Tumori: quali sono quelli ereditari più diffusi e i sintomi collegati

In alcuni casi si è portatori sani di mutazioni genetiche che nel corso della vita possono originare alcuni tumori: cosa sono le sindromi ereditarie e come fare prevenzione

Tumori: quali sono quelli ereditari più diffusi e i sintomi collegati
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Molti non lo sanno ma fin dalla nascita la genetica può fare la differenza nell'alterare il nostro Dna e predisporre a quelle che si chiamano "sindromi ereditarie" che spesso possono sfociare in serie patologie come i tumori. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, quelli più conosciuti sono circa 50 ma sono più del doppio i geni che predispongono all'insorgenza di alcune patologie in età adulta con rischi anche di 40 volte superiori rispetto a chi non presenta queste alterazioni.

I tumori "familiari"

Tra le neoplasie più frequenti che sono di origine ereditaria gli esperti spiegano che ai primi posti si trovano i tumori di mammella e ovaio (o prostata). La mutazione di due geni in particolare predispone, in Italia, circa un individuo ogni 155 motivi per cui i portatori si contano in poco meno di 400mila. Un'altra sindrome abbastanza diffusa è quella di Lynch, in pratica un cancro colon-rettale ereditario non poliposico: la media è di un caso ogni 279 persone.

Le sindromi più rare ma collegate a tumori sono quella di Cowden che interessa soprattutto mammella, tiroide, endometrio, rene e colon-retto, la sindrome Li Fraumeni che predispone a tumori al seno, leucemie e l'insorgenza di cancro al colon, pancreas, corteccia surrenale e cervello. Infine ecco l’adenocarcinoma ereditario gastrico diffuso, rara patologia che predispone allo sviluppo del tumore allo stomaco.

I sintomi

In questo caso è difficile inquadrare una sintomatologia specifica perché ogni tumore ha una storia a sè. Quando c'è familiarità gli esperti sottolineano soprattutto lo sviluppo anomalo del tumore nel senso che può presentarsi molto prima del normale o perché c'è una certa frequenza in ambito familiare. "Non è possibile quindi elencare i 'campanelli d’allarme', ma un’adeguata prevenzione impone di ricercare queste sindromi mediante una corretta indicazione alla consulenza genetica, per individuare il prima possibile un paziente malato e/o un soggetto asintomatico portatore (ovvero una persona sana, ma a rischio di sviluppare nella sua vita tumori) per poterli inserire in percorsi di sorveglianza dedicati", ha spiegato al Corriere Cristina Grugnetti, consigliere di Fondazione Mutagens che si occupa delle sindromi rare.

Cosa va fatto

Quando si è certi che si è portatori di una sindrome di origine genetica che in futuro può portare quel soggetto ad ammalarsi di tumore, ogni specialista prescrive alcuni esami che variano da caso a caso. Spesso e volentieri c'è il test del Dna che quantifica quali sono i rischi secondo una tabella stabilita e in base all'età: per il tratto gastrointestinale i test vanno eseguiti al di sotto dei 50 anni, per la mammella a meno di 40 anni e così via. Riuscire a scovare in tempo grazie alla diagnosi la presenza di una sindrome che si è ereditata consente di attuare una serie di misure che vanno dalla sorveglianza per un determinato organo, terapie specifiche ma anche la possibilità di interventi chirurgici per ridurre il rischio di contrarre quel tumore.

"Non esistono stime precise sulla popolazione dei portatori di sindromi ereditarie, in cui la prevalenza varia da un caso ogni 155 individui fino a un caso ogni diverse migliaia, talvolta diverse centinaia di migliaia di nati per le sindromi più rare.

Si può ipotizzare che nel loro insieme in Italia i soggetti portatori di sindromi ereditarie siano almeno un milione e 150 mila, nella maggior parte dei casi ancora sani, inconsapevoli di essere a rischio di malattia e quindi senza alcuna possibilità di essere inseriti in specifici percorsi di prevenzione primaria o secondaria (diagnosi precoce)", ha sottolineato al Corriere il prof. Salvo Testa, presidente di Fondazione Mutagens.

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