Jovanotti chiede più decibel a Pisapia

Tutto esaurito al Meazza. Il cantante scherza col sindaco e si racconta: «Da piccolo giocavo a calcio, ero una pippa»

Jovanotti chiede più decibel a Pisapia

Sullo schermo dietro lui la foto più vecchia è quella sua con la faccia un po' scema e il cappellino di traverso di tanti anni fa. Davanti, in prima fila, di spalle per il resto della platea, due donne sedute. Una è giovane, l'altra è giovanissima. Immobili, vicine. Non sono fan ma lo sono di più. Sono madre e figlia, sono sua moglie e sua figlia, sono Francesca e Teresa, sono le donne di Jovanotti.

Sullo schermo di sala Buzzati, cuore della “Gazzetta dello sport” che ha organizzato l'incontro con il popolo di Lorenzo Cherubini, passa più volte quella foto un po' scema che era lui ma non è più lui e però è parte di lui perché tutto è partito da lì. Ne scorrono altri di scatti. Vorrebbero raccontare iconograficamente 25 anni di carriera e la maturazione di un artista. Non ci riescono. Troppo semplicemente complesso il personaggio, troppo vero e vario e articolato e in divenire costante. A descriverlo e riassumerlo ci riesce invece la semplice immagine di quelle due donne sedute. Ci riescono i suoi sguardi che le cercano. Ci riesce la calma stanca e densa di energia di un padre di famiglia che si apre davanti a un pubblico di cento anime prima di farlo con 90mila.

Ma non è vera stanchezza quella dipinta sul viso di Jovanotti, «è che dovete scusarmi, ma sono qua però non sono qua» dice. «Mi vedete, mi sentite parlare, però in fondo sono altrove, ormai concentrato perché penso a San Siro, a domani sera (ieri la prima serata, oggi la seconda, ndr). Lo sapete che la cosa peggiore per la voce prima di un concerto è parlare?». Invece eccome se parlerà. «Ma ti conosco?» s'interrompe guardando uno fra il pubblico, «e anche lui... ti ho quasi visto crescere... li vedo spesso ai concerti» spiega, «e tu? Tu sei arrivato dalla Sicilia...». Parla di San Siro Jovanotti, «del muro di folla, della pista d'atletica che non c'è e così sei più vicino a tutti», parla di consigli, «Bono e altri mi hanno detto che non c'è in Europa un altro stadio così».

Forse anche per questo, perché sia tutto perfetto, ieri ha postato sul web due righe per il sindaco Pisapia: «Ci dia 10 decibel in più, perché per 3 persone rischiamo di andare in galera? Noi ci andiamo volentieri ma è un gesto sociale. Solo a Milano succede. Non possiamo alzare la musica oltre i 100 decibel, solo la gente che urla sono 98. Sindaco, ci terrà ai giovani? alla gente viva? Ci dia 10 decibel in più, noi ce li prendiamo, 5 ce li prendiamo». Una richiesta, una preghiera, una ribellione. Perché a Milano tutto deve essere perfetto. È al centro del suo viaggio lungo 25 anni. «Le sono molto legato, è stata la mia grande occasione, lasciare Roma, la famiglia, vivere solo, l'inizio di tutto, mi ha dato la possibilità di tirare fuori l'energia che avevo dentro».

Parla anche di sport Jovanotti. Di bicicletta, l'altro amore, perché «spesso le mie canzoni nascono pedalando, è una forma di meditazione, mi mette in contatto con me stesso». Succede che «magari il ritornello mi frulli già in testa come per “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang”, ma poi il resto delle parole arrivi in bicicletta. Succede che allora mi fermo e le scrivo sul telefonino». E sul pallone e il tifo. «Non è vero che non amo il calcio. È che non sono un tifoso», è che sorride, pausa, la dico o non la dico e la dice: «è che sono totalmente scordinato». Ancora. Sorriso, pausa, la dico o non la dico e la dice: «È che da bambino giocavo in una squadra e tutte le domeniche non mi convocavano.

Allora domandai “mister, perché non mi fa mai scendere in campo?” “Perché sei una pippa” rispose. Chiusi col pallone. Ora non mi vogliono neppure con la nazionale cantanti». Ecco. Ieri sera e stasera quella pippa del calcio ha trasformato il tempio del calcio in casa sua. Tutto esaurito. Fate un po' voi...

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