«Un libro si trasforma in parte della vita di una persona per un insieme di ragioni che hanno a che fare al tempo stesso con il libro e con la persona» scrive Mario Vargas Llosa nel suo L'orgia perpetua (Settecolori), un saggio che racconta la sua lunghissima storia d'amore con Flaubert e Madame Bovary. Fra biografia (e anche autobiografia) e critica letteraria, analisi del romanzo e della sua profonda influenza sulla letteratura successiva, il Nobel peruviano mette nero su bianco quel personale «insieme di ragioni» in virtù del quale, appunto, Madame Bovary è il libro che è diventato parte della sua vita. «Il primo motivo, forse - scrive - è la propensione che fin da bambino mi ha fatto preferire le opere costruite con un ordine rigoroso e simmetrico, con principio e fine, (...) che dessero l'illusione di sintetizzare la realtà, di riassumere la vita». E Madame Bovary è proprio un «libro-cerchio».
Poi, lo scrittore confessa di amare i romanzi «di azioni» e smentisce che «Madame Bovary sia un'opera in cui non succede niente tranne il linguaggio. Non è così: in Madame Bovary accadono tante cose quante in un romanzo d'avventura matrimoni, adulteri, balli, viaggi, passeggiate, truffe, malattie, spettacoli, un suicidio , solo che in generale si tratta di avventure misere. (...) Che i pensieri e i sentimenti nel romanzo paiano fatti, che si possano vedere e quasi toccare non mi ha solo strabiliato: mi ha rivelato una predilezione profonda». Miracoli dello stile. Infatti, leggendo il romanzo di Flaubert, il futuro Nobel comprende quale tipo di scrittore voglia diventare. E poi lì trova tutti gli ingredienti di una trama irresistibile: «ribellione, violenza, melodramma e sesso». Quanto a quest'ultimo, nota Vargas Llosa come sia «curioso che nella vastissima bibliografia flaubertiana nessun appassionato abbia ancora dato vita a un'interpretazione critica dal titolo Flaubert e il feticismo dello stivaletto». Segue ampio e gustoso capitolo sull'argomento...
Infine lei, Emma. «Come Don Chisciotte o Amleto, riassume nella sua tormentata personalità e nella sua mediocre vicenda un certo atteggiamento vitale permanente (...) da cui sono scaturiti tutte le imprese e i cataclismi dell'uomo: la capacità di generare illusioni e il folle desiderio di realizzarle». Un'utopia umana, troppo umana, che la rende, da antieroe qual è, la protagonista del «primo romanzo moderno», da cui tutti (ma proprio tutti) pescheranno a piene mani.
Ma ancora di più, per Vargas Llosa, c'è da pescare da Flaubert stesso, dalla «umanità del suo genio», nella convinzione che chi «sarà capace di sezionarsi da vivo come Flaubert, riuscirà anche, come il vociferante scapolo di provincia, a scrivere qualcosa che duri nel tempo».
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