Si fa presto a dire radio. Un conto è lanciare la hit del momento, oppure intervistare l'ospite, per quanto ostico possa essere. Un altro confrontarsi con uno degli spauracchi veri di chi cavalca le onde medie: il microfono aperto. Le regole di questa vecchia disciplina gladiatoria sono le seguenti: ci si esibisce in diretta (se no son bravi tutti), si lancia un tema di discussione (più caldo è meglio è) e poi si fanno parlare gli ascoltatori che chiamano da casa. Se poi uno è matto vero si porta anche in studio un ospite, così non solo deve gestire le possibili interperanze di chi telefona ma ha anche qualcuno pronto ad offendersi seduto dentro lo studio, magari un politico importante. Vi sembra già così una roba che neanche David Letterman o Larry King? Bene immaginate di farlo su Rairadio1, ossia nel cuore del servizio pubblico, quello che ha il dovere di garantire sempre un tono bipartisan. Ecco è esattamente quello che deve fare Ruggero Po, che nel gennaio del 2010 ha ereditato la conduzione di Radio Anch'io, la storica trasmissione (in onda tutte le mattine dal martedì al venerdì, dalle 9,03 alle 9,59) nata il 16 gennaio del 1978 e che ha lanciato «domatori di pubblico» del calibro di Gianni Bisiach.
Da trent'anni gli italiani chiamano Radio Anch'io, ora tocca a lei gestire il dibattito. Mica facile...
«La gente ama Radio anch'io perché da loro la possibilità di essere un protagonista... e lo fa con i mezzi basici del mestiere, bastano un telefono e un microfono non servono effetti speciali. Da questo punto di vista è la quintessenza della radio, un gioco di voci... E questo è molto diverso ad esempio dal blog».
Insomma senza filtro...
«C'è un filtro minimo l'ascoltatore chiama in anticipo e ci dice, in sintesi, cosa vuol raccontare o cosa vuol chiedere... Poi viene richiamato e quindi, in qualche modo, viene identificato. Ma quando è in diretta è in diretta... È un palcoscenico in cui una persona si mette in gioco molto direttamente, con la sua voce, e la voce è molto personale...».
Come gestisci l'impatto diretto con persone mai viste e sentite?
«Sei in diretta per un'ora e senza musica, l'ascoltatore può dire di tutto... Devi garantire che non ci siano derive. È una cosa che richiede sangue freddo... Io ormai riesco a capire chi sta barando, a volte mi basta una parola, riesco a prevedere chi sta per deragliare e uscire dai binari... ».
Quali sono gli espedienti per frenare l'interlocutore impazzito?
«A volte basta richiamarlo alle sue responsabilità. Fargli presente che sta parlando in pubblico davanti a centinaia di migliaia di persone... Però non basta dissociarsi, buttare lì un "questo lo sta dicendo lei"... Il padrone di casa deve proteggere l'ospite... Se le affermazioni sono vere ma aggressive le stempero, se sono false intervengo a correggerle. Comunque valuto caso per caso...».
C'è da dire, che la maggior parte degli ascoltatori resta nei binari, più di quanto facciano certi ospiti televisivi...
«Sì, non deragliano quasi mai. Io tengo le antenne dritte ma in un anno situazioni del genere mi saranno capitate dieci volte... La percentuale è bassissima. Poi abbiamo anche molti habituè. Alcuni sono quasi vecchi amici... Noi però tendiamo a privilegiare chi chiama per la prima volta. Ma, mediamente, il nostro è un ascoltatore maturo, non sbraca...».
Si fanno ascolti senza la rissa?
«Evito i rissosi anche come ospiti. Ma guarda poi che l'ospite si adegua all'ambiente e qui da noi si calmano quasi tutti. E così, tranquilli, comunque abbiamo un milione di spettatori, almeno questi sono i dati del 2009... Di litigi ne avrò avuti al massimo un paio...».
E i temi che vanno di più? Non siete mica tanto gossipari a Radio anch'io...
«Guarda il gossip, i casi come quello di Ruby, in trasmissione passano, ma solo per quello che è un giusto spazio di cronaca, le persone che ci ascoltano prediligono altri temi... Quando si parla di lavoro, di pensioni, ad esempio, le recenti vicende della Fiat, il nostro pubblico risponde molto meglio che con il gossip. È Mirafiori che fa intasare il centralino non le escort».
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