Rimpatriato "per urgenti ragioni di sicurezza" vista la pericolosità del soggetto. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha spiegato così l'epilogo del caso di Najeem Osema Almasri, il carceriere libico ricercato per crimini di guerra e contro l'umanità, arrestato domenica scorsa a Torino, liberato e poi rimpatriato in Libia con un volo di Stato italiano. Nel corso dell'odierno question time al Senato, il capo del Viminale ha ricostruito le dinamiche che hanno portato all'espulsione del capo della polizia giudiziaria libica.
Rispondendo in particolare all'interrogazione presentata dai senatori del Pd Sandra Zampa e Michele Fina, il ministro dell'Interno ha comunicato che Najeem Osema Almasri era "stato temporaneamente associato alla locale casa circondariale 'Lorusso e Cotugno' e, quindi, messo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria competente, ossia la Corte d’Appello di Roma e la citata Procura Generale presso la stessa Corte d’Appello". Il 21 gennaio, poi, la Corte d’Appello di Roma "nell’ambito delle prerogative di vaglio dei provvedimenti di limitazione della libertà personale, ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’arresto del cittadino libico, valutato come irrituale in quanto non previsto dalla legge, disponendone l’immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa".
L'uomo è stato dunque rilasciato nella serata dello stesso giorno per poi essere rimpatriato a Tripoli, "per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto". In Aula, Piantedosi ha fatto luce sull'intera vicenda, ripercorrendo anche le fasi precedenti. Ripercorrendo le fasi precedenti. Lo scorso 19 gennaio - ha affermato il ministro - il cittadino libico da poco arrivato a Torino, dopo essere stato in altri Paesi europei, era stato sottoposto all'esecuzione del mandato d'arresto internazionale a fini di estradizione, emesso il giorno precedente dalla Corte Penale Internazionale. "Ad avvenuta esecuzione del provvedimento, sono stati informati gli uffici della procura generale presso la Corte d'Appello di Roma e il competente Dipartimento del ministero di Giustizia, oltre al difensore nominato d'ufficio e le Autorità Consolari", ha illustrato il capo del Viminale.
Sulla vicenda è intervenuto anche il guardasigilli Carlo Nordio. ''Evidenzio che l'espulsione che la legge attribuisce al ministro dell'Interno è stata individuata come misura in quel momento più appropriata, anche per la durata del divieto di reingresso, a salvaguardare la sicurezza dello Stato e la tutela dell'ordine pubblico che il governo pone sempre al centro della sua azione unitamente a ogni profilo di tutela dell'interesse nazionale'', ha rimarcato il ministro della giustizia.
Dalle opposizioni, tuttavia, continuano le polemiche e non si spegne l'attacco a senso unico contro il governo. "Abbiamo preso atto delle parole che oggi ci ha detto il ministro Piantedosi. Parole che per noi non sono risposte. È evidente il tentativo del governo di derubricare a problema tecnico-procedurale quanto avvenuto, ma il Parlamento e il Paese hanno bisogno di risposte. Ieri la questura ha fatto il proprio dovere arrestando Almasri come da richiesta dell'Interpol per un 'codice rosso'. Poi un corto circuito tra Ministro della Giustizia e Procura generale di Torino ha portato alla liberazione di Almasri", ha contestato il presidente dei senatori del Partito democratico, Francesco Boccia, a margine del question time. Secondo il parlamentare dem, "non siamo di fronte a un cavillo giuridico, ma a scelte fatte dal governo con il coinvolgimento di altri pezzi dello Stato". E il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha invocato la presenza del premier Meloni in Aula per riferire sul caso.
Al netto della complessità del caso, i fatti smentiscono tuttavia la narrazione della sinistra secondo la quale il governo non avrebbe intenzione di fare chiarezza. Il ministro Piantedosi ha difatti annunciato che la prossima settimana il governo renderà un'informativa dettagliata.
"Sarà quella l'occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, ivi compresa la tempistica riguardante la richiesta, l'emissione e l'esecuzione del mandato di cattura internazionale, che è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico", ha aggiunto il capo del Viminale.
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