"Oggi il compito di tutti è costruire finalmente un sentimento nazionale unitario". Non sappiamo se nel 2009, quando pronunciò il discorso per il 25 aprile tra le macerie della terremotata Onna, Silvio Berlusconi credeva veramente che la politica sarebbe stata capace prima o poi di deporre le armi. "Dobbiamo farlo tutti insieme, quale che sia l’appartenenza politica, per un nuovo inizio della nostra democrazia repubblicana, dove tutte le parti politiche si riconoscano nel valore più grande, la libertà, e nel suo nome si confrontino per il bene e nell’interesse di tutti".
Furono parole storiche che segnarono l’occasione per voltare pagina e iniziare un cammino condiviso. Quindici anni dopo, a un anno dall’ottantesimo anniversario dalla caduta del nazifascismo, la politica torna a dividersi sul 25 aprile. Probabilmente lo scontro sul monologo mancato di Antonio Scurati è soltanto un incidente fortuito, forse anche la scusa per riaccendere la miccia. Un incidente che tutte le parti, nessuna esclusa, avrebbero potuto evitare.
Tutti ne escono sconfitti. La Rai, in primis. Che, sebbene in punta di diritto avesse il dovere di non gettare al vento 2mila euro per un monologo di quattro minuti, avrebbe potuto sapientemente decidere di investire quella cifra (certamente sfacciata per un discorso che vomita fango sul premier) per evitare agli italiani un’inutile pantomima di martirio.
E poi Scurati. Per quanto creda in cuor suo d'aver vinto la mano contro la Rai, avendo dimostrato quanto è fascista "TeleMeloni", se avesse un briciolo d'onestà intellettuale capirebbe che quel suo monologo è intriso di un odio che fa male a tutti. Perché voler usare la tivù pubblica per mentire platealmente, dicendo che "il gruppo dirigente post fascista, vinte le elezioni nell'ottobre del 2022", anziché "ripudiare il suo passato neo-fascista" ha riscritto la Storia, è uno sfregio a tutti i telespettatori, che votino Fdi o il Pd.
E che dire di Serena Bortone? Sicuramente nei trend topic di Twitter per ventiquattr’ore, avrà pur dato visibilità alla sua trasmissione, di solito al lumicino dello share, ma ha perso un’occasione per fare servizio pubblico. Anziché gettare lo scontro in pasto ai social, avrebbe potuto mediare e trovare un punto d’incontro con la Rai. Come mai, visto che sarebbe bastato accettare un compenso inferiore, gli alfieri della libertà di espressione (Scurati in testa) non hanno fatto un passo indietro? Forse che rinunciare a 2mila euro non vale la possibilità di dire quello che si vuole?
Infine i pasdaran di Elly Schlein, sconfitti pure loro. Con Debora Serracchiani in prima fila a puntare il dito contro la Meloni accusandola di essere il "mandante morale". Avrebbero potuto, in questo sabato di fine aprile, evitare drammi inutili e falsi slogan.
Alla fine, il monologo, ce lo siamo letti tutti.
Persino dalla pagina Facebook della Meloni che mai ha chiesto e probabilmente mai chiederà in vita sua la censura di uno Scurati qualunque. Resta, tuttavia, l'amaro in bocca per l'ennesima sterile polemica che ci allontana anche quest'anno da quel 25 aprile condiviso sognato da Berlusconi a Onna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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