"Gesto personale per l'Italia". Così il governo Meloni ha liberato Zaki

Le parole dell'ambasciatore egiziano a Roma, Bassam Rady, dimostrano come il governo Meloni stesse già portando avanti da tempo dei rapporti istituzionali e diplomatici con il presidente al Sisi per potere arrivare alla liberazione di Patrick Zaki. Smontate le bugie della sinistra

"Gesto personale per l'Italia". Così il governo Meloni ha liberato Zaki
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Questa mattina Patrick Zaki è ufficialmente uscito dal carcere. La grazia concessa ieri dal presidente egiziano, Abdel Fatah al Sisi, ha smentito l'intera narrazione della sinistra che accusava Giorgia Meloni di non stare agendo in maniera decisa. Angelo Bonelli (Verdi), per esempio, aveva sostanzialmente ironizzato sulle "rassicurazioni del ministro Tajani riguardo le sorti di Zaki". E invece l'azione del governo è stata alquanto tempestiva, considerando che la decisione dell'Egitto è arrivata a meno di ventiquattro ore dalla condanna a tre anniche era stata inflitta all'attivista e ricercatore: emblema di rapporti diplomatici e istituzionali che erano già stati avviati con preavviso.

Lo avevano orgogliosamente sostenuto a caldo i ministri Antonio Tajani ("Grazie alla politica estera del governo abbiamo dato un contributo decisivo per liberare questo giovane studente") e Loca Ciriani ("Questo è un grande successo del governo"). Ora la conferma giunge anche dall'ambasciatore egiziano a Roma, Bassam Rady, in un messaggio all'agenzia Ansa: "L'uso da parte del presidente al-Sisi della sua autorità costituzionale per concedere la grazia presidenziale è un apprezzamento personale per la profondità e la forza delle relazioni italo-egiziane, e la rapidità della grazia ne è la migliore prova, in particolare poiché è avvenuto meno di ventiquattro ore dopo l'emissione della sentenza definitiva". Il diplomatico, già portavoce della presidenza egiziana e dello stesso al Sisi, ha sottolineato come "lo Stato egiziano rispetta la legge e la costituzione e apprezza le sentenze emesse dalla sua istituzione giudiziaria perché è uno Stato di diritto" e che "la costituzione ha concesso al Presidente della Repubblica il potere di grazia presidenziale dopo l'emissione di sentenze", l'iniziativa del presidente egiziano è stata "senza dubbio diretta a sostenere le relazioni italo-egiziane", le quali "si sono estese attraverso la storia che ha unito le sue due grandi civiltà".

Zaki e i campioni di disonestà intellettuale

La sintesi dell'ambasciatore Rady appare piuttosto chiara: l'atto di clemenza sancito da Abdel Fatah al Sisi - che non viene concesso poi così frequentemente - non era scontato se i ponti costruiti tra Italia ed Egitto non fossero stati così solidi. Relazioni che si sono rafforzate anche grazie ai rapporti positivi del nostro Paese con gli Stati Uniti d'America, visto e considerato il fatto che anche l'amministrazione Biden ha svolto il proprio ruolo per quanto riguarda le pressioni e gli appelli per la grazia a Zaki proprio nei giorni in cui si sta imbastendo il viaggio della Meloni verso Washington della prossima settimana. Senza dimenticare che, per l'Italia, avere delle ottime interlocuzioni con l'Egitto è molto importante per il controllo e la gestione che questo Paese può mettere in atto sui flussi di migranti che arrivano dal Corno d'Africa e dal Sudan.

Tutti gli esponenti politici delle opposizione, dunque, che nei scorsi giorni avevano attaccato frontalmente l'esecutivo italiano perché non avrebbe combinato nulla a favore di Patrick Zaki, oggi dovrebbero - se non proprio chiedere scusa - almeno avere l'onestà intellettuale di riconoscere i meriti dei ministri che si sono occupati direttamente della vicenda: Tajani e Crosetto, tra tutti. E invece, a parte il Terzo Polo (e Stefano Bonaccini), i partiti del centrosinistra si limitano a esultare per quella che certamente è un'ottima notizia ma, allo stesso tempo, fanno gli gnorri sui protagonisti istituzionali di questo lieto fine.

Tra i giallorossi c'è già qualcuno che sposta l'attenzione su altro. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) ha insinuato una sorta di scambio per "affossare la verità e la giustizia per Giulio Regeni". Una notizia seccamente smentita da Tajani: "Nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco. Il governo è stato in grado di far tornare in Italia un giovane ricercatore che rischiava di stare ancora un pò di tempo in carcere. Noi siamo riusciti a ottenere questo risultato. Poi si può dire ciò che si vuole. Siamo persone serie, non facciamo baratti di questo tipo". Aggiungendo che "continueremo a chiedere che si faccia luce sulla vicenda come abbiamo sempre fatto, abbiamo messo sullo stesso piano le due questioni".

Alessandro Zan del Partito Democratico non ha aspettato nemmeno un'ora dalla comunicazione dell'Egitto per fiondarsi subito sul fatto che "il governo italiano ha dei rapporti opachi con Paesi dove non si rispettano i diritti umani. Pensiamo alla Tunisia, dove si tratta con un regime antidemocratico". Ma, del resto, l'arte di buttarla in caciara è sempre stato il punto "forte" della sinistra.

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