Gli Usa gelano Kiev: "No all'uso delle nostre armi per colpire la Russia"

La posizione di Washington è stata ribadita dal portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby e limita notevolmente le capacità dell'Ucraina di distruggere obiettivi strategici in territorio nemico

Gli Usa gelano Kiev: "No all'uso delle nostre armi per colpire la Russia"
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Gli Stati Uniti hanno preso una chiara posizione sull’utilizzo delle loro armi da parte dell’Ucraina per colpire il territorio della Federazione russa. “Non c'è alcun cambiamento nella nostra politica su questo punto”, ha dichiarato in un briefing il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby. “Non incoraggiamo né consentiamo l'utilizzo di armi fornite dagli Stati Uniti per colpire all'interno della Russia”.

Una doccia gelida per Kiev, in un momento di grande difficoltà al fronte. L’esercito di Mosca sta continuando a premere su Kharkiv, città che presto potrebbe diventare il campo di battaglia decisivo per le sorti della guerra. Le forze del Paese invaso, inoltre, continuano a soffrire per la mancanza di uomini e munizioni e, di conseguenza, hanno continuano nella loro campagna di attacchi con droni oltre le linee nemiche. Tra domenica 26 e martedì 28 maggio, due velivoli senza pilota hanno colpito un gasdotto a Belgorod e un radar a Orsk, ben 1.800 chilometri più a est del fronte. Un terzo drone è stato abbattuto vicino a Balashikha, nella regione di Mosca. I suoi detriti hanno causato il ferimento di due persone e la distruzione di un’abitazione.

Al contrario degli Stati Uniti, alcuni Paesi della Nato hanno iniziato a rimuovere le restrizioni sull’utilizzo delle loro armi per colpire la Russia. Si sono dunque allineati sulle posizioni del segretario generale Jens Stoltenberg, convinto che la distruzione di obiettivi nella Federazione da parte delle forze di Kiev tramite i dispositivi bellici forniti dal blocco Ue-Nato non sarebbe un’azione offensiva, ma parte dell’autodifesa dell’Ucraina.

Le discussioni attorno a questo tema hanno provocato un’impennata della tensione tra Occidente e Mosca, ulteriormente esacerbata dalle parole del ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski che ha aperto a un possibile invio di soldati nel Paese invaso. "Non dovremmo escluderlo. Dovremmo lasciare Putin col fiato sospeso sulle nostre intenzioni", ha dichiarato. Immediata la risposta dello zar, che durante una conferenza stampa ha affermato che questo sviluppo sarebbe “un'escalation e un altro passo verso un grave conflitto in Europa e un conflitto globale”.

Sempre da Mosca è arrivato il commento di Vladimir Kulishov, primo vicedirettore e capo del Servizio di frontiera dell'Fsb, che ha parlato chiaramente di attività di intelligence e addestramento da parte dei membri della Nato vicino al confine russo.

Segnali preoccupanti, questi, accompagnati da una retorica infiammata e da minacce neanche troppo velate che rendono ogni giorno sempre più reale lo scenario di conflitto diretto lungo il fianco est dell’Alleanza atlantica previsto dai servizi d’intelligence occidentali nei prossimi dieci anni.

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