Il premierato targato Giorgia Meloni, tra le possibili ipotesi di riforme costituzionali, rimane la scelta più soft e meno radicale. Niente presidenzialismo all’americana, nessun semi-presidenzialismo alla francese: il governo di centro destra vuole introdurre semplicemente l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Tutte queste accortezze, volte soprattutto a trovare un accordo pacifico con le opposizioni, si infrangono contro il pregiudizio ideologico della sinistra. Bollata la riforma come “ipocrita” la gauche mediatica e politica si scaglia preventivamente contro la nuova struttura costituzionale pensata da Meloni e soci.
Il premierato soft
L’iter della riforma costituzionale entra nel vivo. Il vertice di oggi a Palazzo Chigi, tra i principali leader della maggioranza, esaminerà la bozza finale del disegno di legge firmato Maria Elisabetta Casellati. Il ddl pensato dalla ministra per le riforme, scomposto in 5 articoli, è destinato ad approdare nel Consiglio dei ministri di venerdì. I capi saldi, a meno di ulteriori modifiche dell’ultimo minuto, dovrebbero essere condivisi da tutte le anime del centro destra. Il cardine è ovviamente l’elezione diretta del premier, il cui mandato dura cinque anni. Prevista, allo stesso tempo, l’indicazione per un sistema elettorale maggioritario con un premio del 55%.
I nodi più sensibili della riforma sembrano sciolti. Nel ddl, si legge nella bozza definitiva, i poteri del Colle rimangono intatti. Il capo dello Stato conferisce l’incarico al premier eletto e mantiene il potere di nominare i ministri su indicazione del presidente del consiglio, il quale non può revocarli. Il premier Meloni, con il supporto della retorica, prova a riassumere così: “Abbiamo sulle nostre spalle una responsabilità storica – si legge nella lettera firmata dalla premier – consolidare la democrazia dell’alternanza e accompagnare l’Italia nella Terza Repubblica”.
La sinistra anti-riforme
Un disegno ambizioso, e forse proprio per questo motivo, ostacolato dall’altra metà dello scacchiere parlamentare. La sinistra politica e mediatica, avversa al cambiamento e amante dello status quo, ha già preparato gli scudi anti-riforme. La segretaria dem, Elly Schlein, ha prontamente confermato che il suo partito è indisponibile a sostenete il percorso riformativo targato Meloni. I giornali d’area le danno manforte. Il commento de “La Repubblica”, firmato da Michele Ainis, è eloquente: “Il bi-presidenzialismo ipocrita”.
Le assicurazioni della ministra Casellati vengono rimodulate a piacere: “L’elezione diretta del premier – scrive Ainis – prosciuga le funzioni di garanzia del capo dello Stato”. Dallo stesso versante arriva la sentenza de “La Stampa”. “Il premierato di Giorgia uno slogan elettorale”, si legge sulla prima pagina del quotidiano torinese.
E ancora: “Terza Repubblica: il piano Meloni che scarnifica la costituzione”. Il processo mediatico anti-riforme ha già emesso la sua sentenza: questo premierato“non s’ha da fare, né domani, né mai”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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