Nell’anno della pandemia e dei lockdown c’è un settore che non si è mai fermato ed è stato fondamentale per alimentare la logistica dei trasporti di merci in Italia e verso l’estero: è quello della produzione di imballaggi in legno in cui operano 1.548 imprese con 12.913 addetti e che nel 2019 ha incrementato del 2% il proprio fatturato per un valore complessivo di 1.758 milioni di euro.
Cifre importanti di un “sistema” che riunisce la produzione di imballaggi industriali (casse e gabbie), pallet, imballaggi alimentari (ortofrutticoli, ittici, cassette per il vino), riparatori (che reimmettono sul mercato prodotti già utilizzati) e, seppure in una fase di crescita, è alle prese con costi della materia prima in aumento di oltre il 20% e forniture a rischio per ritardi nelle consegne del legname che per ben l'80% proviene dall’estero, in gran parte abete. Situazione che preoccupa le aziende, come spiega Ezio Daniele, presidente di Assoimballaggi, l’associazione di FederlegnoArredo che rappresenta oltre 300 aziende italiane del settore, ed è amministratore delegato della Imballaggi Valtanaro Spa.
“Stiamo monitorando con attenzione la situazione perché i volumi di produzione ci sono e l’aspettativa è quella di uscire da questa emergenza sanitaria e di vedere i consumi tornare a crescere in modo importante, ma costo del legname e approvvigionamento di materia prima stanno creando forti problemi alle nostre aziende - spiega -. Uno dei motivi è che Cina e Stati Uniti stanno facendo acquisti importanti sul mercato europeo di legname segato: questo ha creato la tempesta perfetta perché da un lato ha fatto esplodere i prezzi dall’altro, cosa più grave, non c’è più regolarità dei flussi delle forniture. Alcuni importanti segherie europee prendono ordino solo da aprile in avanti e non fissano più il prezzo, lo decidono solo a ridosso della consegna”.
Per un settore e una filiera virtuosa e green pesa la forte dipendenza dalle forniture estere. Nel 2019 l’import è aumentato del 4,9% per un valore totale di 195 milioni di euro, soprattutto per effetto dell’aumento di acquisti di pallets dalla Polonia nostro primo fornitore (+18,2%) e di Imballaggi industriali e ortofrutticoli dalla Francia (+28%).
“In Italia abbiamo aziende d’eccellenza di grandi dimensioni e piccole segherie flessibili in grado di offrire prodotti unici, su misura, con un potenziale enorme che investono e puntano sull’innovazione e la sostenibilità. Siamo anche la cartina di tornasole dello stato dell’economia perché senza i nostri prodotti le merci non partono. Se abbiamo tanto lavoro vuol dire che si produce molto - aggiunge Daniele - e non ci si rende conto di quanto è importante il nostro prodotto per la la movimentazione delle merci e la logistica. Merci che viaggiano su automezzi, treni, navi, aerei alimentando il commercio mondiale”.
“Ma quello che serve per accompagnare la crescita consentendoci di continuare a essere competitivi è una nuova politica forestale nazionale più attenta ai bisogni di tutta la filiera del legno che dia la tranquillità e la certezza che ci siano risorse boschive da utilizzare. Chi è quell’imprenditore che fa un investimento rilevante, di milioni di euro, in una segheria se non ha la certezza di avere tronchi da tagliare per un certo periodo di anni? - si chiede Daniele -. Il legno è una delle principali voci passive per la bilancia commerciale dell’Italia, ed è un peso che andrebbe alleggerito guardando al futuro, ragionando con un visione e una prospettiva di lungo termine. La tempesta Vaia ha dimostrato quanto siamo deboli perché il 30% dei tronchi sono finiti in Austria dove li hanno tagliati e poi ce li hanno rivenduti…”.
“Pensare che l’Italia è coperta per un terzo da boschi, anche se una parte importante sono cedui e non da opera, ma importiamo oltre l’80% dei tronchi che sono utilizzati mi fa un pò rabbia. Austriaci, tedeschi, francesi, svedesi, finlandesi per ogni albero tagliato ne ripiantano almeno tre. Se noi adottassimo una politica forestale di questo tipo avremo importanti ricadute economiche e occupazionali: lavorare nei boschi, aprire segherie significa creare occupazione sana usando materiale biodegradabile e rinnovabile. I nostri prodotti sono al centro dell’economia circolare. Il consorzio Rilegno, che fa parte di Conai, nel 2019 ha recuperato 2 milioni di tonnellate di legname, il 75% di quanto immettiamo sul mercato, una performance che ci pone ai vertici in Europa. L’imballaggio in plastica quando ha finito la sua vita diventa un rifiuto, quelli in legno no, finito il viaggio può essere utilizzato per altri trasporti, può essere triturato per fare agglomerati in legno, usato come biomassa e produrre energia”.
“Come Assoimballaggi siamo impegnati da un lato a cercare di far capire al mercato le difficoltà che abbiamo, con la necessità di adeguare i nostri listini per i clienti, dall’altra a cercare di far capire che il nostro è un prodotto etico che ha un futuro ecosostenibile dialogando con le istituzioni - conclude Ezio Daniele -. Il bosco è un bene ambientale da proteggere assolutamente ma è anche una risorsa economica per il Paese. Le due cose non sono in antitesi: i boschi non gestiti sono molto più deboli di quelli gestiti e curati. Per questo serve una svolta, una politica nazionale, delegando alle regioni alcune specifiche attività perché nessuno conosce il territorio come chi ci vive.
In tema di sostenibilità e qualità garantita del prodotto, assieme a Federlegno, stiamo lavorando perché ci sia un’unica certificazione invece delle due attuali che svolgono funzioni identiche, una semplificazione importante per le nostre aziende”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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