Chi dovrebbe nominare i vertici delle aziende di Stato se non chi ha vinto le elezioni? Questa la domanda che si è posto Giovanni Toti in un lungo post pubblicato sui canali social. La notizia del Giornale sull’attacco giudiziario che si preparerebbe nei confronti di Arianna Meloni e per suo tramite alla sorella Giorgia ha infiammato il dibattito politico e l'ex governatore della Liguria, spinto alle dimissioni per ottenere la libertà dopo quasi tre mesi nell'ambito dell'inchiesta di corruzione che ha sconvolto la Regione, ha le idee chiare:"È indubbio che il direttore Sallusti scriva sulla prima pagina del Giornale notizie fondate. La sua esperienza e la sua professionalità sono fuori dubbio".
L'ex governatore s'è detto stupito della reazione dei partiti, sottolineando che la sorella del premier viene accusata di essersi occupata di nomine legate indissolubilmente alla politica:"Arianna Meloni è accusata, dalla politica per ora, vedremo se anche dalla magistratura, di essersi occupata di nomine e designazioni ai vertici di aziende di Stato. Ma questo è il punto! Scusate ma chi dovrebbe nominare i vertici di quelle società se non chi ha vinto le elezioni? Chi dovrebbe occuparsene se non il capo della segreteria politica del partito vincitore? Viviamo in democrazia!". E, ancora, un'altra domanda che smonta qualsivoglia teorema rosso:"Il giudizio degli elettori conta qualcosa oppure non conta nulla?".
Secondo Toti, se qualcuno ha votato una legge che impedisce a un esponente di partito di discutere, trattare e scegliere quelle nomine, ha sbagliato e di molto: "Cambiamo quella legge e molte altre che impediscono alla politica di fare il suo mestiere. Chi ha vinto le elezioni sceglie chi dirige i gangli del Paese e, se sbaglia scelta, lo giudicheranno nelle urne gli elettori e nessun altro!". Un'analisi chiara, limpida, di buonsenso: "Vogliamo cambiare le leggi che colpevolmente il Parlamento ha approvato e ridare dignità alla volontà popolare. Così non ci saranno indagini di cui indignarci". "Cominciamo a guardare la luna e non il dito", il monito finale di Toti, che di attacchi giudiziari ne sa qualcosa.
L'ex europarlamentare è stato coinvolto nella maxi-inchiesta ligure per presunte tangenti e altri altrettanto presunti "do ut des". Secondo l'accusa, in occasione e in concomitanza delle quattro competizioni elettorali che si sono susseguite in 18 mesi dal 2021 al 2022, Toti - pressato dalla necessità di reperire fondi per la campagna elettorale - avrebbe "messo a disposizione la propria funzione e i propri poteri per favore di interessi privati, in cambio di finanziamenti, reiterando il meccanismo con diversi imprenditori”. I magistrati di Genova contestano di aver accettato oltre 74 mila euro dagli imprenditori portuali Aldo e Roberto Spinelli in cambio di una serie di promesse.
Accuse respinte al mittente, sottolineando di aver agito sempre nell'interesse pubblico, ma per ottenere la libertà è stato necessario rassegnare le dimissioni da presidente di Regione.
Una specie di ricatto travestito da pericolo di reiterazione del reato, come evidenziato recentemente dallo stesso Toti: "Sia il giudice per le indagini preliminari sia il tribunale del riesame scrivono con precisione che la reiterazione del reato è direttamente collegata alla permanenza in carica del governatore della Liguria". Altro dettaglio da non dimenticare: il caso Toti è scoppiato a poche settimane dalle elezioni europee ed è stato cavalcato in ogni modo dalla sinistra...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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