Parla Segni: "Schlein sbaglia. Il governo vada avanti”

Il premierato, il "vincolo di mandato", la stabilità dei governi e il presidenzialismo francese come "esempio a cui guardare": intervista a Mario Segni

Parla Segni: "Schlein sbaglia. Il governo vada avanti”

Con questa intervista inizia un ampio approfondimento sul tema delle riforme costituzionali con i protagonisti della vita politica, economica e culturale italiana. A parlare è Mariotto Segni, “Mario”, politico, giurista e soprattutto protagonista della svolta referendaria degli anni ’90 che puntava a superare l’instabilità governativa e l’esasperante parlamentarismo della Prima Repubblica. Dopo trent’anni, ma a guardare indietro sono molti di più, il tema è il medesimo: siamo pronti a cambiare la Costituzione e la forma di governo? “Sì. Il paese deve riacquistare fiducia in se stesso”.

Onorevole, quale idea si è fatto sulla tenuta del nostro impianto istituzionale?

“L’instabilità e inefficienza del sistema politico sono il nostro vero punto debole rispetto alle grandi democrazie. D’altra parte, sono traguardi che si raggiungono con secoli di storia, noi siamo ancora una democrazia giovane”.

Il premierato (o “sindaco d’Italia”) potrebbe essere un punto d’incontro tra forze di maggioranza e opposizione?

“Non mi focalizzerei tanto sulla formula quanto sulle cose di cui ha bisogno l’Italia. Con il premierato il primo ministro può non solo nominare ma anche revocare i ministri, è nominato dal voto popolare, resta in carica l'intera legislatura o può essere costretto alle dimissioni solo in casi specifici. Quindi un governo più forte e più stabile di quello disegnato dalla Costituzione italiana”.

Il premierato fa venire meno il rapporto di fiducia tra presidente del Consiglio e parlamento?

“In genere la fiducia del parlamento è necessaria perché il governo nasca ma, ad esempio in Germania, il parlamento può farlo cadere solo se è in condizione di farne nascere un altro…”.

L’eventuale doppio turno tra i candidati premier più votati?

“Sono tutte regole possibili, ma l’importante – ribadisco – è far scegliere ai cittadini. Il Mattarellum è la formula più equilibrata. È stato applicato quattro volte e per quattro volte sono andati a governare i candidati che avevano vinto le elezioni, scelti dagli italiani: Berlusconi e Prodi. Un traguardo mai raggiunto prima”.

Quale ruolo spetterebbe al presidente della Repubblica?

“Un ruolo di garanzia, che può essere più o meno ampio, ma sempre di grande importanza”.

Conoscendo le istituzioni italiane quale modello costituzionale garantirebbe stabilità e rappresentatività?

“L’Italia ha bisogno che a scegliere il governo siano i cittadini e non i partiti. E la stabilità cioè il governo non può essere fatto cadere da complotti di deputati ma deve durare tutto il mandato. Per questo ritengo il presidenzialismo la formula migliore”.

I complotti di deputati e il trasformismo possono essere limitati con l’introduzione del “vincolo di mandato”?

“No. Il “vincolo di mandato” toglie l’autonomia del parlamentare rispetto al partito e aumenta la partitocrazia. Per come è oggi possiamo definirlo uno strumento molto serio del parlamentarismo moderno, in qualche modo insostituibile”.

Ha richiamato il presidenzialismo.

“Sì, il presidenzialismo, alla francese ad esempio ha dato i risultati migliori… La Francia ha fatto per un certo pezzo il cammino più simile al nostro. La Quarta Repubblica era simile alla Prima Repubblica italiana. È stata la riforma di de Gaulle a cambiare il paese dandogli solidità, stabilità e ruolo mondiale”.

La modifica della forma di governo presuppone una nuova legge elettorale?

“Qui c’è un punto: cancellare il listino bloccato. Una autentica vergogna perché significa far scegliere il parlamento dai capi dei partiti e non dagli elettori. Poi, tornare ai collegi uninominali presenti in gran parte dei paesi europei. Prevale il candidato che ha più voti”.

I referendum da Lei promossi negli anni ’90 sono stati un’occasione vinta o persa alla fine?

“Abbiamo conquistato l’elezione diretta del sindaco e del governatore, due grandi riforme. Ma occorre il presidenzialismo per rendere stabile il governo centrale”.

Cosa pensa dell’eventuale modifica del doppio turno nei comuni?

“A me sembra che vada abbastanza bene come è adesso. Inoltre, c’è un tale sconquasso a livello nazionale che lascerei stare”.

Perché la revisione della Costituzione è ancora un tabù per gran parte della sinistra?

“La sinistra italiana è stata risucchiata da una vecchia carica ideologica che l’ha dominata per decenni e ha dimenticato purtroppo che invece il momento migliore del riformismo italiano, cioè il referendum, è stato appoggiato anche da Occhetto, Parisi… ”.

La segretaria del Pd sbaglia nell’adottare una linea di netta contrapposizione sulle riforme?

“Sbaglia totalmente. E siccome si pone come un personaggio moderno, su questo dovrebbe essere apertissima a tutti i cambiamenti da chiunque vengano proposti”.

Le divisioni a sinistra possono rallentare il processo di modifica istituzionale?

“Certamente e di molto. Possono farci pagare il prezzo di lunghi anni di impotenza e caos”.

Qualora Pd e M5S confermassero il loro “no” la maggioranza cosa dovrebbe fare?

“Andare avanti e sperare – questa volta – di vincere il referendum”.

I centristi devono essere pienamente coinvolti?

“Bisogna incoraggiare il centro ad appoggiare il lavoro parlamentare e la maggioranza di governo deve fare di tutto per trovare l’accordo, per discutere etc. La grande riforma aiuta la formazione anche di grandi e stabili coalizioni nonché del centro”.

Però sono decenni che il centro politico stenta a decollare.

“Tutte queste riforme è inevitabile che spingono verso il bipolarismo. Ma credo che Calenda e Renzi abbiano aspirazioni maggiori di quelle di essere alla guida di un piccolo partito e quindi possono aiutarli a operazioni più grandi…”.

La stabilità di governo ridurrà l’astensionismo o c’è una generale crisi della democrazia liberale occidentale?

“Nessuno è in grado di dirlo o prevederlo. Sono però sicuro che potrà ridurre la delusione per la politica. Vedere un parlamento, istituzioni che funzionano aiuta a far ritornare la fiducia tra i cittadini. Ma siamo di fronte a fenomeni mondiali e più ampi”.

Da padre di

una importante pagina di storia referendaria è pronto a scendere nuovamente in campo con la creazione di comitati?

“Darò sempre il mio contributo, ma occorre che la bandiera sia presa da mani nuove e più giovani”.

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