Anche Mario Draghi, ex premier italiano ed ex presidente della Banca centrale europea, bacchetta la strategia Ue in tema di transizione energetica riferita alle auto e, nel richiesto Rapporto sulla competitività dell'Unione europea, espone il suo pensiero affinché gli obiettivi di decarbonizzazione siano raggiunti senza intaccare, come sta invece accadendo, competitività e tenuta del sistema automotive. «Questo settore - il messaggio principale lanciato da Draghi alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen - rappresenta un esempio chiave della mancanza di pianificazione dell'Unione europea che applica una politica climatica senza una politica industriale. Il principio di neutralità tecnologica non è sempre stato applicato nel settore automobilistico».
Soddisfatto dell'intervento di Draghi è il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che legge nelle affermazioni dell'ex premier, «il prevalere finalmente della ragione, come sempre da noi sostenuto, anche sulla neutralità tecnologica». E aggiunge: «L'Europa cambi davvero. E subito! Servono ingenti risorse comuni, con un Industrial act che ponga al centro le imprese e il lavoro».
Draghi si sofferma, nella relazione, su quello che definisce «l'ambizioso obiettivo di zero emissioni allo scarico da raggiungere entro il 2035, con la rapida penetrazione sul mercato di veicoli elettrici e l'eliminazione graduale delle nuove immatricolazioni di vetture endotermiche», precisando, però, che «l'Ue non ha dato seguito a queste ambizioni con una spinta sincronizzata per convertire la catena di fornitura».
Guardando ai programmi sulla mobilità elettrica, il Rapporto sottolinea, infatti, come «l'Europa, nel suo complesso, è molto indietro nell'installazione di infrastrutture di ricarica». Solo nel 2017, in proposito, Bruxelles ha lanciato la «European Battery Alliance», mentre la Cina è partita 5 anni prima, nel 2012, concentrandosi su una catena di fornitura completa per i veicoli elettrici proprio da quel momento. Una strategia portata rapidamente avanti su larga scala e che vede ora Pechino essere di una generazione avanti nella tecnologia della mobilità a batteria. Da qui gli importanti benefici che hanno consentito di produrre a costi inferiori.
Nulla di nuovo, in effetti, ma di fatto la certificazione di come il progetto del «tutto elettrico» dal 2035 sia stato programmato senza tenere conto delle basi necessarie.
A questo punto, si legge ancora nel Rapporto sulla competitività, «le aziende europee stanno già perdendo quote di mercato, tendenza che potrebbe accelerare, mentre la penetrazione delle case automobilistiche cinesi per i veicoli elettrici nel Vecchio continente è salita dal 5% nel 2015 a quasi il 15% nel 2023, mentre quella dei costruttori europei nel mercato europeo delle auto a batteria è scesa dall'80 al 60 percento». In sintesi, ecco le due parole chiave che caratterizzano il Rapporto: urgenza e concretezza. Il commento a caldo di Carlo Fidanza, capo delegazione di Fratelli d'Italia a Bruxelles: «Anche se faranno a gara per dirsi d'accordo, oggi i fautori della decrescita felice europea hanno preso un sonoro schiaffone».
Infine, preoccupazione per i possibili tagli in casa Volkswagen è arrivata dal
commissario Ue uscente Thierry Breton: «Occorre mantenere e preservare competenza, forza innovativa e competitività». Il flop dell'auto elettrica? «I produttori europei non sono riusciti a convincere i clienti dei suoi vantaggi».
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