Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha ribadito il suo pensiero sul rischio della spirale prezzi-salari. Ventilando anche il pericolo che, di fronte a un'inflazione resistente, la Banca centrale europea reagisca con ulteriori strette monetarie. Chiediamo a Pierpaolo Bombadieri, segretario nazionale della Uil: come la prendono i sindacati?
«Forse gli effetti della leva monetaria in Europa non sono così scontati. Il premio Nobel Joseph Stiglitz, ad esempio, ha criticato le politiche delle banche centrali sostenendo che, data la natura anomala dell'inflazione, l'innalzamento dei tassi di interesse non avrà effetto e non contribuirà a far diminuire i prezzi. Noi, insieme con il sindacato europeo, condividiamo questa opinione, tanto più che tale scelta non solo si scarica sui ceti meno abbienti, ma scoraggia gli investimenti, proprio mentre molti decisori politici, soprattutto europei, li reclamano a viva voce. Peraltro, la stessa Bce ha riconosciuto che l'inflazione è causata anche dagli extraprofitti generati da molte aziende».
Anche la relazione tra salari e prezzi temuta da Visco ha radici lontane nel tempo. Ma è ancora valida in questo momento storico?
«Lo scorso mese di novembre il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato uno studio sulla spirale salari-inflazione (Wage-Price Spirals: What is the Historical Evidence) e ha dimostrato che un aumento dei salari nominali non conduce necessariamente a un aumento dell'inflazione. Mentre Olivier Blanchard, keynesiano tra i principali economisti al mondo ed ex direttore dell'Fmi, ha recentemente sostenuto che quella dell'inflazione è anche una questione politica, sociale e di redistribuzione. Quindi non può essere lasciata alla totale discrezione delle banche centrali, ma richiede anche interventi di politica fiscale, a partire dalla tassazione degli extraprofitti e dai sussidi ai lavoratori per il caro energia. Dunque, in un contesto in cui i lavoratori italiani continuano a impoverirsi e a non arrivare alla fine del mese a causa di salari da fame, continuiamo a utilizzare i classici strumenti macroeconomici? Oppure proviamo ad andare oltre? Come recuperiamo il potere d'acquisto con un'inflazione che vale il 12 per cento?».
Cosa propone?
«Da tempo chiediamo una svolta nelle politiche salariali. La contrattazione resta lo strumento migliore su cui far leva, tant'è che, in gran parte d'Europa, grazie alla contrattazione, sono stati concessi aumenti a doppia cifra percentuale. In più, servono provvedimenti legislativi per la detassazione degli incrementi contrattuali di primo e di secondo livello e una sostanziosa riduzione del cuneo fiscale».
E lei crede che questo sia politicamente ed economicamente il momento più giusto?
«La natura riformista del nostro sindacato ci fa valutare, senza preclusioni, il merito delle questioni.
Lo sviluppo richiede logiche e soluzioni espansive e non conservative. Noi, quindi, rivendichiamo, con forza, gli aumenti salariali, non solo per motivi di giustizia sociale, ma perché così ne trarrà giovamento tutta l'economia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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