'obbligo) sostituzione di una serie di tasse comunali con la Local tax porterebbe in un'unica soluzione 26 miliardi nelle casse dei Comuni. La Cgia ha anche elencato le principali imposte/tasse comunali e i relativi gettiti che potrebbero essere sostituiti dalla nuova tassa unica. Tra Imu e Tasi (21,1 miliardi di euro), l'addizionale comunale Irpef (4,1 miliardi di euro), l'imposta sulla pubblicità (426 milioni di euro), la tassa sull'occupazione degli spazi e aree pubbliche (218 milioni di euro), l'imposta di soggiorno (105 milioni di euro) e l'imposta di scopo (14 milioni di euro), il gettito totale si aggira sui 26 miliardi di euro: soldi che i sindaci dovrebbero incassare con la Local tax. Ovviamente, fanno notare dalla Cgia, siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma le indiscrezioni che sono emerse in questi ultimi giorni lasciano presagire che dal primo gennaio l'Imu, la Tasi, l'addizionale comunale Irpef e una serie di piccole imposte minori dovrebbero lasciare il posto alla «tassa unica». «L'eventuale semplificazione della tassazione comunale - segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - dovrebbe rendere più facile pagare le tasse. Ma il punto è un altro. Oltre a semplificare bisogna ridurre il peso delle entrate, visto che a partire dal 2011, ultimo anno in cui gli italiani hanno pagato l'Ici, la tassazione su botteghe, piccoli negozi e uffici ha subito un'impennata spaventosa, a causa dell'introduzione dell'Imu e, successivamente, della Tasi».

In generale la Cgia ha calcolato le probabili incidenze della tassa unica sulle grandi città. 69 per cento a Milano, 66 a Roma, 57 a Bologna e 52 a Firenze, Genova e Torino. Sotto la media nazionale Perugia (47%), Palermo (45), Reggio Calabria (38), Venezia (36) e Napoli (33). «Oltre all'imponente sforzo economico che i proprietari degli immobili sono chiamati a sostenere - commenta il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - gli italiani sono costretti a farsi carico di un costo addizionale per espletare le operazioni di pagamento che non ha eguali in Europa». Secondo i dati della Banca Mondiale, infatti, per onorare le tasse nel nostro Paese sono necessari 33 giorni lavorativi. Nell'area dell'euro solo il Portogallo sta peggio. «Pertanto, ridurre il numero di tributi sulla casa non dice nulla e non importa agli italiani. Serve solo tagliare il peso fiscale che preme sugli immobili». Bortolussi ricorda che tra il 2010 e il 2014 la tassazione sulla casa è raddoppiata, mentre il valore economico delle abitazioni è sceso in media del 16%. «Due fenomeni - commenta - di segno nettamente opposto che hanno contribuito a impoverire gli italiani».

«Una ridda di sigle addirittura imbarazzante.

Inizialmente - chiude Bortolussi - si parlava di Service tax, poi di Isi, Imposta per i servizi indivisibili, poi Trise, Tuc, infine Iuc, che attualmente include Tasi, Imu e Tari. In attesa della Local tax, non ci rimane che sperare che gli esperimenti e il dilettantismo di coloro che li hanno compiuti siano finalmente conclusi».

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