A Trieste il braccio di ferro tra Wartsila e la Daewoo

Lo scontro sulla chiusura italiana del gruppo finlandese diventa un caso diplomatico con la Corea del Sud

A Trieste il braccio di ferro tra Wartsila e la Daewoo

Braccio di ferro al Porto di Trieste. Mentre lavoratori e sindacati da un lato e gli strateghi delle leggi navali internazionali della Daewoo dall'altro studiano le strategie - gli uni per bloccare il carico dei 12 motori che la nave Uhl Fusion deve trasportare in Corea del Sud, gli altri per riuscire a portare a bordo le pesantissime apparecchiature - in piazza Unità d'Italia si è aperto un nuovo fronte sulla vicenda Wartsila, portando il confronto su un livello istituzionale. Ma non tra Finlandia e Italia, bensì tra Roma e Corea del Sud, paese della Daewoo.

Il console coreano Kang Hyung-shik ha avuto un colloquio a distanza con il prefetto di Trieste Annunziato Vardè per appellarsi al diritto internazionale. Un incontro in fair play, «improntato alla massima cordialità», che non ha risolto i nodi della questione. Fissando però, secondo quanto si apprende, dei punti fondamentali, come la conduzione di un braccio di ferro entro il perimetro della legalità evitando qualunque scontro. Ma il Prefetto ha spiegato che la protesta non è isolata, al contrario riscuote unanime solidarietà da parte di tutte le istituzioni, oltre che della società civile e dei sindacati.

Sempre in piazza Unità, ma di fronte alla Prefettura, in Regione, il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, ribatte punto per punto ma frena per la prima volta sull'esito della vertenza: la procedura relativa alle vertenze come quelle della Wartsila ha «una norma che favorisce la delocalizzazione», essa prevede «penali irrisorie» per chi delocalizza «anche per quelle aziende che fanno utili nel nostro Paese». È lapidario Fedriga: la norma «mette la pistola alla testa di istituzioni e sindacati. Se non firmano la procedura non possono garantire la cassa integrazione, se firmano, avallano il piano dell'impresa che vuole delocalizzare». E per chi, come il segretario generale della Uilm-Uil Rocco Palombella, insiste sull'ipotesi di nazionalizzare l'impianto triestino, precisa: «Wartsila ha bloccato l'utilizzo dei brevetti per Wartsila Italia, dunque cosa produrrebbe oggi l'azienda?», occorrerebbe attendere almeno 5 o 6 anni. Il muro delle leggi e della burocrazia si ispessisce, Fedriga difende il ministro Giorgetti, tuttavia annuncia che sarà «presente il 3 settembre alla manifestazione» definendo «folle» l'impostazione di Wartsila.

E finalmente si rifà vivo anche il Gruppo finlandese: con tradizionale stile nordico non arretra di un millimetro e ribadisce che il «proprio operato è in conformità al quadro legislativo italiano», e segue «correttamente la procedura indicata

dalla legge, che prevede al termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione di avvio della stessa, la presentazione di un piano per mitigare le ricadute occupazionali ed economiche conseguenti alla decisione presa».

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