E il Pd cavalca la protesta: "Vergognoso che si giochi". Partito spaccato pure su Kiev

Il responsabile sport Berruto: "Uno scandalo". Oggi in Aula in ordine sparso sui dossier esteri

E il Pd cavalca la protesta: "Vergognoso che si giochi". Partito spaccato pure su Kiev
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Sì, no, forse: oggi in Parlamento si discuterà di politica estera, e come al solito il centrosinistra si dividerà e il Pd si barcamenerà.

La premier Giorgia Meloni riferisce in aula sul prossimo Consiglio europeo, e il mandato della segretaria dem Elly Schlein è «non facciamoci del male». L'intoppo è, come sempre, il diritto alla difesa dell'Ucraina, perché sull'altra questione bruciante, il Medio Oriente, i distinguo sono rarissimi. Anche tra maggioranza e opposizioni, unite nel chiedere ad Israele lo stop agli attacchi contro le basi Unifil. Poi a sinistra si farà la voce grossa sulla richiesta di embargo alle armi a Israele e il «riconoscimento immediato» dello Stato di Palestina. Ossia su due questioni del tutto simboliche, se non irreali: «A parte che noi a Israele forniamo al massimo qualche pezzo di ricambio, c'è già la legge 185 che sospende ogni fornitura a paesi in guerra, e che funziona», dice il dem Alessandro Alfieri. Mentre Piero Fassino ricorda: «Ammesso che sia realistico il blocco delle forniture per fermare la guerra, chi lo propone ha il dovere di chiederlo per entrambi i contendenti. Proporre l'embargo contro Israele impone che si chieda anche a Hezbollah di consegnare i propri arsenali: solo così è credibile l'obiettivo di fermare la guerra in Libano».

Però il mood anti-Israele è talmente sdoganato da estendersi anche allo calcio: così il responsabile Sport del Pd, Mauro Berruto (nella foto), chiedeva ieri di vietare la partita Italia-Israele: «È uno scandalo che si giochi, il silenzio in proposito è una vergogna. Lo sport è politica, io farò l'unica cosa che posso fare: non guarderò la partita». Netanyahu è avvisato.

Ieri la risoluzione Pd, da presentare in aula stamani, è stata limata e rilimata in lunghe «call» con la Cina. É infatti a Pechino che si trova il responsabile Esteri Peppe Provenzano che, accompagnato da Nico Stumpo e Michela De Biase, è andato a incontrare tal Yin Li, capo del Partito Comunista della capitale, per «approfondire gli scambi tra i due partiti» e «rafforzare le relazioni amichevoli con il Pcc». Se sul Medio Oriente si studiano «parole forti», sull'Ucraina ci si tiene più lievi possibile. Già il Pd è andato in mille pezzi al Parlamento europeo sulla questione dell'utilizzo in territorio russo delle armi date all'Ucraina. Bisogna evitare il bis: così ci si limiterà ad un accenno alla risoluzione votata a Strasburgo, sorvolando su quel capitolo, su cui Schlein aveva imposto il no (provocando la disobbedienza di due eurodeputate, Picierno e Gualmini). La segretaria mantiene la linea «forlaniana» (definizione di un senatore dem): «Si è votato no all'uso delle armi in Russia su indicazione della segreteria (che poi sarebbe lei, ndr) ma sulla risoluzione finale (che dice sì a quell'uso delle armi, ndr) il voto è stato unanime». Chiaro? «Due atteggiamenti contrapposti che non depongono a favore della credibilità di un partito che aspira al governo», chiosa il solito bastian contrario Fassino.

Ora si temono nuove divisioni sulle risoluzioni degli alleati: nel testo di Azione è scritto chiaro e tondo che l'Ucraina deve potersi difendere dagli attacchi «colpendo le basi russe», e parecchi dem lo voterebbero. La soluzione? L'immancabile Aventino, a uso interno: l'ipotesi caldeggiata dal Nazareno è di votare solo il proprio testo, uscendo dall'aula su quelli altrui. Per non «farsi del male».

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