Gerusalemme - "La posizione dell’Italia è a favore di un negoziato e di un accordo diretto fra Israele e i rappresentanti palestinesi". Nel corso dell’incontro a Gerusalemme con il presidente isareliano Shimon Peres, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sottolineato la consonanza italiana sul Medio Oriente: "Noi siamo entrambi presidenti senza poteri esecutivi, ma facciamo quello che possiamo per cercare di risolvere i problemi al meglio". Una serie crescente di incidenti hanno insanguinato Gerusalemme, la Cisgiordania e Gaza in occasione della giornata della Naqba in cui i palestinesi ricordano l’anniversario del costituzione dello stato di Israele, sessantatre anni fa.
L'incontro tra Napolitano e Peres L’incontro tra Napolitano e Peres è cominciato con uno scambio di riconoscimenti tra i due leader, che sono vicini di età (86 anni a giugno Napolitano, 87 compiuti Peres), si conoscono da lungo tempo e condividono la fama di "grandi vecchi" sulla scena politica internazionale. Peres ha in particolare definito Napolitano "uno statista fuori dal comune", nonché "un uomo profondo, onesto e di buona volontà", accreditandogli una "autorità morale che non può essere sconfitta". Mentre Napolitano ha riconosciuto al presidente israeliano l’impegno ultradecennale per la promozione della pace israelo-palestinese, dicendosi colpito di aver visto ancora oggi in Peres "una forte determinazione a raggiungere la pace e la convinzione che un accordo sia possibile". Da Israele Giorgio Napolitano sottolinea la sua responsabilità da Presidente della Repubblica di operare per il "consolidamento" della democrazia italiana. La democrazia non può considerarsi compiuta e vitale una volta per tutte neppure in Italia e richiede attente cure, verifiche critiche, riforme se necessario e comunque nuovi sviluppi", ha detto il Capo dello Stato. "Non mi sottraggo alla responsabilità che ancora mi spetta di esercitare operando e pensando per l'ulteriore marcia della democrazia in Italia", ha continuato Napolitano, aggiungendo che "La democrazia richiede attente cure, verifiche critiche, riforme se necessario e comunque nuovi sviluppi in rapporto al mutare dei tempi e delle esigenze. È mio dovere adoperarmi perché in questo senso si esprima in Italia uno sforzo condiviso". "Mi compete di certo la responsabilità di operare come Presidente della Repubblica per il consolidamento della democrazia rinata grazie alla lotta contro il fascismo e alla Resistenza", ha concluso il capo dello Stato.
Gli sforzi dell'autorità palestinese Napolitano ha espresso apprezzamento nei confronti del presidente dell’autorità palestinese, Abu Mazen: "Sono lieto che Peres condivida questo apprezzamento e io ho letto con piacere la recente intervista che ha rilasciato il presidente Abu Mazen, in cui, anche lui, chiede la ripresa dei negoziati diretti con Israele". Il presidente della Repubblica crede che "le Nazioni Unite dovrebbero svolgere un compito di assistenza e cooperazione, per lo svolgimento di questi negoziati diretti fino alla loro conclusione. Speriamo che nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, ci siano nuove dimostrazioni concrete della possibilità di avanzare in questa direzione. E' importante - ha concluso Napolitano - prevenire, evitare ogni evento che potrebbe creare più complicazioni che agevolazioni a questo processo".
La nascita dello Stato di Israele "L’Italia sostiene fermamente il diritti di Israele di esistere e di esistere in sicurezza", ha sottolineato Napolitano aggiungendo che quindi "non è accettabile considerare la fondazione dello Stato di Israele un disastro, al di là delle interpretazioni che nel mondo arabo si danno di quell’evento storico". Napolitano lo ha affermato rispondendo ad una domanda sulla giornata della Naqba, che in arabo significa appunto catastrofe o disastro, con la quale i palestinesi proprio oggi commemorano l’esodo di quasi 800mila connazionali coinciso con la nascita di Israele nel 1948. Il presidente Israeliano Shimon Peres, da parte sua, parlando durante una conferenza stampa congiunta con l’ospite italiano ha ricordato come oltre 60 anni fa l’Onu "decise la creazione di due stati, uno per gli ebrei e uno per gli arabi. Noi accettammo quella risoluzione, mentre gli arabi la rifiutarono: credo che la Naqba nacque allora e che noi non possiamo essere accusati di aver accettato una risoluzione dell’Onu e di aver poi difeso le nostre vite".
Scontri al confine tra Libano e Israele Dieci persone sono stati uccise oggi dai soldati israeliani nell’area di Maroun a-Rs, nei pressi della frontiera tra Libano e Israele, dove centinaia di rifugiati palestinesi si sono radunati, sul lato libanese del confine, per commemorare la Naqba, la "catastrofe", come gli arabi ricordano la fondazione dello Stato di Israele, avvenuta 63 anni fa. Lo ha riferito l’esercito libanese. I feriti sono 112. Secondo fonti dell’esercito israeliano citate dal sito web di Haaretz, i soldati israeliani hanno sparato in aria e alle gambe dei manifestanti per impedire loro di entrare in territorio israeliano, mentre sono stati i soldati libanesi che si trovavano sul posto ad aprire il fuoco indiscriminatamente. Le fonti israeliane hanno detto che almeno tre manifestanti sono stati uccisi dal fuoco libanese. Incidenti simili sono avvenuti anche nella regione del Golan, lungo il confine israelo-siriano, dove quattro persone sono rimaste uccise dall’esercito israeliano, secondo quanto riportato da Haaretz, mentre un giovane palestinese è stato ucciso nella Striscia di Gaza. La Siria ha condannato l’operato delle forze israeliane, mentre l’esercito dello Stato ebraico ha detto che gli incidenti di oggi sono una "provocazione iraniana".
Israele è determinato a difendere i suoi confini.
Così Benjamin Netanyahu dopo gli scontri tra esercito a palestinesi, il cui bilancio al momento è di 13 vittime: dieci al confine con il sud del Libano, due tra la frontiera siriana e le alture del Golan, uno a Gaza. "Speriamo che torni presto la calma, ma che nessuno commetta errori", ha avvertito il premier israeliano.
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