L'acqua bene di tutti? Perfetto, se si tratta di uno slogan. Ma la realtà, come sempre, è più complessa di uno slogan. Vale anche per la questione del servizio idrico, che da qui a due settimane riporterà alle urne gli italiani per i referendum abrogativi. Nel mirino dei promotori il decreto Ronchi, che in pratica consente l'ingresso nel settore di quelle risorse private che - sole - possono garantire gli investimenti necessari a dare a tutti gli italiani un servizio degno di questo nome. Sul tema è circolato una enorme livello di demagogia. Ma il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo ha spiegato come stanno le cose in realtà: «Il diritto all'acqua è un'espressione usata da più parti in modo strumentale», ma «è possibile tradurla in fatti solo con una giusta politica di investimenti. Finora al Governo sono mancati gli strumenti adatti, i suoi erano poteri limitati. Il decreto Ronchi ha completato una riforma già iniziata nel passato. Oggi con lo strumento dell'Agenzia si è fatto un decisivo passo avanti. E' la risposta giusta, una delle cose migliori fatte da questo Governo. A questo punto il referendum diventa inutile».
Il referendum è stato chiesto o sostenuto da tutta la galassia dell'associazionismo politico e ambientalista della sinistra. Un'onda d'urto di demagogia difficile da contrastare per un partito come il Pd, che con difficoltà riesce a resistere alla competizione «da sinistra». Così i Democratici alla fine si sono schierati per il «sì». Una scelta un po' ipocrita, se si considera che nel regno del Pd, la Toscana, il modello di servizio è da tempo molto avanti nello schema di una gestione mista pubblico-privata. La riprova la dà, a contrario, la sinistra della sinistra: Rifondazione comunista intanto, per il quale sembra che qualcuno voglia «vanificare preventivamente l'esito dei referendum contro la privatizzazione dell'acqua del giugno prossimo». E Sinistra, Ecologia e Libertà regionale sentenzia: «Il modello toscano di gestione del servizio idrico integrato con aziende miste pubblico-privato ha bisogno di una completa e radicale verifica».
Sarà anche per questa spinta che, proprio in Toscana, tanti democratici (i più «ufficiali» e ortodossi) non hanno potuto far altro che schierarsi con il «sì» degli «abrogatori» - ed è il caso del governatore Enrico Rossi. Altri hanno preferito rifugiarsi a lungo in una sorta di silenzio, molto eloquente, come il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Ma c'è anche qualcuno che, anche dall'interno del centrosinistra, ha provato a tenere il punto, come l'ex presidente della commissione Ambiente del Consiglio regionale Erasmo D'Angelis (Pd ex Margherita), oggi presidente di Publiacqua, la spa che dà l'acqua a oltre un milione di cittadini di Firenze, Pistoia e Prato. «L'acqua - ha detto D'Angelis - non è certo nuvole e pioggia, è acquedotti, fogne, depuratori e il tema vero è con quali risorse si fanno queste infrastrutture visto che oggi abbiamo solo i fondi dalle bollette e dobbiamo colmare un ritardo di 20 anni rispetto agli altri paesi europei». D'Angelis ha invitato tutti «a fare tre giorni di stage e Publiacqua per capire cosa vuole dire gestire la risorsa idrica, perché oggi i fiorentini bevono l'acqua del rubinetto». «Se vuole - ha detto - invito anche Rossi».
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