“Perché in Italia tanti misteri?” Lo interruppi. Ma era come se la domanda fosse rivolta a me stesso. “Credo per una predisposizione del nostro carattere. Nascondiamo anche quando non serve. Ce lo insegna la storia. Medioevo, Rinascimento, Antica Roma. Chi ha conosciuto più complotti di noi?”.
In questo scambio di battute potrebbe racchiudersi tutta l’essenza dell’ultimo romanzo di Gianluca Barbera, Il segreto del Gran Maestro (Chiarelettere). Con questo libro, Barbera torna a raccontare al pubblico le avventure di Marco Sangiorgi, giornalista d’inchiesta già incontrato nel suo precedente libro: L’ultima notte di Raul Gardini. Un filone, quello intrapreso da Barbera, che con l’espediente della narrazione romanzesca s’inerpica su terreni scivolosissimi, raccontando quello che la cronaca giornalistica non può permettersi di raccontare. Non c’è alcuna pretesa di svelare agghiaccianti verità, questo è ovvio, ma in questo modo le suggestioni possono prendere il volo e incatenare il lettore a una trama avvincente e tortuosa, esattamente come tortuosa è la storia dei misteri d’Italia.
Il segreto del Gran Maestro è il romanzo della massoneria in Italia, dei poteri occulti, della Repubblica dei silenzi, delle omertà, delle stragi. Nella suggestiva e inquietante residenza di Villa Wanda, immersa tra le colline aretine, il giornalista Sangiorgi riesce a ottenere un’intervista da G. che nel romanzo viene sempre chiamato in questo modo. Non serve molta fantasia per cogliere i riferimenti storici. G. non è altri che Licio Gelli, il Gran Maestro – e gran burattinaio – delle trame più oscure della nostra storia recente.
Anche nella finzione romanzesca, gli elementi di aggancio alla realtà ci sono tutti: si parla di P2, si parla di morti misteriose come quelle dell’avvocato Giorgio Ambrosoli e del banchiere Michele Sindona, si parla del crack del Banco Ambrosiano, si parla del passato di Gelli e dell’oro di Belgrado e si arriva a lambire anche l’argomento tabù della strage di Bologna.
Per una coincidenza del destino, questo romanzo è uscito a ridosso della pubblicazione delle motivazioni della Corte d’Assise di Bologna del cosiddetto processo ai mandanti per la strage alla stazione di Bologna, che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini, recentemente arrestato per minacce all’ex moglie, che con la sua testimonianza lo collocherebbe a Bologna la mattina del 2 agosto 1980.
In queste motivazioni ampia eco viene data al ruolo rivestito da Licio Gelli nella pianificazione dell’attentato che ha spazzato via la vita di 85 persone, lasciandone mutilate moltissime altre: “Possiamo ritenere fondata l'idea [...] – si legge nelle motivazioni - che all'attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento Bologna, Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in D'Amato la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo".
Si fa cenno in questo passaggio a un documento [il c.d. “documento Bologna”, ndr] ritenuto decisivo per inchiodare Gelli alle sue responsabilità e al dominus dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato.
È la storia stessa che sembra la trama di un romanzo. Gianluca Barbera – con rigore e con la capacità del grande narratore – ne ha dosato sapientemente i personaggi, le situazioni e le suggestioni, e ne ha fatto un thriller che si legge in un crescendo di tensione e colpi di scena. È davvero un caso - più unico che raro - in cui finzione e realtà risultano indistinguibili. E sarà per la bravura dell'autore, ma forse non solo per quella, che la figura di Licio Gelli assurge - se mai ce ne fosse bisogno - a paradigma di un fascino sottilmente perverso.
Un fascino che solo i grandi villain delle serie televisive possono trasmettere. Un fascino reso ancora più inquietante dal fatto che qui non stiamo parlando di una serie televisiva. Davvero difficile staccarsi da Il segreto del Gran Maestro senza essere arrivati alla fine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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