Sei mesi di governo Meloni: cosa è stato già fatto e quali sono i progetti futuri

Calmierazione delle bollette, Pnrr, sostegno a Ue e Nato, piano Mattei, ma anche rinnovamento del fisco, aumento delle pensioni minime, interventi su lavoro, giustizia e rete infrastrutturale: il presente e il futuro dell'esecutivo a 180 giorni dall'insediamento

Sei mesi di governo Meloni: cosa è stato già fatto e quali sono i progetti futuri

Nell'autunno scorso Carlo Calenda vaticinava che l'allora nascente governo Meloni non sarebbe durato nemmeno sei mesi. E invece, calendario e fatti alla mano, a non arrivare neanche agli 180 giorni dalla propria nascita è stato il Terzo polo, che si è sciolto come neve al sole proprio nel momento in cui Azione e Italia Viva dovevano mettersi d'accordo su come fondersi assieme in vista soprattutto delle elezioni europee del prossimo anno. In ogni caso, era il 22 ottobre 2022 quando Giorgia Meloni giurava come nuovo presidente del Consiglio dei ministri dopo che il centrodestra aveva stravinto le elezioni il precedente 25 settembre. Ora è tempo di tracciare un primo bilancio provvisorio: che cosa è stato messo in atto da Palazzo Chigi da quando c'è stato l'insediamento e l'avvio al primo esecutivo della XIX legislatura? E quali strade ci sono ancora da percorrere nei prossimi quattro anni e mezzo di mandato?

L'azione del governo in tempi record

Nelle primissime settimane da quando è entrato in carica, il governo ha subito dovuto varare la legge di bilancio: un evento praticamente mai capitato prima, tenendo conto che si è votato a settembre 2022 con un timing anomalo. Il centrodestra ci ha lavorato per poco più di un mese partendo dalla Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza – ovvero dall'ossatura programmatica – scritta da Mario Draghi. Promossa da Commissione Europea, Quirinale e Ragioneria dello Stato, il risultato è stato una manovra 'pulita', modellata soprattutto sui tagli del caro energia, e approvata a tempi di record; evitando così lo spetto dell'esercizio provvisorio.

Poi, naturalmente, c'è stato tutto l'ambito della politica estera in cui la premier si è mossa molto bene, a detta anche dei suoi detrattori più accaniti. Meloni non solo ha confermato il pieno appoggio a Unione Europea e Nato, ma anche il forte e convinto sostegno all'Ucraina. Come ha ricordato pochi giorni fa il capo del governo, là c’è "la devastazione, il dolore, il lutto, l'orrore, l'eroismo e la speranza di chi vive ogni giorno come se fosse l'ultimo. Democrazia e libertà sono la conquista di ogni giorno. E il governo dell'Italia che ho l'onore di guidare può e deve essere protagonista". Il tutto perché "le alleanze non sono un pranzo di gala", bensì "impegni presi con i cittadini italiani che pagano le tasse e votano: sono azione politica".

Con il Pnrr poi, come lo stesso Governo ha tenuto a a precisare, si metterà in pratica un provvedimento che "si inserisce a pieno titolo nel quadro delle misure e degli interventi di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza sotto un duplice profilo: in primo luogo, l'approvazione annuale di una legge sulla concorrenza rientra tra gli impegni assunti nell'ambito dello stesso Pnrr; in secondo luogo, il disegno di legge contiene una serie di norme volte ad assicurare il raggiungimento di alcune milestone fissate nel quadro del Piano".

Immigrazione, lavoro e infrastrutture: la situazione

Naturalmente, un altro tema su cui si è dovuto concentrare il governo Meloni è stato quello dell'immigrazione, in un momento in cui singole tragedie ed incremento dei flussi la rendevano cruciale: il decreto Cutro - appena approvato dal Senato - prevede una stretta sulla protezione speciale, che sarà concessa solo per casi eccezionali, nonché una migliore gestione dei flussi regolari e il contemporaneo stop al business dell'immigrazione clandestina. Sotto questo punto di vista, anche il Piano Mattei - nato anche per potere fornire l'Italia di un nuovo approvvigionamento energetico - sarà importante per valutare le rotte di migrazione.

Allora stesso tempo, grazie all'ultimo Def messo in cantiere, sono state anche avviate importanti riforme economiche strutturali, come la riduzione delle tasse - pensiamo al rinnovamento del il fisco con il nuovo Modello 730 e la ridefinizione delle aliquote Irpef -, l'aumento delle pensioni minime, interventi su lavoro, giustizia e rete infrastrutturale. C'è stato, infatti, il via libera al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. È stato inoltre varato un nuovo codice degli appalti - con una liberalizzazione fino a 5,3 milioni di euro per le stazioni appaltanti - e cancellati il reddito di cittadinanza e il superbonus come li cononiscevamo. Infine, il governo Meloni ha affrontato anche questioni soltanto apparentemente più marginale come la stretta ai rave e alle azioni degli eco-vandali di Ultima generazione.

La strada del governo è ancora lunga

Ma che cos'è che rimane ancora da fare? Chiaramente tanto. E questo è inevitabile visto che si è praticamente solo agli inizi. È stata la stessa Giorgia Meloni ad avere tracciato un quadro della situazione in una recente conversazione con il direttore del Foglio, Claudio Cerasa. Sull'immigrazione la premier rivendica "il nostro ruolo attivo e chiediamo che anche gli altri stati costruiscano con noi una nuova politica migratoria europea" e quindi, affinché venga "sbloccato il finanziamento di 1,9 miliardi del Fondo monetario internazionale alla Tunisia, devono muoversi l'Unione europea e la Banca mondiale".

Per contribuire a mettere in atto le varie riforme economiche strutturali appena avviate dal governo, è necessario che il Patto di Stabilità diventi più "dinamico, flessibile, per dare la possibilità di liberare il potenziale di ogni nazione in un mercato unico europeo che, tra l'altro, non può sopravvivere agli attuali squilibri fiscali". Senza dimenticare, in tutto questo, la riforma costituzionale per il presidenzialismo: "La democrazia italiana può divenire ancora più forte e solida attraverso una riforma in senso presidenziale dello Stato.

Con due obiettivi: maggiore stabilità di governo e rapporto diretto tra elettori e capo dell'esecutivo". Certo, il percorso è ancora lungo: ma l'esito dell'inizio del lavoro di Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia è stato tutt'altro che insufficiente.

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