I soldi non cadono dall'elicottero. Ma quasi

Il primo a parlare in termini espliciti di "guerra", è stato Mario Draghi. Che, in un intervento di qualche settimana fa sul Financial Times, invocava la massima potenza di fuoco contro il virus

I soldi non cadono dall'elicottero. Ma quasi

Il primo a parlare in termini espliciti di «guerra», è stato Mario Draghi. Che, in un intervento di qualche settimana fa sul Financial Times, invocava la massima potenza di fuoco contro il virus: «È già chiaro che la risposta deve coinvolgere un significativo aumento del debito pubblico. La perdita di reddito del settore privato deve essere eventualmente assorbita, tutta o in parte, dai bilanci dei governi...L'alternativa- un distruzione permanente di capacità produttiva e per questo di base fiscale- sarebbe molto più dannosa per l'economia e conseguentemente del credito dei governi...Di fronte a circostanze non previste bisogna cambiare mentalità».

Nel cambio di mentalità ci sono idee, fino a due mesi fa considerate puramente teoriche o addirittura un'eresia, come il cosiddetto «helicopter money», che diventano all'improvviso attualissime.

L'espressione, «soldi dall'elicottero, introdotta da Milton Friedman nel 1969, descrive in termini letterali una situazione in cui le banche centrali distribuiscono soldi direttamente agli individui. Nella formulazione più moderna, però, indica la creazione di denaro da parte delle banche centrali attraverso una serie di strumenti diversi. Tra di essi la cosiddetta «monetizzazione del debito», la vera e propria stampa di nuova moneta che è una delle possibilità per finanziare il debito pubblico. L'altra è l'emissione di titoli obbligazionari, i classici titoli di Stato venduti agli investitori.

Le maggiori banche centrali non hanno, almeno per il momento, deciso di «monetizzare il debito» in senso stretto. Non l'ha fatto la Banca Centrale Europea (l'intervento sarebbe vietato dai trattati e rappresenterebbe un vero e proprio anatema per i falchi del Nord Europa), ma non l'ha fatto nemmeno la Fed.

Gli istituti centrali hanno però avviato l'acquisto massiccio di titoli di Stato attraverso il cosiddetto «quantitative easing». L'effetto alla fine è lo stesso: le banche centrali ritirano i titoli di Stato dal sistema, mettendo in circolo soldi e garantendo il finanziamento del debito.

L'esempio

estremo è quello del Giappone: ogni anno la banca centrale di Tokio compra titoli di Stato giapponesi per un ammontare pari al nuovo deficit. In questo modo il volume dei bond in mano agli investitori privati non aumenta mai.

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